Nel mondo, ancora alle prese con il controllo della circolazione delle varianti di SarS-CoV-2, permangono gravi minacce alla salute di milioni di persone, imputabili alle infezioni provocate dai 5 virus responsabili di epatiti primarie, che si stima colpiscano nel mondo oltre 325 milioni di persone, molte delle quali inconsapevoli di aver contratto l’infezione. Occorre pertanto mantenere alta l’attenzione, soprattutto su quei pazienti che contraggono e sviluppano l’infezione in modo del tutto inconsapevole, ponendo così a rischio la propria e altrui salute. È questo l’appello dell'Associazione microbiologi clinici italiani (Amcli Ets) in occasione della Giornata mondiale contro le epatiti, che si celebra il 28 luglio.
Oggi - riferiscono gli esperti in una nota - vi sono cinque virus ben conosciuti (virus dell’epatite A-B-C-D-E) che associandosi a infezioni del fegato causano considerevole morbidità e mortalità. I virus dell’epatite A ed E causano infezioni acute che in genere guariscono; in rari casi può verificarsi una forma di epatite fulminante, che può richiedere il trapianto e, in alcuni casi, risultare letale. Il virus A è trasmesso prevalentemente attraverso cibi contaminati, ed è prevenibile con un vaccino (efficacia al 100%) che non rientra nel gruppo dell’obbligo, ma è fortemente consigliato. Il virus dell’epatite E causa estese epidemie veicolate principalmente dal consumo di acqua non pulita nei paesi in via di sviluppo. Nei paesi occidentali invece, inclusa l’Italia, provoca piccole epidemie legate al consumo di carni suine poco o affatto cotte. Si possono verificare complicanze gravi in organi diversi dal fegato, e cronicizzazione nei soggetti immunodepressi (es. trapiantanti). Occorre sensibilizzare i nostri medici nei riguardi di questa infezione, che è ancora poco considerata.
I virus dell’epatite B e C negli ultimi anni hanno visto un enorme progresso nella capacità di prevenzione (vaccino per il virus B) e cura (antivirali per virus B e C, in quest’ultimo caso la terapia è eradicante). Entrambi possono determinare infezioni croniche. Il virus D causa infezioni solo in presenza del virus B, del quale complica considerevolmente il quadro clinico. Per tutti questi virus, l’infezione nella forma cronica tende nel corso degli anni a causare malattia ingravescente e irreversibile del fegato, talvolta associata a carcinoma.
“L’impegno di Amcli - sottolinea Pierangelo Clerici, presidente Amcli Ets e direttore dell'Unitò operativa di Microbiologia Asst Ovest Milanese - va nella direzione di incentivare la lotta alle epatiti virali promuovendo e sostenendo con le attività di laboratorio di Microbiologia Clinica il programma di screening per l’epatite C per identificare e curare i malati con epatite cronica e lo studio genetico dei virus per individuare precocemente l’insorgenza di farmaco-resistenze. Non ultimo facilitando il confronto e l’integrazione con i clinici allo scopo di favorire l'ampliamento della prevenzione nei confronti dell'epatite B mediante vaccinazione e l'approvazione della nuova terapia per l'epatite Delta”.
“Per il pesante carico sanitario e sociale per queste malattie epatiche - evidenzia Carlo Federico Perno, direttore Unità operativa di Microbiologia, Irccs ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma e componente Gruppo di Lavoro Amcli - è necessario mantenere un impegno costante di informazione aggiornata e sensibilizzazione sia nella popolazione generale sia negli operatori sanitari, affinché siano identificate e curate precocemente le forme croniche prima che si avvii il processo irreversibile di danneggiamento epatico con esiti anche fatali come la cirrosi e l’epatocarcinoma. Inoltre non va abbassata la guardia nei confronti delle cosiddette infezioni pregresse da Hbv, ricordando che il virus rimane stabilmente nel nostro organismo, pronto a riattivarsi e a causare danni epatici, a volte irreversibili, alle persone con immunocompromissione. Anche su questo pericolo è necessaria una corretta informazione insieme ad un’adeguata campagna di screening e follow up”.
“Negli ultimi mesi l’attenzione sulle epatiti è stata richiamata anche da forme molto gravi che si sono verificate nei bambini in diverse parti del mondo, compreso anche il nostro paese", ricorda Maria Rosaria Capobianchi, consulente per la ricerca, ospedale Sacro Cuore Don Calabria Irccs, Negrar di Valpolicella (Verona) e componente del Gruppo di lavoro Amcli. "La causa di questa forma pediatrica di epatite si ritiene possa essere virale, non di tipo primario, probabilmente associata all’infezione da parte di un altro virus, denominato adenovirus. Dobbiamo però essere ancora cauti nella valutazione di queste epatiti pediatriche perché al momento non vi sono prove certe e definitive sulla loro causa eziologica. “Nel complesso, è necessario tenere alta l’attenzione verso le epatiti virali, perché per la maggior parte di queste infezioni sono disponibili mezzi diagnostici, terapeutici e di prevenzione estremamente efficaci, in grado di cambiarne la storia naturale, e pertanto è un dovere civico oltre che deontologico e morale, mettere in campo tutte le risorse disponibili per prevenire e/o controllare la circolazione di questi virus”, conclude Capobianchi.