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Alzheimer, allo studio 'dieta intelligente'

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08 giugno 2017 | 10.05
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La Mima-digiuno non è una 'dieta per vecchi', si potrebbe dire giocando sul titolo di un noto film dei fratelli Coen (No country for old men), ma a breve potrebbe diventarlo. Lo scienziato italiano che l'ha creata, infatti, ora studia una versione 'senior', "non a calorie ridotte, ma normali. Una dieta intelligente", con cui si punta a ottenere un effetto 'scudo' anti Alzheimer, "e tagliata su misura per un paziente anziano che, per via della fragilità e del rischio di malnutrizione, non è adatto a un regime alimentare, seppur periodico, da 800 calorie".

Valter Longo, biochimico genovese di nascita e 'cittadino del mondo' per esigenze scientifiche - dirige l'Istituto di longevità della University of Southern California (Usc) di Los Angeles ed è a capo del programma di ricerca Longevità e cancro dell'Ifom di Milano - parla del nuovo progetto oggi in occasione del Talk show 'Dieta della longevità e stile di vita per la prevenzione e cura delle malattie neurodegenerative' organizzato a Milano (e in diretta anche su Facebook) dal gruppo Korian, realtà attiva nel settore dell'offerta di servizi di cura e assistenza per l'invecchiamento, con un network europeo di 715 strutture.

L'efficacia della dieta mima-digiuno riformulata per l'età senile in assenza di particolari restrizioni caloriche verrà approfondita a partire dal secondo semestre 2017 con un nuovo studio che sarà realizzato con l'ospedale Policlinico San Martino di Genova. A condurlo sarà l'équipe di Patrizio Odetti, responsabile della Clinica geriatrica, in collaborazione con Longo. Obiettivo: verificare il potenziale per il rallentamento del declino cognitivo in pazienti con Alzheimer. "Anni fa abbiamo pubblicato uno studio condotto su topi, che riguardava proprio l'Alzheimer - spiega Longo all'AdnKronos Salute - In quel lavoro abbiamo alternato, una settimana sì e una no, cicli di una dieta con alcuni amminoacidi assenti con cui abbiamo controllato dei fattori di crescita, incluso Igf-1. E i risultati hanno mostrato che questa strategia proteggeva dal declino cognitivo dovuto ai geni dell'Alzheimer".

Ci sono, aggiunge Longo, "anche altri studi, alcuni condotti sull'uomo. Adesso stiamo mettendo insieme le evidenze raccolte per costruire una versione di dieta ad hoc, normo calorica, e capire gli effetti in relazione all'Alzheimer, una malattia che non ha ancora una cura farmacologica efficace. Con la dieta puntiamo a rivoluzionare il metabolismo del cervello, che è peraltro l'organo più influenzato dalla Mima-digiuno, perché passa dall'utilizzare zuccheri al prendere il 50% dell'energia dai corpi chetonici. C'è poi lo stimolo esercitato sulle staminali neuronali, l'effetto sull'autofagia e altri elementi che potrebbero essere potenziati".

La dieta mima-digiuno viene proposta alternandola ciclicamente a una normale e, spiega Longo, nella sua versione originale "noi la sconsigliamo oltre i 70 anni". L'idea che ha portato al nuovo progetto per una dieta a misura di 'senior', "è che se venisse ritardato l'Alzheimer di 10 anni, o forse anche meno, l'impatto della malattia verrebbe dimezzato. Anche un successo limitato, cioè ritardare l'insorgenza di pochi anni, in questo caso sarebbe potente, visto che la malattia esplode già in età avanzata. Le persone morirebbero per altre cause senza sviluppare demenza".

Oggi, riflette lo scienziato, "il ruolo delle strategie alimentari per il morbo di Alzheimer e altre forme di demenza è ancora poco indagato". Anche per questo il gruppo di Longo si è messo a lavorare sullo sviluppo di diete mima-digiuno periodiche di normale apporto calorico che possano essere testate anche negli over 65, con cadenza trimestrale, per regolare vari fattori di crescita con lo scopo di tentare di migliorare le funzioni cognitive delle 'tempie grigie' e prevenirne il declino. Lo scienziato, che ha pubblicato a fine 2016 il libro 'La dieta della longevità' diventato in poco tempo un best seller, ha dedicato anni di studi ai segreti della tavola.

Con un lavoro condotto su uomini e donne dell'Ecuador è stata evidenziata una "relazione fra i livelli dell'ormone della crescita Igf-1, acceleratore dell'invecchiamento e correlato all'assunzione di proteine animali, e il declino cognitivo durante l'invecchiamento". Analisi condotte con l'imaging hanno messo a confronto la struttura del cervello, le funzionalità cognitive e la qualità delle connessioni neurali considerando due diversi gruppi: 13 persone affette da sindrome di Laron, con un deficit nel ricettore dell'ormone della crescita, e altre 12 persone imparentate col primo gruppo, ma senza la malattia (che si caratterizza per la bassa statura). L'indagine ha evidenziato che i soggetti con bassi livelli di fattore della crescita beneficiavano di una migliore protezione del sistema neurologico, con performance cognitive paragonabili a quelle dei soggetti più giovani, e di una più efficace attivazione delle funzioni di gestione per obiettivi, localizzate nelle regioni frontali, parietali e nell'ippocampo.

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