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Aids: anche Bergamo fra le città 'nemiche' dell'Hiv

(Afp) - AFP
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18 marzo 2019 | 14.12
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Da oggi c’è anche Bergamo tra le 'Fast-Track Cities', il protocollo firmato da 350 città con l’obiettivo di contrastare l’Aids e ridurre le discriminazioni nei confronti di chi ha contratto il virus. Ancora oggi, infatti, la scarsa conoscenza dell’infezione da Hiv e della sindrome da immunodeficienza acquisita (Aids) costituisce un grande limite al controllo dell’epidemia. Con la sottoscrizione della dichiarazione di Parigi, che nel 2014 diede il via all’iniziativa, Bergamo è la seconda città italiana dopo Milano a entrare nel network 'Fast-Track Cities'.

Con 300 persone infette ogni 100.000 abitanti, Bergamo presenta una situazione epidemiologica in linea con le altre grandi realtà metropolitane italiane. È soprattutto nelle città, infatti, che si concentra la maggior parte delle persone affette da HIV, e dunque un intervento selettivo nelle aeree urbane è in grado di influenzare l’andamento dell’epidemia a livello nazionale.

Il principale scopo dell’iniziativa è incentivare la creazione di nuovi programmi nelle città per la conoscenza e la prevenzione della malattia, ma anche ridurre il pregiudizio che ancora esiste nei confronti delle persone sieropositive. In particolare, si vuole favorire il raggiungimento dell’obiettivo fissato da Unaids, e cioè che la malattia cessi di essere una criticità sanitaria ed epidemiologica entro il 2030. L’obiettivo di medio termine è il cosiddetto "2020 90-90-90", ovvero che entro il 2020 si ottengano tre risultati: che il 90% delle persone sieropositive abbia una diagnosi; che al 90% dei diagnosticati sia somministrata la terapia antiretrovirale e che il 90% delle persone in terapia raggiunga la soppressione della replicazione del virus.

Una terapia antiretrovirale efficace che porta a livelli di virus nel sangue non misurabili (soppressione virale), per almeno sei mesi consecutivi, vuol dire che il virus non è trasmissibile dalla persona sieropositiva ad un partner sessuale sieronegativo.

"E' giunto il momento di alzare l’asticella della lotta all’Aids, coalizzare l’amministrazione cittadina, le molteplici eccellenze associative operanti in città, le forze sociali e le istituzioni sanitarie - ha commentato il sindaco di Bergamo Giorgio Gori durante la presentazione dell'accordo con Fast-Track Cities, nel palazzo del Comune - per favorire una corretta informazione, il superamento dei pregiudizi, e giungere a una azione sinergica che è alla base di una lotta serrata all’Hiv, alle co-infezioni e allo stigma a loro collegato".

Un recente sondaggio ("Is Hiv sorted?") ha rilevato che quasi la metà (43%) degli intervistati residenti in Italia ignora che l’Hiv sia un virus e solo il 37% è in grado di definire in modo corretto la sindrome da immunodeficienza acquisita, mentre circa un quarto dei cittadini (27%) ritiene che Hiv e Aids siano sinonimi. Il fenomeno diviene ancora più preoccupante se si considera che l’87% degli adulti non si ritiene a rischio di contagio e che il 60% non ha mai eseguito un test per l'Hiv. La mancata percezione del rischio e delle misure di prevenzione si associa ad un approccio sociale negativo nei confronti delle persone con Hiv. Basti pensare che il 58% degli intervistati dice che sarebbe a disagio nel lavorare a fianco di un sieropositivo e che è possibile contrarre la malattia con un bacio, a causa di uno starnuto o condividendo del cibo. Questo approccio sociale fa da deterrente al ricorso al test e può frenare le persone sieropositive dall’accesso precoce alle cure fondamentali, che oltre a ridurre la mortalità legata all’Aids, è uno degli strumenti fondamentali per prevenire la trasmissione dell'Hiv.

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