L'energia del futuro in una molecola. L’idrogeno, l’elemento più abbondante dell’universo, può essere la soluzione da affiancare all’elettricità rinnovabile perché consente di trasformare l’energia solare ed eolica in un combustibile efficiente, facile da trasportare, stoccare, distribuire e utilizzare, con il grande vantaggio di essere illimitato e pulito. Ma serve una “Rivoluzione idrogeno", come recita il titolo del libro di Marco Alverà (“Rivoluzione idrogeno. La piccola molecola che può salvare il mondo”, Mondadori Electa) con il suo piano in 10 mosse per far decollare l’economia dell’idrogeno.
Con un piano ambizioso, sostiene Alverà, è possibile intravedere uno scenario nel quale al prezzo di 2 dollari per chilo si raggiunga un “punto di svolta” per l’idrogeno, che in soli cinque anni potrebbe essere competitivo con il petrolio e senza sussidi. Le sfide per l’affermazione definitiva dell’idrogeno verde (quello prodotto utilizzando elettricità da fonti rinnovabili) prevedono il miglioramento della sua reputazione e percezione di sicurezza; rendere capillari le infrastrutture di fornitura; ridurre i costi.
Serve un piano, deciso e ambizioso, e questo è quello suggerito da Alverà. Primo, darsi un obiettivo: far scendere il costo dell’idrogeno verde fino a raggiungere la parità con i combustibili fossili in molte applicazioni in cinque anni; questo vuol dire raggiungere un costo tra i 2-3 dollari al chilo. Secondo, serve una 'coalizione di volenterosi': i Paesi più avanzati nel settore come quelli europei, l’Australia, la Cina, il Giappone, la Corea del Sud e Stati americani come la California e New York, ma anche agenzie e istituzioni, potrebbero dar vita a un’alleanza per stimolare il mercato.
Idrogeno e metano insieme: miscelare l’idrogeno con il gas naturale nelle reti esistenti, e fornire una percentuale di idrogeno agli attuali consumatori di gas naturale, è un modo per farne crescere la produzione senza bisogno di aspettare che si sviluppino i consumi specifici. Gli esperimenti di Snam, che ha miscelato prima il 5 e poi il 10% di idrogeno nella propria rete, dimostrano la fattibilità di questa soluzione.
Idrogeno verde in mercati strategici: una strada, complementare o alternativa a quella della miscelazione, è di prevedere quote di penetrazione dell’idrogeno verde in alcuni mercati come quello del trasporto pesante. Camion, autobus e treni sono settori nei quali è possibile far crescere l’uso di idrogeno verde senza particolari costi aggiuntivi. Sarebbe necessaria una nuova infrastruttura e nuovi mezzi dotati di motori elettrici con celle a combustibile che generino l’elettricità a partire dall’idrogeno, ma con un guadagno netto in termini di efficienza.
Il grande gigante green: le più grandi aziende del mondo – quali Microsoft, Apple, Google, Unilever, Ikea e molte altre – hanno ambizioni verdi sulle quali far leva per sviluppare l’idrogeno. Queste aziende sono già oggi sul mercato alla ricerca di soluzioni per abbattere completamente le loro emissioni.
Distretti a idrogeno: lo sviluppo del mercato dell’idrogeno avrà bisogno di infrastrutture. Il modo più efficiente per svilupparle è aggregare questi consumi a livello geografico, in 'hydrogen valley'. Aggregando tutta la domanda potenziale nella stessa geografia, si può ottimizzare l’infrastruttura di trasporto, distribuzione e stoccaggio necessaria (Snam sta promuovendo la creazione di hydrogen valleys nel Sud Italia e anche Venezia potrebbe essere un’ottima candidata).
Naturalmente è fondamentale investire in ricerca e sviluppo (punto 7) stanziando fondi adeguati e coordinando gli investimenti in ricerca a livello europeo. La mega-fabbrica di elettrolizzatori: costituire in Europa una mega-fabbrica di elettrolizzatori, che sia in un’unica location oppure modulare nel territorio, per scalarne la produzione e ridurre i costi creando nuovi posti di lavoro.
'Blu' e 'verde': i costi per realizzare le due alternative saranno diversi nelle diverse aree del mondo. Nelle regioni più ventose e assolate, l’idrogeno verde avrà un grande vantaggio in virtù dei costi contenuti. Altre regioni, con un’ampia ed economica disponibilità di gas e spazio per catturare l’anidride carbonica, potrebbero invece optare per l’idrogeno blu.
Infine, un obiettivo comune: a livello di singole nazioni serve un piano per l’idrogeno, che ne promuova lo sviluppo in sinergia con la rete elettrica. E a livello internazionale servono regole che facilitino lo scambio, garanzie d’origine e standard comuni.
Verde, grigio o blu? L’idrogeno è l’elemento più abbondante nel sole, in moltissime altre stelle e anche nel nostro corpo; può servire da combustibile, vettore di energia e materia prima chimica e, soprattutto, il suo utilizzo non comporta emissioni di CO2. Può essere generato usando un numero potenzialmente illimitato di fonti e processi: uno di questi consiste nello scomporre l’acqua grazie all’elettrolisi, utilizzando elettricità. Quando la fonte di elettricità è rinnovabile si ottiene il cosiddetto 'idrogeno verde', ma oggi è prodotto quasi esclusivamente da fonti fossili ('idrogeno grigio' che diventa 'blu' quando il processo viene completato con l’operazione di cattura e sequestro dell’anidride carbonica).
Chi è Marco Alverà. Nato a New York, classe 1975, è un manager che ha maturato un’esperienza ventennale nelle più importanti aziende energetiche italiane. Ha lavorato in Enel, Eni e, dal 2016, è amministratore delegato di Snam, tra le prime aziende a livello globale a sperimentare l’immissione di una miscela di idrogeno e gas naturale nella propria rete di trasporto.
Attualmente amministratore non esecutivo di S&P Global, membro del Consiglio generale e del Comitato direttivo della Fondazione Giorgio Cini di Venezia, presidente di Gas Naturally (partnership tra associazioni che rappresentano l’intera filiera del gas naturale e rinnovabile in Europa) e Visiting Fellow dell’Università di Oxford. È vice president di Fondazione Snam, che mette a disposizione le capacità realizzative di Snam per promuovere lo sviluppo sociale dei territori italiani.
Con suo fratello Giorgio e i suoi cugini ha fondato a Milano la Fondazione Kenta, ente non profit che promuove l’arte, la scienza e la lotta alla povertà educativa. Si è laureato in Economia e Filosofia alla London School of Economics e, sempre a Londra, ha iniziato la sua carriera in Goldman Sachs.