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Il punto di vista di Marco Follini

Quirinale 2022, Follini: "Sollievo e ansia, debacle partiti"

Il punto di vista di Marco Follini

Quirinale 2022, Follini:
30 gennaio 2022 | 10.07
LETTURA: 3 minuti

"La faticosa, faticosissima soluzione della crisi quirinalizia induce, insieme, al sollievo e all’ansia. Il sollievo è per esserne venuti a capo, sia pure a conclusione di un cammino tortuoso, distruttivo e non sempre facile da capire. L’ansia è legata alla consapevolezza che la crisi di sistema che la politica attraversa da un bel po’ d’anni a questa parte ha fatto un altro giro di vite. E a furia di avvitarsi sembra annunciare prospettive ancora più fosche.

La rielezione di Mattarella (del tutto involontaria, almeno da parte dell’interessato) è un balsamo sulle ferite della politica. Ma le ferite restano. Il governo Draghi è più debole, sfibrato dai contrasti e dagli equivoci che si sono prodotti all’interno del suo perimetro. E i partiti, tutti i partiti, hanno dato prova di una estrema difficoltà a governare se stessi. Né abbastanza forti da imporsi una disciplina, né abbastanza ragionevoli da cercare un’intesa più larga, né abbastanza lungimiranti da capire l’esito e le conseguenze delle loro stesse mosse. Una debacle in piena regola.

Si dirà che questa crisi viene da lontano, ed era quasi prevedibile. Di più, che forse era giustificata dalla difficoltà di far convivere sotto il tetto della stessa maggioranza forze politiche agli antipodi l’una dall’altra. Il punto però è che ciascuna di esse confidava nell’appuntamento del voto per il capo dello Stato per trovare finalmente un’occasione di riscatto. Così, per mesi e mesi sono andati avanti un po’ tutti a dire che il Quirinale era l’ombelico politico del mondo, che era la madre di tutte le battaglie, che ognuno dei protagonisti aveva mille carte da giocare, che lì, su quel campo di gioco, si sarebbero decise in modo pressoché definitivo le sorti del paese. E via dicendo, da un proclama all’altro, procedendo tra certezze granitiche che finivano poi, inesorabilmente, per elidersi a vicenda.

La prima metà di questa disputa si è svolta intorno al governo e al suo premier. Producendo la surreale spaccatura tra quanti volevano promuovere Draghi al Colle per puntellare il suo corso politico. E quanti, non volendolo, fingevano d’un tratto di non poter fare a meno del suo talento di governo. Una spaccatura che ha finito per rendere incomprensibili l’una e l’altra cosa e per rendere più deboli sia presidente del consiglio che i suoi, chiamiamoli così, azionisti di coalizione.

La seconda metà della disputa è diventata a quel punto la linea divisoria tra quanti rivendicavano il primato della politica (e dunque, in questo caso, del Parlamento), e quanti apparivano quasi rassegnati a cedere il bastone di comando, almeno per qualche tempo, a figure commissariali che consentissero ai professionisti del ramo di riprendere fiato, chiarirsi le idee e studiare nuovi schemi di gioco.

Ora, si può osservare che nessuna di queste dispute è andata a buon fine. Poiché il governo è ancora quello di prima, solo più debole. E il derby tra la politica e il resto del mondo s’è concluso con un improduttivo zero a zero. Il che apparentemente lascia le cose al punto di prima. Ma nel frattempo logora e consuma un po’ tutti.

Il fatto è che in questi giorni la crisi della democrazia rappresentativa si è fatta ancora più acuta. E la sfiducia delle persone ancora più profonda. Già prima, una larga maggioranza di italiani tifava per il presidenzialismo. E ora, all’indomani di tanti scrutini andati a vuoto, di tante schede buttate al vento, di tanti proclami lasciati mestamente in sospeso, si deve supporre che quel tifo sia ancor più aumentato di intensità e forse di volume.

Personalmente, diffido di questa deriva. Sono abbastanza antico da credere ancora nella virtù moderatrice della rappresentanza. Per me, la democrazia è essenzialmente una mediazione, e tanto più in un paese dove troppe volte la passione di parte ha passato il segno. Ma lo spot per il presidenzialismo questa volta lo hanno fatto proprio i leader più rappresentativi. Chiedendo infine a Mattarella di porre rimedio ai loro errori. Speriamo che basti".

(di Marco Follini)

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