Il Cavaliere e il nodo 'numeri', dubbi degli alleati: "Contiamo i voti"
Ho la mia storia, ho anche un'età, ho ancora tante cose da fare... Volevo sapere voi che ne pensate... A 'Villa Grande' va in scena il vertice di centrodestra, il primo del nuovo anno, convocato da Silvio Berlusconi per mettere alla prova la tenuta e la lealtà degli alleati sulla sua candidatura al Colle. Davanti a un menu stavolta a base di pesce (concluso con quello che è diventato il dessert della casa, le pere al vin brulè), il Cav, apprende l'Adnkronos, avrebbe preso la parola per primo e premesso che nessuno gli ha imposto certo di fare il capo dello Stato e che l'unità della coalizione resta per lui la priorità.
A quel punto Matteo Salvini, Giorgia Meloni, Lorenzo Cesa, Maurizio Lupi e Luigi Brugnaro avrebbero dato la loro disponibilità a sostenere la corsa dell'ex premier (''Berlusconi è la figura adatta a ricoprire in questo frangente l'alta carica'', sottolineano nel comunicato finale) dopo aver verificato i 'numeri' in Parlamento magari 'allargando il campo' il più possibile. Da qui la richiesta, rivolta al presidente di Forza Italia, di sciogliere la riserva in senso positivo ''fin qui mantenuta'' con l'impegno di lavorare da subito per trovare la più ampia convergenza al di fuori del perimetro della coalizione, rinviando tutto a un nuovo summit, la prossima settimana, probabilmente venerdì.
C'è la forte consapevolezza, infatti, che l'operazione 'Silvio for president' non sia affatto semplice, con il rischio del 'fuoco amico' sempre in agguato. Preoccupati dalla 'roulette' quirinalizia, i leader, insomma, si sarebbero presi altri sette giorni di tempo per valutare attentamente i pro e i contro e capire quante chances concrete abbia l'ex premier. Salvini, riferiscono, avrebbe chiesto rassicurazione proprio sui voti, munito di schede con il dettaglio storico sull'elezione degli ultimi capi dello Stato, da Oscar Luigi Scalfaro a Sergio Mattarella. Berlusconi, quindi, continuerà nei prossimi giorni lo scouting, magari con l'aiuto del 'telefonista' Vittorio Sgarbi e proverà a raccogliere consensi trasversali per convincere i più scettici.
Durante il vertice a 'Villa Grande' Giorgia Meloni, apprende l'Adnkronos, avrebbe dato la disponibilità di Fdi a sostenere il Cav nella corsa quirinalizia ma spetterà a lui l'ultima parola e sciogliere la riserva dopo aver controllato se ha i voti sufficienti per essere eletto alla presidenza della Repubblica.
In particolare, Meloni avrebbe sottolineato il dato politico dell'unità della coalizione nell'affrontare la partita del Colle ricordando che per la prima volta, mentre prima a dare le carte era la sinistra, ora tocca al centrodestra esprimere un candidato e lo abbiamo fatto indicando Berlusconi. Si tratta, adesso, avrebbe fatto presente insieme a Ignazio La Russa, di capire quanti saranno i grandi elettori pronti a sostenere il Cav.
In questi giorni girano vari 'report' arrivati sul tavolo di Arcore. Tra questi, uno in particolare, secondo il quale, allo stato, Berlusconi potrebbe contare su 493 voti a suo favore, di cui 13 in forse. Di fatto, tolti i 450 grandi elettori del centrodestra, 43 sarebbero quelli 'extra'. E visto che la quota di sicurezza è almeno 505, gli azzurri si sarebbero resi conto che si tratta di una mission quasi impossible, ma Berlusconi ci crede fino in fondo e fino all'ultimo tenterà di spuntarla, perché - come va ripetendo - mai come questa volta il centrodestra ha il pallino e non va persa l'occasione.
In particolare, riferiscono, c'è chi avrebbe fatto notare a Berlusconi che senza un accordo blindato con Giovanni Toti e Matteo Renzi non riuscirà a spuntarla. Pallottoliere alla mano, infatti, il governatore ligure e l'ex rottamatore gestiscono un 'pacchetto di voti determinante, perché possono contare sui 31 parlamentari di 'Coraggio Italia' e i 45 di Iv, ovvero 76 in tutto tra deputati e senatori, più i delegati regionali (uno solo, lo stesso Toti). Settantasette pedine indispensabili sullo scacchiare quirinalizio. Un altro ostacolo alla corsa del Cav ventilato sul tavolo di Arcore, raccontano, è l'asse Letta-Conte-Di Maio, che potrebbero chiedere ai propri parlamentari di uscire dall'Aula fino a quando resterà in campo il nome del presidente di Forza Italia.