Flat tax, le pensioni con quota 41 e lo scostamento di bilancio sono sfide difficili da raccogliere
“Se la Lega vuole il Mef e mi manda lì, io ci vado...”. Le parole di Giancarlo Giorgetti, uno dei candidati principali per la poltrona di ministro dell'Economia del governo Meloni, sono significative. Non sono parole di circostanza e chiamano in causa anche il mandato che avrebbe a via XX Settembre, lui che è stato sottosegretario alla presidenza del Consiglio con il governo giallo-verde guidato da Giuseppe Conte e ministro dello Sviluppo economico con il governo di Mario Draghi.
Se andrà al ministero dell'Economia, come sembra probabile, Giorgetti ci andrà, citando le sue stesse parole, se lo vuole la Lega e se la Lega lo manda lì. Questo presuppone l'impegno a portare avanti il programma economico della Lega. Quello sintetizzato per punti nell'ultimo Consiglio federale riporta in primo piano tre misure chiave: "Avanti tutta sull'estensione della flat tax fino a 100mila euro di fatturato, superamento della legge Fornero grazie a quota 41 per dare opportunità ai giovani". E, priorità assoluta, il caro energia. "La Lega invoca da tempo un intervento importante, in attesa di un'azione, se mai ci sarà, a livello europeo". Intervento importante che presuppone uno scostamento di bilancio, come più volte invocato da Matteo Salvini.
Sono sfide difficili da affrontare per un ministro che sarebbe, allo stesso tempo, un ministro della Lega, anzi l'alter ego di Salvini, un ministro competente e autorevole a livello internazionale, un ministro sostanzialmente proposto dal premier Giorgia Meloni.
Le difficoltà saranno tante e verranno dal difficilissimo contesto esterno, con la recessione sempre più probabile e la crisi dell'energia che ancora non ha fatto vedere le sue conseguenze peggiori, e anche dall'interno della maggioranza, con le tre forze politiche che la compongono, FdI, Lega e Forza Italia, che già nel primo appuntamento significativo della legislatura, l'elezione dei presidenti di Camera e Senato, hanno dimostrato la tendenza a voler rimarcare più le differenze che la volontà di trovare soluzioni condivise.
In questo scenario un ministro dell'Economia politico, espressione della Lega ma ben visto dal premier e dalla comunità internazionale, dovrebbe lavorare per trovare un compromesso difficile ma possibile. A patto che sia capace di fare i conti con il programma economico della Lega. (di Fabio Insenga)