Tra i dem monta la rabbia verso Conte, per il segretario il primo obiettivo intanto è salvare l'esecutivo
La resa dei conti con i 5 Stelle se ci sarà, non sarà ora e tutto dipende da quello che accadrà in Parlamento mercoledì, dopo l'annuncio delle dimissioni - poi respinte dal presidente Sergio Mattarella - del premier Mario Draghi.
"Ora ci sono cinque giorni per lavorare affinché il Parlamento confermi la fiducia al Governo Draghi e l’Italia esca il più rapidamente possibile dal drammatico avvitamento nel quale sta entrando in queste ore", twitta Enrico Letta che ha fatto un punto con il gruppo dirigente dem e le capigruppo Simona Malpezzi e Debora Serracchiani dopo il Cdm.
La parlamentarizzazione della crisi, una verifica in aula, era stata la soluzione indicata dal segretario Pd già da ieri sera. "Responsabilità e chiarezza", le parole d'ordine delle due capogruppo sullo show down in Parlamento di mercoledì. La priorità dei dem è lavorare per costruire le condizioni perché l'esperienza del governo Draghi prosegua "con lo stesso formato e perimetro". Altrimenti resta solo un'altra opzione: quella del voto.
Puntualizza Dario Franceschini al termine del Cdm: "Mercoledì sarà la giornata decisiva, non oggi. In Parlamento, alla luce del sole, tutte le forze politiche dovranno dire agli italiani cosa intendono fare". Andrea Orlando fa un tentativo direttamente durante la riunione a Palazzo Chigi chiedendo al premier Mario Draghi se fosse possibile un ripensamento. "La nostra richiesta è di valutare, previa la debita chiarezza con le forze politiche, se ci sono le condizioni per un ripensamento".
Per il Pd, fanno sapere dal Nazareno, "ora c'è solo il lavoro perché mercoledì alle Camere si ricrei la maggioranza e il Governo Draghi possa ripartire. Il Paese piomba in una crisi gravissima che non può permettersi". Certo quanto accaduto, lo strappo di Conte e quindi il rapporto con i 5 Stelle restano come un macigno sullo sfondo.
In aula al Senato oggi la capogruppo Malpezzi ha parlato di "scelta sbagliata" dei 5 Stelle di fronte alla quale il Pd non resta "indifferente". Ma c'è chi fa un passo oltre. Come il senatore Andrea Marcucci che mette nero su bianco: "La decisione irresponsabile di M5S chiude definitivamente ogni ragionamento su una possibile alleanza". Mentre Matteo Renzi 'consiglia' al Pd "di uscire dal tunnel della subalternità al fortissimo punto di riferimento dei progressisti", alias Conte. "Tornate al riformismo che non potrà mai essere populismo".
Ma dal Nazareno si congela ogni valutazione. Prima viene la 'salvezza' del governo Draghi. Lo dice lo stesso segretario Letta a chi gli chiede se lo strappo di oggi possa compromettere le future alleanze:. "Una cosa per volta, adesso discutiamo del governo che deve continuare".