Il Guardasigilli: "Si tratta di decisioni assunte dai giudici nella loro piena autonomia che in alcun modo possono essere attribuite all'esecutivo". Ma il leader della Lega: "Sono fuori grazie a una circolare del ministero della Giustizia"
"Credo ci sia un limite a tutto. Sia chiaro: tutte le leggi approvate da questa maggioranza e riconducibili a questo governo sanciscono esplicitamente l'esclusione dei condannati per mafia (ma anche di qualsiasi reato grave) da tutti i cosiddetti benefici penitenziari". Lo scrive in un post su Facebook il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede prendendo le distanze dalla concessione dei domiciliari, per rischio contagio da coronavirus, ad alcuni condannati per mafia.
"Si tratta infatti di decisioni assunte dai giudici nella loro piena autonomia che in alcun modo possono essere attribuite all'esecutivo ", spiega Bonafede che accusa di "inaccettabile sciacallaggio" chiunque affermi il contrario. "L’unica cosa che può fare il governo - sottolinea il ministro - e che, ovviamente, sta già facendo, è attivare, nel rispetto dell’autonomia della magistratura, tutte le verifiche e gli accertamenti del caso".
Ma Matteo Salvini insiste nel puntare il dito contro il governo affermando che i mafiosi "in base a una circolare del ministero della Giustizia, datata 21 marzo ora sono fuori, circolare dove si dice che 'se di età superiore ai 70 anni e con qualche patologia sono liberi di uscire'". Ma ora "è cominciato il balletto dello scaricabarile, classico di questo governo - attacca - il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, dipendente dal ministero della Giustizia dice, sostanzialmente, se escono è scelta della magistratura, la magistratura dice, noi dobbiamo stare a quello che il ministero ci chiede".
Contro la decisione dei magistrati di sorveglianza che hanno concesso la detenzione domiciliare ai boss si schierano anche parlamentari del Movimento 5 Stelle. "Non possiamo tacere di essere profondamente scossi innanzi alle notizie di stampa che riferiscono dell’applicazione della detenzione domiciliare ad uno storico boss della mafia sino ad oggi sottoposto al regime del 41bis", affermano Roberta Alaimo, Valentina D'Orso e Adriano Varrica. "Fermo restando che occorrerebbe prendere piena conoscenza delle motivazioni offerte dalla magistratura a supporto della decisione - aggiungono - facciamo fatica a comprendere a quali concreti rischi di contagio possano essere esposti proprio i detenuti sottoposti al cosiddetto carcere duro, tanto più in un momento in cui i rari colloqui consentiti con i familiari risultano sospesi".
A sottolinearlo è anche il sindaco di Palermo Leoluca Orlando: "Nel momento in cui da mesi si sostiene che l'isolamento e la quarantena sono le forme migliori di prevenzione e tutela della salute, credo che proprio il regime di 41-bis sia paradossalmente la migliore forma di tutela della salute per i detenuti, per gli operatori carcerari e per i familiari dei detenuti".
Mentre Claudio Fava, presidente della Commissione Antimafia Ars e figlio del giornalista Pippo Fava ucciso su ordine del boss Nitto Santapaola, si rivolge direttamente ai magistrati: "Se volete scarcerare Bagarella e Santapaola - afferma - fatelo assumendovi la responsabilità di trovare una valida e legittima giustificazione. Che non può essere, a quattro mesi dall'inizio della pandemia, il rischio del contagio, mentre migliaia di detenuti in attesa di giudizio o con pene lievi restano esposti, loro si, al rischio contagio nelle fatiscenti carceri italiane".