Un grande dramma quotidiano che colpisce 350mila famiglie, tante quelle contaminate da Pfas in Veneto. Contaminati la loro acqua, la terra e i suoi frutti, gli animali da allevamento, il cibo quindi. Contaminato il sangue: in molti mostrano valori superiori agli 80 nanogrammi di Pfas per millilitro di siero. Trenta mamme no-Pfas hanno deciso di rivolgersi a tutti i ministri Ue dell'Ambiente in occasione dell'incontro sulla direttiva sulla qualità dell'acqua destinata a consumo umano.
E lo hanno fatto attraverso il video "Pfas in the water", realizzato in nome non solo di tre province venete (Vicenza, Verona e Padova) che costituiscono la zona rossa di questa contaminazione, ma dell'Italia intera (che dalle colture di questa ricca regione agricola del nord est riceve alimenti) per cui chiedono limiti pari a zero per le sostanze perfluoroalchiliche, comunemente dette Pfas.
Dopo due anni di annunci, l'Italia non ha ancora fissato i suoi limiti nazionali, un buco normativo che mette in difficoltà la Procura della Repubblica che così non ha gli strumenti per colpire i responsabili di questo disastro ambientale che è anche un'emergenza sanitaria.
Un limite diverso da zero non avrebbe senso, denunciano le mamme no Pfas, perché i Pfas sono bioaccumulabili. "Noi mamme siamo state contaminate a nostra insaputa e trasmettiamo ai nostri bambini questi veleni già mentre crescono nel nostro grembo e attraverso l'allattamento al seno", denunciano le mamme no Pfas.
Per questo chiedono una legge che stabilisca limiti pari a zero nell'acqua potabile per i Pfas e gli altri interferenti endocrini; che metta al bando in Italia la produzione e l'utilizzo di queste sostanze, anche se di nuova generazione; che vari al più presto limiti restrittivi per la presenza di queste sostanze nelle acque superficiali e di falda e che garantisca che la bonifica del sito di Miteni avvenga in tempi brevi e certi. Al ministro dell'Ambiente Sergio Costa le mamme no Pfas chiedono un intervento coraggioso anche presso il Consiglio dell'Ue e che fornisca una documentazione adeguata.
Per il ministro Costa sulla questione Pfas "a livello comunitario non c'è grande sensibilità" per questo "stiamo facendo pressione cercando di costituire una minoranza di blocco, che però va negoziata, perché l'Italia da sola non è in grado di dire no" rispetto alla riforma della direttiva acqua "che ci vede contrari rispetto alla linea Ue". Insomma "stiamo cercando altri Paesi che la pensano come noi: è un tecnicismo ma è la regola del gioco, perché in Ue i Paesi non pesano tutti allo stesso modo. E convincere altri Paesi non è facilissimo", aggiunge Costa.
A livello nazionale invece "abbiamo le linee guida che ora vanno al confronto con le Regioni per iniziare a fissare quei paletti che oggi non ci sono. Intanto, la Finanziaria 2017 ha stanziato dei fondi, e di questo ringrazio la precedente legislatura, a cui noi abbiamo dato concretezza con il decreto applicativo: 46,5 milioni di euro per approvvigionare quei territori con acque pulite. Adesso, acceleriamo sull'aspetto normativo con le Regioni, che sul tema hanno grande sensibilità". Sul fronte del fallimento dell'azienda Miteni, Costa aggiunge: "la Miteni è fallita ma ha depositato un piano industriale. Attraverso l'Ispra noi ci costituiamo nella curatela fallimentare del piano industriale sia per il piano di bonifica sia per il danno ambientale".
Risposte che non convincono le mamme no-Pfas per le quali si tratta di "risposte in politichese, non diverse da quelle date in precedenza. Vogliamo date certe, o rimarremo sempre appesi a questa situazione drammatica".