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Quirinale, il giuslavorista Del Conte: "Il Presidente della Repubblica deve essere un mediatore politico"

"Il potere di firma non è più notarile ma è diventato una vigilanza di merito", dice Del Conte aggiungendo: "Se non può restare Mattarella, sicuramente Draghi ha le giuste caratteristiche per fare il Presidente della Repubblica. Il problema è che non sono caratteristiche amate dai partiti"

Il cortile del Palazzo del Quirinale
Il cortile del Palazzo del Quirinale
19 gennaio 2022 | 15.31
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"Il Presidente della Repubblica deve essere una figura con credibilità internazionale e in secondo luogo con la capacità di essere mediatore politico, nel senso che non deve entrare nelle scelte dei Governi, ma deve essere garante degli equilibri politici che si rappresentano nel Parlamento. Questo è molto importante perché in realtà abbiamo visto come negli ultimi 10 anni la figura del Presidente della Repubblica sia diventata molto più importante, e non solo nelle crisi parlamentari, ma anche nelle fasi di gestione degli iter legislativi ". Lo dice ad Adnkronos/Labitalia Maurizio Del Conte, docente di Diritto del Lavoro all'Università Bocconi e presidente di Afol Metropolitana di Milano.

"Sempre di più la Presidenza della Repubblica -aggiunge il giuslavorista- diventa uno snodo delle riforme rilevanti e il potere di firma del Presidente non è più un potere notarile, ma è diventato una vigilanza di merito. C'è un vaglio preventivo rispetto a tutta una serie di norme che potrebbero generare problemi di costituzionalità o di tenuta sociale". "Da questo punto di vista ci vuole una persona di esperienza politica e di statura internazionale -sottolinea Del Conte-. Non dimentichiamo che nella Costituzione la durata del settennato presidenziale ha proprio il significato di garantire continuità oltre la durata di un governo, di garantire la rappresentanza dello Stato al di là di un governo. E' il Capo dello Stato qualunque governo ci sia, è il rappresentante dell'Italia nella comunità internazionale, più di quanto non lo sia il presidente del Consiglio che è il rappresentante del governo pro-tempore", conclude.

"Se non può restare Mattarella, sicuramente Draghi ha le giuste caratteristiche per fare il Presidente della Repubblica. Il problema è che non sono caratteristiche amate dai partiti che chiaramente vogliono avere mano libera" dice ancora Maurizio Del Conte. "Non dimentichiamoci che nella Prima Repubblica e fino a Pertini -ricorda del Conte- il Presidente della Repubblica era un'espressione delle forze politiche di maggioranza cioè della Democrazia Cristiana, con un mandato preciso: attenersi a quello che decidevano le forze politiche. Oggi le forze politiche sono molto più deboli e quindi c'è più spazio per un Presidente della Repubblica più 'forte', che fa politica. Questo chiaramente genera inquietudine nei partiti e paradossalmente è uno dei problemi di questa elezione". "Il mio candidato ideale al Quirinale sarebbe Mattarella", dice Del Conte che prosegue: "Draghi ha sicuramente le caratteristiche migliori per fare il Presidente della Repubblica, ma io dico -conclude- che è un peccato perderlo come presidente del Consiglio. Se lui restasse a Palazzo Chigi e Mattarella al Quirinale sarebbe davvero l'equilibrio più virtuoso in questo momento".

Una crisi di governo o un pesante rimpasto nel caso di un'elezione del premier Mario Draghi al Quirinale "sarebbe un male per tutto il Paese perchè se c'è una caratteristica negativa del nostro sistema è questa continua interruzione dell'azione di governo, che porta, ogni volta, a dover riprendere da capo gli iter legislativi e di implementazione" osserva Del Conte, giuslavorista e presidente Afol metropolitana di Milano. In particolare, evidenzia Del Conte, "non dimentichiamoci che abbiamo il Pnrr, che è adesso e non tra tre anni". "E' ora che siamo nella fase più delicata -rimarca-, nella fase in cui vanno emanati tutti i provvedimenti di ordine amministrativo oltre che normativo, ma soprattutto amministrativo-gestionale, che stanno incardinati nei diversi ministeri". "Quindi oggi far saltare il sistema o fare un rimescolamento dei ministeri chiave (e fra questi c'è il Lavoro che ha una dotazione dal Pnrr di 5 miliardi) certamente segnerebbe un'ulteriore stop. Si sa che ogni nuovo ministro deve mettere la sua 'bandierina' sui provvedimenti e si rischia di andare a rallentare un processo che ha dei tempi strettissimi e che non sono scanditi dall'Italia. Non ce lo possiamo permettere, ci vuole responsabilità", conclude Del Conte. (di Mariangela Pani)

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