La voce più consistente riguarda il sistema dei trasporti, insieme alla messa in sicurezza del territorio dal rischio idrogeologico. Con il dossier #sbloccafuturo Legambiente individua procedimenti fermi da anni, per ritardi o inconcludenze di settori diversi della Pubblica Amministrazione
Centouno piccole e medie opere incompiute, cantieri che ancora non hanno visto la luce per responsabilità diverse. La voce più consistente riguarda il sistema dei trasporti (ferrovie, trasporti urbani, mobilità dolce), insieme alla messa in sicurezza del territorio dal rischio idrogeologico. Poi, a seguire, bonifiche, depurazione, riqualificazione urbana, sicurezza sismica, abbattimento di manufatti abusivi, impianti per chiudere il ciclo dei rifiuti.
Con il dossier #sbloccafuturo Legambiente individua procedimenti fermi da anni, per ritardi o inconcludenze di settori diversi della Pubblica Amministrazione. Opere molto diverse tra loro, sia per impegno finanziario che per consistenza dell’intervento. La più drammatica è senza dubbio la situazione che si sta determinando a L’Aquila e negli altri 56 Comuni colpiti dal terremoto 2009, dove il finanziamento di centinaia di progetti, già approvati e pari circa ad un miliardo di euro, sono bloccati dal patto di stabilità europeo.
Ma l’oscar del paradosso se lo aggiudicano a pari merito il progetto dell’idrovia Padova-Venezia, avviato nel lontano 1963, e l’abbattimento dell’albergo sulla scogliera di Alimuri, a Vico Equense, la cui procedura di abbattimento è partita anch’essa nel 1963.
La follia più contraddittoria spetta a due progetti siciliani, due impianti di compostaggio a Ragusa e Vittoria bloccati l’uno dalla mancanza di personale per farlo funzionare e l’altro dalla mancanza della cabina elettrica, proprio in una delle regioni maggiormente martoriate dalla disoccupazione e che ha ancora la quota di raccolta differenziata più bassa d’Italia. E poi, gli ostacoli noti, primo fra tutti il patto di stabilità interno che blocca opere come la bonifica dall’eternit di Casale Monferrato, la ristrutturazione della Circumvesuviana, il risanamento della galleria cittadina Montebello-piazza Foraggi a Trieste.
Poi ci sono opere necessarie e previste, per le quali il problema è rappresentato dalle risorse finanziarie che mancano e impediscono l’ammodernamento della linea ferroviaria Torino-Cuneo-Ventimiglia-Nizza o la chiusura dell’anello ferroviario di Roma, dove dal 1990 si aspettano 5 km di collegamento ferroviario per ‘’chiudere il cerchio’’. Ci sono casi in cui le risorse vengono spostate da un progetto all’altro, come a Torino, dove i fondi stanziati per migliorare il sistema ferroviario metropolitano sono stati utilizzati per coprire gli extracosti legati al completamento della linea 1 della metropolitana, o a Bologna, dove sono stati puntualmente stornati su altri progetti i fondi destinati inizialmente al completamento del Servizio Ferroviario Metropolitano.
Poi ci sono risorse finanziarie perse o a rischio, soprattutto quelle europee. Come nel caso della ferrovia Roma-Nettuno, dove sono ad alto rischio i fondi del Por 2007-2013, o il rischio che in Sicilia si perda quasi un miliardo di fondi europei per fogne e depuratori, mentre in Basilicata è bloccata la bonifica della Val Basento.
A bloccare sono anche le inadempienze della pubblica amministrazione: in Valle d’Aosta per il collegamento ferroviario con il Piemonte, o nell’area delle Olimpiadi invernali di Torino, i comuni non si accordano su come impegnare i fondi; nel Conero l’inerzia per il risanamento di un percorso turistico è dovuta all’indifferenza del Comune. La mancanza di autorizzazioni ministeriali blocca la bonifica di Porto Torres, la costruzione a Taranto dei 750 metri che mancano per collegare il porto alla rete ferroviaria nazionale, mentre la bonifica del Mar Piccolo a Taranto, prevista da anni, rischia di rimanere congelata dal pensionamento del Commissario.
In alcuni casi l’opera è bloccata dal passaggio di competenze da un livello istituzionale all’altro, come per la bonifica de La Maddalena, abbandonata dallo Stato con il trasferimento del G8 a L’Aquila ed ora in carico al Comune; la ciclovia abruzzese è bloccata dalla mancanza di coordinamento tra comuni, province e regione; il collegamento ferroviario del porto di Gioia Tauro con la rete ferroviaria nazionale è bloccato dai contrasti tra Rfi, autorità portuale, comune, provincia e regione.
Infine c’è il blocco provocato da contenziosi infiniti tra ditte e pubblica amministrazione: a Lampedusa i lavori di ammodernamento del depuratore sono bloccati dal contenzioso della vecchia ditta che gestiva l’impianto con il Comune; a Posada il contenzioso tra la Maltauro e l’ente appaltante, il Consorzio di Bonifica della Sardegna Centrale, blocca da più di tre anni la diga Maccheronis; in Liguria è bloccato il rifacimento della tratta ferroviaria Genova-Ventimiglia per un contenzioso fra l’ente appaltante (Italferr) e l’impresa spagnola Ferrovial Agroman. Ma l’oscar dell’incongruenza lo vince l’impianto eolico off-shore di Termoli previsto a 6 km dalla costa e bloccato da veti e ricorsi di soprintendenza, comuni e regione, contro un impianto che solo con un buon binocolo sarebbe possibile apprezzare dalla costa.