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Ucraina, gli aiuti in bilico sul tavolo del vertice Ue: Ungheria blocca l'accordo a 27

Orban non scopre le carte fino al Consiglio europeo straordinario di domani

Viktor Orban - Afp
Viktor Orban - Afp
31 gennaio 2024 | 21.21
LETTURA: 7 minuti

Un accordo a 27 sulla revisione di medio termine del Quadro finanziario pluriennale 2021-27 dell'Ue (Qfp o Mff) "non c'è ancora". La decisione di domani, con al centro gli aiuti all’Ucraina attaccata dalla Russia, è un “defining moment”, un vero crocevia, in cui si vedrà che tipo di soggetto internazionale vuole essere l’Unione. L’Ungheria di Viktor Orban continua a bloccare l'intesa tra i leader Ue sulla revisione, il cui 'piatto forte' sono 50 miliardi di euro di aiuti all'Ucraina (33 miliari di prestiti e 17 di sovvenzioni a fondo perduto) a lungo termine, la macroassistenza finanziaria necessaria ad assicurare il funzionamento dello Stato, impegnato in una logorante guerra difensiva contro Mosca. Uno stallo che provoca irritazione e frustrazione tra gli altri partner Ue.

Tutto rinviato al tavolo del Consiglio Ue

Il Consiglio Europeo straordinario è convocato per domattina a Bruxelles, per cercare di trovare un'intesa, dopo che nel summit di dicembre il premier ungherese, lasciando la stanza, aveva consentito ai colleghi di dare via libera, a 26, ai negoziati di adesione con Ucraina e Moldavia. I contatti sono in corso, “specie tra la Commissione e l’Ungheria”, dice una fonte diplomatica, ma Orban ha deciso di venire al Consiglio Europeo “senza chiudere nulla prima”, per affrontare i nodi direttamente nel vertice. Una soluzione, dunque, almeno “fino a domani”, non si troverà. Questa volta però, spiega un’altra fonte diplomatica europea, non basterà che Orban, che è il membro più anziano del Consiglio Europeo (è premier dal maggio 2010: batte l’olandese Mark Rutte di qualche mese), lasci la sala per un caffè: a dicembre si trattava di "una decisione politica", mentre in questo caso si tratta di una questione "giuridica e serve l'unanimità a 27".

I fondi in ballo

Lo schema di negoziato approvato a dicembre prevede una dotazione finanziaria aggiuntiva di 64,6 miliardi di euro, che dovrebbe essere spesa per nuove priorità: oltre ai 50 miliardi di euro per lo strumento per l’Ucraina (17 miliardi di euro in sovvenzioni e 33 miliardi di euro in prestiti), 2 miliardi per la migrazione e la gestione delle frontiere, 7,6 miliardi di euro per il vicinato e il mondo, 1,5 miliardi di euro al Fondo europeo per la difesa nell’ambito del nuovo strumento Step, 2 miliardi di euro per lo strumento di flessibilità, 1,5 miliardi di euro per la riserva di solidarietà e aiuti.

Il nodo unanimità

Per essere adottata, la revisione del Qfp richiede l’unanimità del Consiglio e l’approvazione del Parlamento. C'è anche un problema di tempo, perché Kiev rischia di andare in default, senza sostegni finanziari, tanto più che il Congresso Usa non ha ancora dato via libera agli aiuti al Paese di Volodymyr Zelensky (che domani si videocollegherà con i 27): "L'aiuto all'Ucraina non può attendere", dice una fonte, perché se non arrivasse "da marzo inizieranno a trovarsi in difficoltà".

Gli ungheresi, dice un’altra fonte diplomatica, dicono di volere anche loro “un accordo a 27”, ma chiedono una decisione all’unanimità sugli aiuti all’Ucraina, ogni anno, e non solo sull’Mff; vogliono inoltre non partecipare alla copertura degli interessi aggiuntivi di Next Generation Eu, poiché non hanno ancora incassato un euro dal Pnrr (accettano future decurtazioni sulle rate, a copertura degli interessi, una volta incassate), e hanno chiesto di posticipare di due anni la scadenza del loro Pnrr, per poterlo attuare (il termine scade nel 2026). Quest’ultima richiesta non può essere accolta, perché il termine è stato fissato all’unanimità e ratificato dai Parlamenti: occorrerebbe riaprire tutto e gli altri 26 escludono di imbarcarsi in un iter simile. A fronte di queste richieste, la posizione degli altri Paesi è la stessa di dicembre: è sicuramente fattibile una discussione annuale sulla facility per l’Ucraina, ma nessuno vuole concedere all’Ungheria un diritto di veto sul bilancio a cadenza regolare.

Un alto funzionario Ue spiega che "naturalmente” c’è “un piano", per notare poi che Orban ha già bloccato in passato altri dossier, come le sanzioni contro la Russia: "Dice no, no, no, poi si sposta". La priorità è cercare un accordo a 27, perché trovarlo a 26, fuori dall'Mff, sarebbe "complicato", anche se non impossibile. Il fatto è che, se si trovasse un accordo a 26, non si tratterebbe più del Consiglio Europeo, ma solo di una conferenza intergovernativa a 26. Una soluzione a 26 è possibile, ma sarebbe più complicata e, soprattutto, “costerebbe di più”, perché non peserebbe sul bilancio Ue, ma sui singoli bilanci statali (con i rispettivi debiti).

L’Ungheria ha chiesto di poter approvare anche il bilancio annuale, non solo l'Mff, all'unanimità (quello annuale richiede la maggioranza qualificata, mentre l'Mff, che fissa il tetto di spesa, necessita di un voto unanime), in modo da poterlo bloccare ogni anno. Gli altri Paesi hanno detto di no, perché "serve certezza" per programmare le spese. Una possibile soluzione, spiega una fonte diplomatica europea, potrebbe essere quella di impegnarsi a dibattere del bilancio annuale dell'Ue ogni anno in Consiglio Europeo: sarebbe una clausola simile al ‘freno di emergenza’ che era stato previsto nel 2020 in un considerando del regolamento sulla Rrf (Next Generation Eu), su richiesta dell’Olanda, che dava il diritto di chiedere di discutere “in modo esaustivo” nel Consiglio Europeo di situazioni specifiche.

I negoziati con Budapest "si intensificano - spiega un alto funzionario Ue - ma non ci siamo ancora. Non so se ci riusciremo". Anche per un diplomatico europeo "un risultato a 27 non è garantito", quindi non è sicuro che il summit non fallisca, come era successo nel febbraio 2020, quando un Consiglio Europeo convocato per concordare l'Mff 2021-27 fallì, proprio mentre nel Lodigiano veniva individuato il presunto 'paziente zero' da Covid-19. Per un’altra fonte, un fallimento del summit sarebbe “politicamente molto grave”, perché evidenzierebbe il “plastico isolamento” di Budapest rispetto agli altri 26. E un isolamento così forte potrebbe creare per la prima volta una situazione per cui si potrebbe “coagulare” una maggioranza per portare avanti la procedura ex articolo 7, in piedi dal 2018.

In questo caso, i Paesi che hanno molto da perdere per una mancata revisione di medio termine dell’Mff non sono pochi: di certo l’Italia (nel pacchetto ci sono anche fondi per le migrazioni), ma anche Spagna, Romania, Slovacchia e Lettonia, per ragioni diverse. Tutti Paesi che potrebbero anche decidere di votare a favore della sospensione dei diritti di voto di un membro che si è di fatto autoisolato. E che ormai non può neanche più contare sull’aiuto sicuro della Polonia, dove il Pis, anch’esso ai ferri corti con la Commissione sul rispetto dello Stato di diritto, è all’opposizione.

Oltre all’Ucraina, c’è il problema dei maggiori costi per interessi di Ngeu: se sono coperti nel 2024 dal bilancio annuale, non lo saranno più dal 2025, cosa che potrebbe creare problemi sui mercati finanziari. Per una fonte diplomatica, tra i 26 c’è “grande irritazione e frustrazione” nei confronti dell’Ungheria. E’ vero che, di qui alla fine della legislatura, questo è “l’ultimo momento” in cui Orban può usare l’arma del veto come leva, ma “se tira troppo la corda, rischia di ritrovarsi con un pugno di mosche in mano e in una situazione peggiore rispetto a quella di partenza”. La pubblicazione sul Financial Times di un documento del segretariato del Consiglio che preconizzava guai per l'economia ungherese in caso di mancato accordo non sembra aver aiutato. "Non è stata un'ottima idea", secondo un diplomatico europeo, perché avrebbe consentito a Orban di avvalorare la sua tesi circa un "ricatto" di Bruxelles nei confronti dell'Ungheria.

Di certo “non ha aiutato”, conferma un altro diplomatico. Non è neppure detto che la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che viene spesso vista come un ‘ponte’ verso Orban, decida di fare da mediatrice, visto che non è escluso che la mediazione fallisca. Oltre alla revisione di medio termine dell'Mff, che è il ‘piatto forte’ del Consiglio di domani, sono previste altre due discussioni, una sugli aiuti militari all'Ucraina e l'altra sul Medio Oriente. Nell'ambito di quest'ultima rientra anche la missione navale Aspides tra il canale di Suez e lo stretto di Hormuz, che era oggi sul tavolo dei ministri della Difesa nel Consiglio informale al Palais d'Egmont: "Mi aspetto che il tema sia affrontato", dice un alto funzionario Ue. Non sono però previste conclusioni sul Medio Oriente, perché richiederebbero una lunga trattativa, e non è questa l’occasione.

Si discuterà degli aiuti militari all’Ucraina e, inoltre, dell’uso dei proventi eccezionali legati al congelamento degli asset della Banca centrale russa nei conti delle società di clearing. La Commissione preme per passare all’azione, ma diversi Paesi chiedono di procedere con prudenza (tra questi l’Italia, la Francia e il Belgio), visto che la Bce ha espresso più volte dubbi sui rischi dell’operazione, anche per la reputazione dell’euro come valuta di riserva internazionale. E’ probabile che si proceda a chiedere alle società di clearing di separare contabilmente quei proventi, in modo da poterli sequestrare, eventualmente, in seguito. Il Consiglio Europeo straordinario viene preceduto, questa sera, da una cena informale tra i leader nella sede del Consiglio, in cui i capi di Stato e di governo (quelli presenti, non moltissimi) avranno modo di parlarsi in bilaterale. Pare escluso, infine, che si parli del rinnovo dei vertici Ue: il ritiro di Charles Michel dalla candidatura alle europee “ha abbassato tutto”.

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