"Situazione a Khartoum molto tesa, si combatte in quasi tutti i quartieri"
"Questa mattina ci siamo svegliati con gli scontri tra militari e paramilitari. Nonostante il nostro ospedale di cardiochirurgia si trovi a una decine di chilometri dal luogo degli scontri a Khartoum, abbiamo sentito dei boati molto, molto forti, probabilmente di artiglieria pesante. Poi hanno iniziato a inseguirsi informazioni su cosa accade in città". Lo racconta all'Adnkronos dalla capitale sudanese Muhameda Tulumovic, direttrice del programma di Emergency in Sudan, spiegando che a far scoppiare le violenze sarebbe stato un presunto attacco a un quartier generale dei paramilitari delle Forze di supporto rapido (Rsf).
Secondo la country manager di Emergency, la situazione a Khartoum è "molto tesa" dal momento che "si sta combattendo in quasi tutti i quartieri" e ciò ha costretto a "ridurre le attività dell'ospedale di cardiochirurgia" nella capitale, che ora si occupa solo dei casi gravi a causa delle difficoltà del personale a raggiungere il posto di lavoro. Le forze paramilitari - conferma - hanno preso il controllo dell'aeroporto e del palazzo presidenziale.
"Abbiamo anche informazioni sul fatto che il capo delle Rsf (il generale Mohamed Hamdan 'Hemedti' Dagalo, ndr) abbia dichiarato che non si fermerà finché non riuscirà a portare la democrazia nel Paese" e ad estromettere dal potere il comandante delle forze regolari, il generale Abdel Fattah al-Burhan, puntualizza.
Tulumovic evidenzia quindi che la situazione è "abbastanza difficile" anche in altri Stati del Sudan. "Noi abbiamo una clinica pediatrica a Nyala, nel Sud Darfur, che ha già ricevuto i primi due casi: si stanno sparando anche lì per il controllo dell'aeroporto - afferma - Più tranquilla è invece la situazione a Port Sudan, dove si trova un altro nostro ospedale".
La direttrice di Emergency precisa ora di trovarsi al sicuro insieme ai nostri connazionali che lavorano per l'organizzazione proprio all'interno dell'ospedale di cardiochirurgia di Khartoum, che è situato in una zona "più tranquilla". Emergency conta in Sudan una cinquantina di operatori, 40 dei quali italiani e la maggior parte concentrata nella capitale.
"Per il momento non si parla di evacuazione anche perché l'aeroporto è chiuso e si presume lo abbiano colpito", aggiunge Tulumovic, sottolineando che la situazione nel Paese si era ulteriormente "scaldata" dopo la mancata concretizzazione ai primi di aprile dell'accordo che avrebbe dovuto portare il Sudan sotto un governo di civili. "Lì si è capito che la situazione sarebbe montata - conclude - sapevamo sarebbe successo qualcosa ma non in questi termini".