La denuncia degli avvocati: "Lasciata al freddo con la luce sempre accesa, non si è potuta lavare". L'ex vicepresidente del Parlamento Ue resta in carcere
Eva Kaili, ex vicepresidente del Parlamento Europeo, è stata sottoposta in stato di detenzione preventiva a "torture", degne del "Medioevo". A dirlo è l'avvocato della politica greca, Mikhalis Dimitrakopoulos, al termine della camera di consiglio al Palais de Justice di Bruxelles che ha poi deciso che Kaili resterà in carcere. Se farà appello, comparirà davanti alla chambre des mises en accusation della Corte d'Appello di Bruxelles entro 15 giorni.
"Da mercoledì 11 gennaio a venerdì 13 gennaio - ha spiegato Dimitrakopoulos - è stata in isolamento, su ordine del giudice istruttore, Michel Claise. Per 16 ore è stata in una cella di Polizia, non in prigione, al freddo". "Le sono stati rifiutati" altri indumenti, "le hanno preso il giubbotto. Questa è tortura. La luce - continua Dimitrakopoulos - è stata accesa in continuazione, e non ha potuto dormire. Questa è tortura. Era indisposta, con un abbondante sanguinamento, senza potersi lavare. Questa è tortura. Eva Kaili è accusata, ma esiste sempre la presunzione di innocenza. Siamo in Europa: questi atti violano la Convenzione Europea dei diritti dell'uomo, questi anni purtroppo sono il Medioevo. Vi prego di pubblicare tutto questo. Spero in un processo equo: siamo in Europa", dice.
Circa i motivi per i quali Kaili è stata messa in isolamento, spiega l'avvocato André Rizopoulos, "per il momento la difesa non ha altra pista che dire che le autorità giudiziarie hanno trovato che l'isolamento fosse un buon modo per evitare non so che cosa, mentre Panzeri stava negoziando la sua procedura di pentimento. Non ho altri elementi che il fatto che vedere questi due eventi svolgersi in parallelo. Me ne sono reso conto in seguito. Se è così, lo trovo piuttosto scioccante".
In Belgio, continua, "la messa in isolamento è estremamente rara, la si usa nei crimini di mafia: se è motivata unicamente per proteggere non so bene cosa. Io non ero lì: ero solo in audizione. Quando mi hanno detto 'bisogna assolutamente che lei rimanga alla Polizia federale, perché c'è un'altra audizione', l'unica cosa che ho potuto dire è che è una possibilità legale restare a dormire lì, ma è molto eccezionale. Ma l'indomani mattina non è successo nulla di particolare".
Alla domanda se la difesa intenda sporgere denuncia, Rizopoulos spiega che "sulle iniziative legali che si possono prendere, parto dall'ipotesi che ogni attore della scena giudiziaria svolga il suo ruolo lealmente. Parto da questa assunzione, perché sennò non potrei fare il mio mestiere correttamente. Prima di sporgere denuncia per trattamenti inumani e degradanti, voglio sapere che cosa è successo davvero. Lo sapremo, perché le inchieste divengono trasparenti. Non lo sono all'inizio, ma lo diventano. Vedremo. Per ora agiamo come se ogni attore della vicenda giudiziaria agisse in un quadro di lealtà Sono rimasto molto sorpreso dello sviluppo delle operazioni la settimana scorsa e per il fatto di non vedere nel dossier, messo a nostra disposizione se non due giorni prima della camera di consiglio, elementi che lo giustificassero", spiega. Kaili, continua quindi Dimitrakopoulos, "è innocente" e "non ha avuto alcuna collaborazione con Pierantonio Panzeri. Per Kaili, aggiunge l'avvocato Rizopoulos, "abbiamo chiesto l'uscita di prigione e l'adozione di misure alternative, come il braccialetto elettronico o altre misure simili. Per il momento la signora Kaili è la sola politica ad essere detenuta. E' detenuta in condizioni difficili. E' estremamente preoccupante".
"Vorrei solo che si comprendesse l'effetto che" l'accordo siglato con la Procura belga da Pierantonio Panzeri "può avere su Eva Kaili, dal momento che lei ha potuto vedere la sua bambina di 23 mesi due volte in sei settimane, in prigione. Per noi c'è una vera rottura delle misure appropriate in rapporto alla situazione", sottolinea ancora Rizopoulos. Con la conferma degli arresti, non potrà vedere la sua bambina prima di "febbraio", sottolinea il legale.
Nell'ambito dell'inchiesta per sospetta corruzione volta a influenzare il processo decisionale Ue, "per ora la persona che paga il prezzo più elevato è Eva Kaili e non ci sembra normale", ribadisce l'avvocato.
"Va fatto un bilanciamento - continua Rizopoulos - tra gli interessi dell'inchiesta, che sono sempre legittimi, e le misure effettive che sono adottate per proteggere l'inchiesta. Non vorremmo che alla fine la signora Kaili diventasse la persona più profondamente e duramente colpita da una detenzione dura, dal momento che non è certamente al centro del dossier. E' una cosa che ci sembra insopportabile e che abbiamo rappresentato alla camera di consiglio. Non entriamo ovviamente nei dettagli del dossier".
Siglando un accordo di collaborazione con la Procura, "il signor Pierantonio Panzeri si sta comprando un futuro. Va bene e da avvocato lo comprendo perfettamente", dice ancora l'avvocato. "Lui ora sa quale è la fine del suo periodo di detenzione; sa quali sono le persone che ha deciso di proteggere, e va benissimo: probabilmente in primo luogo la sua famiglia", spiega.
La Procura ha tenuto una posizione "fermamente negativa" sulla possibilità di sottoporre Kaili a misure preventive meno dure del carcere, riferisce ancora Rizopoulos. "La Procura Federale - continua il legale - ritiene che tutti i rischi che consentono la detenzione preventiva sussistono: il rischio di fuga, il rischio di collusione con terzi, il rischio di distruzione di prove. Noi riteniamo che questi rischi non esistano. Deciderà la camera di consiglio".
"Il solo fatto di essere genitori non è un jolly che consente di sfuggire alla detenzione preventiva, non avrebbe senso. Bisognerebbe solo considerare che siamo in un'inchiesta di tipo finanziario, non di criminalità di sangue o mafiosa. In casi di questa natura, la detenzione preventiva è generalmente piuttosto breve", osserva ancora l'avvocato.
"Non vedo alcuna ragione - continua Rizopoulos - di cambiare completamente logica solo perché si tratta del caso Kaili-Parlamento Europeo. Non c'è alcuna ragione: noi dobbiamo tutti restare nella stessa maniera di funzionare e di esercitare serenamente i nostri diritti. E quando dico questo, vale per l'accusa, ma anche noi dobbiamo poterlo fare. Per ora, il modo in cui si fa è un esercizio inutilmente pesante e complicato del diritto di difesa, a causa della detenzione di Eva Kaili nella prigione di Haren. Chiedo a tutti i giornalisti di andarci, per capire che cosa vuol dire fare avanti e indietro tra Bruxelles e la prigione di Haren, per vedere quanto tempo si perde".
E ancora: "Nessuno ci ha chiesto nulla. E quando alla signora Eva Kaili sono state fatte delle domande, lei ha sempre risposto", replica, a chi gli chiede se anche a Kaili la Procura abbia proposto di firmare un accordo in base alla legge belga sui pentiti. "Dalla sua prima udienza, sabato 10 dicembre, fino all'ultima, all'indomani della notte in una cella di Polizia, ha sempre risposto in maniera completa e specifica alle domande che le venivano poste. Partecipa all'inchiesta: dice di essere innocente e risponde alle domande", spiega.
Se la detenzione preventiva verrà confermata, Eva Kaili non potrà rivedere la figlia, che ha "23 mesi", prima del mese prossimo, spiega ancora. "In Belgio - afferma il legale - l'unica regola che permette ufficialmente di vedere la propria figlia in prigione è per i condannati, non per la carcerazione preventiva. E' una cosa non regolamentata". Nelle sei settimane di detenzione, ha spiegato l'avvocato, Kaili ha potuto vedere sua figlia solo "due volte", in carcere.