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La parolaccia di Trump manda in tilt i media

(FOTOGRAMMA)
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12 gennaio 2018 | 12.04
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Si può dire o non si può dire? Il termine 'shithole', che Donald Trump ha usato per apostrofare alcuni Paesi da cui partono migranti con destinazione Stati Uniti, ha costretto i media a stelle e strisce, e in particolare le emittenti televisive, a risolvere un insolito rebus. Quando un presidente utilizza una parola così volgare, che si fa? Si ammorbidisce? Si usa un sinonimo? Si censura? In ogni redazione, da quelle dei colossi a quelle delle testate locali, le stesse domande hanno trovato risposte diverse.

"Questo potrebbe non essere appropriato per alcuni dei nostri telespettatori più giovani", ha esordito Lester Holt aprendo Nbc Nightly News. Imbarazzo anche nello studio di Abc World News Tonight, dove David Muir ha dribblato l'ostacolo: il presidente, ha detto, "ha usato un termine volgare che non ripeteremo". 'Melina' anche alla Cnn. Jim Acosta, corrispondente dalla Casa Bianca, si è rivolto all'anchorman Wolf Blitzer con tatto: "Ho notato, Wolf, che hai esitato a usare quella parola. Del resto ho esitato anche io". Acosta ha esitato ma, come hanno potuto verificare gli ascoltatori, ha ripetuto la parola più volte.

SCANDALO - Le emittenti, in generale, se la sono cavata proponendo la pietra dello scandalo in versione grafica: sugli schermi degli americani sintonizzati sulla Cnn, 'shithole' era ben visibile. Altre tv, invece, hanno scelto una soluzione di compromesso usando asterischi che hanno costretto i telespettatori ad un piccolo sforzo di fantasia. Tra i network, la Nbc alla fine è stata l'unica a citare integralmente il presidente.

Come evidenzia il New York Times, il ricorso ad un termine così scurrile -non smentito dalla Casa Bianca- costituisce da solo un elemento meritevole di attenzione, una notizia che va riportata integralmente. Una linea seguita anche dall'Associated Press, come rivelano le parole del vicepresidente per gli standard, John Daniszewski, al quotidiano: "Sarebbe futile mascherare la parola quando il linguaggio stesso, in riferimento ad Haiti e a paesi africani, è stato così fuori dall'ordinario".

SENZA PARAFRASI - "A tutti noi è sembrato chiaro che le parole andavano riportate direttamente, senza parafrasi. Volevamo essere sicuri che i nostri lettori comprendessero totalmente di cosa si stesse parlando", ha spiegato Phil Corbett, figura di rilievo per la definizione degli standard qualitativi del New York Times.

Da quando Trump si è preso il palcoscenico politico a stelle e strisce, la questione dello standard è diventato un tema frequente per i media americani. Il presidente ha usato il termine 'pussy', in riferimento ai genitali femminili, durante la campagna del 2016, prima delle elezioni.

FIGLIO DI... - A settembre, invece, ha destato scalpore un classico 'son of a bitch' (figlio di...) per definire i giocatori di football che hanno scelto di inginocchiarsi durante l'esecuzione dell'inno nazionale.

Nulla di inedito, alla fine, se si considera che un 'beep' sarebbe servito in passato anche per censurare uno scivolone dell'ex presidente Joe Biden, inciampato su un commento sull'approvazione dell'Affordable Care Act, o una gaffe dell'ex presidente George W. Bush, che usò termini poco ortodossi per definire un reporter.

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