Arturo Varvelli (Ecfr): "Per controbilanciare i problemi in Ucraina, una strategia per far crescere la tensione in altre zone. Crea ansie a noi italiani"
Mosca non rinuncia alla sua presenza e alla sua testa di ponte in Libia, Paese dell'Opec e Paese strategico nel cuore del Nord Africa. Il Cremlino ha fatto sapere dell'incontro tra Vladimir Putin e Khalifa Haftar, uomo forte della Cirenaica. Hanno parlato della "situazione in Libia e nella regione". Sarebbe il primo faccia a faccia dal 2019, stando ai media di una Libia in cui si perpetua la divisione tra l'est e Tripoli dalla fine, nel 2011, dell'era Muammar Gheddafi. Haftar avrebbe bisogno di Putin quanto Putin ne avrebbe di Haftar. Arturo Varvelli, responsabile della sede di Roma dell'European Council on Foreign Relations (Ecfr), ragiona con l'Adnkronos sulle notizie delle ultime ore e parla di quella che "potrebbe essere una strategia" di Putin "per controbilanciare i problemi in Ucraina".
"Non l'apertura di un secondo fronte", puntualizza, evidenziando però il rischio che "il coinvolgimento nel conflitto tra Europa e Usa da una parte e Russia dall'altra si allarghi ad altre aree". Quindi, "non un confronto militare diretto, ma far crescere la tensione in altre zone per creare problemi e poi ottenere qualcosa in cambio", una "strategia di Putin che crea ansie a noi europei, italiani in particolare, sul fronte migranti ed energia".
Varvelli constata "la situazione difficile in cui è Putin, dal momento che la guerra in Ucraina non sta andando come era previsto e anche alla luce dei contrattacchi dell'Ucraina". Quindi, osserva, per Mosca è importante "avere un avamposto in Libia e consolidare le relazioni con la Libia, con tutta una parte di mondo che per noi è così importante", con un Paese che è "la porta d'ingresso verso l'Africa", dove "nell'ultimo periodo si è consolidata la presenza russa", anche con il ricorso alla "leva dell'anticolonialismo".
Capo dell'autoproclamato Esercito nazionale libico (Lna) sostenuto per anni dal capo della Wagner Yevgeny Prigozhin (morto nel 'misterioso' incidente aereo di agosto in Russia), il maresciallo è arrivato in Libia martedì dove ha incontrato anche il ministro russo della Difesa, Sergei Shoigu, secondo quanto hanno fatto sapere dall'Lna, senza molti dettagli. Haftar avrebbe parlato anche con il vice ministro della Difesa di Mosca, Yunus-Bek Yevkurov, che nella seconda metà di agosto era stato in Libia, dove in passato la Russia ha negato di avere una presenza militare ufficiale.
Lo scorso 17 settembre ad accompagnare Yevkurov nella Derna devastata dall'alluvione è stato - stando a fonti libiche - il figlio di Haftar, Khaled. Il 21 settembre poi l'ambasciata americana dava notizia di un incontro a Bengasi tra il maresciallo e il generale Michael Langley, comandante di Africom. Tutto dopo che a inizio anno era stato in Libia il capo della Cia, William Burns.
E' questo il contesto in cui secondo Varvelli, "non bisogna esagerare sui contatti con Haftar", ma sia il maresciallo che il Cremlino "hanno bisogno di un nuovo rapporto perché l'intermediario era Prigozhin" e dopo la sua morte "era necessario per Haftar come per Mosca avere una relazione diretta e ripristinare un rapporto diretto".
Haftar, dice Varvelli, "sta ancora giocando una partita per la sua forza in Libia" perché "nonostante sia stato sconfitto nel 2019", con il fallimento della sua controffensiva per prendere Tripoli e il ritiro in Cirenaica, "continua comunque ad avere velleità di comando su tutto il Paese". E "non rinuncia ad avere un ruolo internazionale". Con una "forza" che, "negli ultimi anni, è cresciuta di pari passo con il supporto internazionale ricevuto da Mosca". Una Mosca che resta "un punto di riferimento", pur se forse "nell'ultimo periodo" Haftar era "stato anche molto vicino al gruppo Wagner e a Prigozhin che aveva investito su di lui". Così il viaggio a Mosca potrebbe "servire a Haftar - continua l'analista - per ricreare una credibilità agli occhi di Mosca e continuare ad averne il supporto".
Da parte russa potrebbero esserci altri interessi. "C'è chi pensa che Mosca sia interessata a una seconda base sul Mediterraneo", rileva ancora Varvelli, ricordando come i russi "siano sempre stati interessati a Bengasi" e come Mosca sia "interessata anche a costruire infrastrutture per accogliere navi". Uno sviluppo che "per noi italiani sarebbe molto pericoloso, anche perché il nostro ruolo è stato un po' rilanciato" dopo l'alluvione di Derna con la "capacità di risposta rapida" assicurata ai libici. "In qualche modo - conclude l'esperto - il ruolo italiano ed europeo era stato rilanciato in quanto rapporto molto positivo di aiuto e soccorso dopo la tragedia di Derna, mentre i russi non sanno fare questo, fanno solo sicurezza in termini stretti".