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Covid Cina e proteste, Sisci: "Segnale che si sta sgretolando fiducia nel sistema"

"La protesta corre sul filo di WeChat, la piattaforma che il governo non può bloccare"

Covid Cina e proteste, Sisci:
27 novembre 2022 | 13.44
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Le proteste a Pechino, Nanchino, e Shanghai, sono il segnale che "si sta sgretolando la fiducia" non tanto nei confronti del Presidente del Paese Xi Jinping ma più in generale nelle istituzioni di governo in Cina, nel sistema, spiega all'Adnkronos il sinologo Francesco Sisci precisando che per quanto limitate, le manifestazioni sono un fenomeno "senza precedenti dai tempi della Tiananmen".

"Le proteste, per quanto estese, non sono enormi con migliaia di persone coinvolte, sono sporadiche, nervose, prive di coordinamento e assolutamente spontanee. Segnali di una pentola che bolle. L'acqua non ha ancora iniziato a uscire dalla pentola, ma siamo arrivati alla temperatura giusta. Siamo in una situazione ancora di passaggio, su un terreno nuovo perché da 33 anni a questa parte non c'erano state proteste così ampie e diffuse", aggiunge Sisci.

Il motore della protesta è WeChat, il social che i cinesi usano oramai per fare tutto, parlarsi e comperare il latte e che per questo il governo non può bloccare "a meno di rischiare di paralizzare il Paese". La piattaforma in cui chi partecipa alle manifestazioni pubblica i video delle proteste. "Sembra essere la natura stessa di questa piattaforma a creare una nuova forma di organizzazione in cui la gente si coordina l'uno con l'altro e si crea effetto valanga".

I cinesi, che nei primi mesi del 2020 si erano prestati "con disciplina e grande fiducia" alle misure di lockdown, ora si rendono conto "che nel resto del mondo la situazione è normalizzata e in Cina ancora no, che c'è qualcosa che non funziona a livello di governo". E perché proprio ora? "Prima di tutto perché i contagi di covid aumentano d'inverno e poi la gente sta guardano i Mondiali di calcio in Qatar e vede gli stadi pieni, senza misure restrittive, senza mascherine", indica il sinologo.

Il governo cinese si trova in una impasse, "tra l'incudine e il martello". "E' sempre più difficile proseguire con queste misure di quarantena che la gente non sopporta più, ma d'altro canto, cambiare radicalmente pone dei rischi di tipo sanitario enormi, con il contagio che si sta diffondendo, senza una campagna vaccinale efficace, senza immunità di gregge, e in assenza di strutture sanitarie capillari in grado di reggere una esplosione di casi e terapie intensive Forse se eliminassimo oggi le misure di lockdown, tra tre settimane ci sarebbero milioni di morti".

Non esiste quindi una via di uscita facile. "Anche il governo è bloccato. E' una situazione drammatica". La strada per superare la crisi "sarebbe quella di capire che il fallimento delle politiche anti covid è la punta di un iceberg molto più grande che riguarda tanta parte del sistema cinese che non funziona. Sarebbe necessario un salto intellettuale perché le proteste non sono dirette a Xi (gli slogan contro di lui a Shanghai sono isolati), ma sono più profonde e investono il sistema", conclude Sisci.

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