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"Russia sapeva della minaccia Isis", le responsabilità di Mosca nel dossier degli 007

Secondo un'organizzazione investigativa con sede nel Regno Unito venuta in possesso di documenti dell'intelligence russa, i servizi di sicurezza sarebbero stati a conoscenza del pericolo giorni prima dell'attentato a Mosca

Vladimir Putin - Afp
Vladimir Putin - Afp
31 marzo 2024 | 00.06
LETTURA: 3 minuti

I servizi di sicurezza del Cremlino erano a conoscenza della minaccia dell’Isis giorni prima dell'attentato alla Crocus City Hall di Mosca dove sono morte almeno 143 persone. A suggerirlo sarebbero documenti dell’intelligence russa ottenuti da un'organizzazione investigativa con sede nel Regno Unito. Secondo il Dossier Center di Londra, infatti, nei documenti ci sarebbe stata la prova che i tagiki radicalizzati dall’Isis-K – il ramo centroasiatico del gruppo terroristico – avrebbero potuto essere coinvolti in un attacco.

Cosa dice il dossier

Come spiega la Cnn, il Dossier Center è un gruppo investigativo russo sostenuto da Mikhail Khodorkovsky, un ex magnate del petrolio russo in esilio diventato critico del Cremlino. Già in precedenza il centro ha portato alla luce dettagli sul presidente russo Vladimir Putin e il suo regime, spesso utilizzando documenti e fughe di notizie provenienti dall’interno del governo russo.

"Pochi giorni prima dell'attacco terroristico, i membri del Consiglio di sicurezza hanno ricevuto l'avvertimento che i cittadini tagiki potevano essere utilizzati in attacchi terroristici sul territorio russo", si legge nell'ultimo rapporto del gruppo pubblicato ieri, in riferimento all'agenzia di sicurezza russa mentre si sottolinea come "anche prima dell'attacco al Crocus, una fonte vicina ai servizi segreti ne aveva parlato al Dossier Center".

L'avvertimento degli Usa sottovalutato da Putin

Come già spiegato dagli Usa, nonostante le relazioni tra Washington e Mosca siano ai minimi storici, anche gli Stati Uniti avevano avvertito la Russia che i militanti dell’Isis stavano pianificando un attacco nel Paese.

All’inizio di marzo, l’ambasciata americana aveva infatti avvertito di una crescente minaccia di attacchi terroristici contro la Russia, con la portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale Adrienne Watson che affermava che gli Stati Uniti avevano condiviso queste informazioni con le autorità russe in base alla politica del “dovere di avvertire”. Ma in un discorso pochi giorni prima dell’attacco, Putin aveva liquidato gli avvertimenti americani come “provocatori”, affermando che “queste azioni assomigliano a un vero e proprio ricatto e all’intenzione di intimidire e destabilizzare la nostra società”.

Putin inoltre ha ripetutamente suggerito, senza prove, che l’Ucraina avesse contribuito a orchestrare l’attacco. L’Ucraina ha ripetutamente negato di avere qualsiasi legame con l’attacco.

L’ex parlamentare russo Ilya Ponomarev, critico del Cremlino in esilio, ha affermato che le ultime prove pongono seri interrogativi alla leadership russa e alle sue forze di sicurezza. “Vediamo molto chiaramente che Vladimir Putin avrebbe potuto reagire a numerosi avvertimenti”, ha detto alla Cnn.

L’Isis-K ha rivendicato la responsabilità di un attacco mortale all’ambasciata russa a Kabul nel 2022. L'anno successivo, secondo il Dossier Center, la polizia tedesca arrestò diverse persone provenienti dal Tagikistan accusate di aver pianificato un attacco alla cattedrale di Colonia. Presunti membri dell'Isis-K sono stati arrestati anche in Kirghizistan, accusati di aver pianificato un attacco contro una chiesa ortodossa. Ebbene, secondo il Dossier Center, le forze dell’ordine russe stavano monitorando tutte queste segnalazioni e "consideravano il rischio" per la Russia. Poi l'attentato alla Crocus City Hall e le accuse a Kiev e all'Occidente.

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