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Il livello del Mediterraneo si alza, Laguna di Venezia a rischio

Al 2050 il livello del Mare Nostrum aumenterà tra i 17 e i 20 cm, al 2100 tra i 34 e i 57 cm

La laguna veneta. Qui, secondo le proiezioni più critiche nel 2100 il livello medio del mare potrebbe essere più alto di circa 82 cm rispetto ad oggi. (Ph © Marco Anzidei)
La laguna veneta. Qui, secondo le proiezioni più critiche nel 2100 il livello medio del mare potrebbe essere più alto di circa 82 cm rispetto ad oggi. (Ph © Marco Anzidei)
20 agosto 2019 | 14.22
LETTURA: 5 minuti

Il livello del mar Mediterraneo è destinato "certamente" ad aumentare. Due gli scenari delineati, uno più ottimistico e l'altro meno, ma comunque - dicono gli scienziati - dovremo fare i conti con un aumento al 2050 compreso tra i 17 e i 20 cm e al 2100 tra i 34 e i 57 cm. Peggio nella laguna di Venezia, dove la stima per il 2100 è di un aumento del livello medio del mare tra i 60 e gli 82 cm.

Le conseguenze? Quella che gli esperti chiamano "una ingressione marina più rapida", cioè il mare che tende a sommergere tratti più o meno ampi di costa in maniera veloce mettendo a rischio l'ambiente, le infrastrutture e le attività umane. E poi inondazioni, mareggiate e maremoti.

Lo rileva lo studio “Natural Variability and Vertical Land Motion Contributions in the Mediterranean Sea-Level Records over the Last Two Centuries and Projections for 2100”, che ha messo in correlazione le proiezioni climatiche per i prossimi anni con quelle dei movimenti della superficie terrestre lungo alcune coste del Mediterraneo negli ultimi 20 anni.

Nello studio, pubblicato sulla rivista scientifica "Water", i ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), della Radboud University (Olanda) e della Sorbonne Université (Francia) hanno osservato come potrebbe aumentare il livello del mare nel 2050 e nel 2100 in corrispondenza di nove stazioni mareografiche poste nel Mediterraneo centro-settentrionale, che ne misurano il livello a partire dal 1888.

Il calcolo ha incluso gli effetti della subsidenza (movimento verticale del suolo verso il basso per cause naturali o antropiche) individuata da misure geodetiche Gps acquisite negli ultimi 20 anni circa e la fluttuazione naturale del livello marino, causato dalla variabilità climatica, che agisce con periodi decennali.

Lo studio ha previsto due scenari possibili del livello del mare nel 2050 e 2100, calcolati sulla base delle proiezioni climatiche fornite dall’Intergovernmental Panel on Climate Change (l'Ipcc, l'organismo delle Nazioni Unite per la valutazione della scienza relativa ai cambiamenti climatici), perfezionate con i dati della subsidenza, che varia da luogo a luogo, e della fluttuazione naturale del livello marino.

Risultato: nel primo scenario "si potrà verificare entro il 2050 un aumento massimo del livello medio del mare di circa 20 cm mentre nel 2100 si potranno raggiungere i 57 cm circa", mentre nel secondo "meno critico del precedente, nel 2050 si potrà avere un aumento di 17 cm e nel 2100 di 34 cm”, dice Marco Anzidei, ricercatore dell’Ingv, coautore dello studio e coordinatore del progetto europeo SaveMedCoasts che ha finanziato la ricerca.

Antonio Vecchio, autore dello studio e ricercatore della Radboud University, precisa, inoltre, che “a livello locale le fluttuazioni del livello marino possono contribuire fino al 9% della variazione totale attesa, mentre subsidenza e variabilità nel loro insieme sono responsabili di circa il 15% della variazione del livello del mare. Nella laguna di Venezia, dove la subsidenza accelera l'effetto dell’aumento del livello marino, si stima che nel 2100 il livello medio del mare sarà più alto rispetto ad oggi tra i 60 e gli 82 cm".

Le analisi mostrano che gli effetti locali hanno un ruolo rilevante nel calcolo delle proiezioni di aumento di livello marino per diverse zone. “In particolare - sottolinea Marco Anzidei - lungo le coste basse e subsidenti gli aumenti attesi sono in grado di causare una ingressione marina più rapida, cioè il mare tende a sommergere tratti più o meno ampi di costa in maniera più veloce rispetto alle zone non subsidenti".

"Ciò rappresenta un fattore di rischio per l'ambiente, per le infrastrutture e per le attività umane, come l’erosione e l’aumento dei rischi legati ad inondazioni, mareggiate e maremoti, con le conseguenti perdite economiche. Le istituzioni, a tutti i livelli di governance, devono tenere conto di queste proiezioni perché sono fondamentali per affrontare in modo più consapevole la gestione delle nostre coste”, conclude.

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