Un modello sostenibile per calmierare il costo e promuovere il know how del Made in Italy
L’olio sta diventando un bene di lusso. Immancabile sulle tavole di tutti gli italiani viene usato per cucinare e condire cibi, ma non solo. Il suo prezzo però ha visto una crescita esponenziale e, come la maggior parte dei beni di prima necessità il cui costo è altrettanto aumentato, immaginare di poterne fare a meno è impossibile. Che sia solo la quantità di un cucchiaio per stare attenti alla linea o che sia quel famoso “quanto basta” per insaporire le pietanze, il Belpaese all’olio non può proprio rinunciarvi, anche se costa caro. Lo dimostrano le stime di consumo.
Secondo i dati Ismea, si aggira attorno a 750mila tonnellate il consumo di olio d'oliva in Italia, per un valore complessivo di 3mila milioni di euro circa ed un consumo pro capite di 12-13 chilogrammi. Il consumo di prodotto sfuso dovrebbe coprire almeno un terzo degli acquisti complessivi di olio d'oliva. In questa percentuale sono compresi sia i consumi delle famiglie produttrici di olio d'oliva, sia quelli di coloro che hanno effettuato acquisti o ricevuto in regalo olio d'oliva non confezionato (in tutto tre milioni di famiglie circa).
“Rispetto ad altre realtà olivicole comunitarie - ha spiegato in merito Ismea -, la situazione italiana è più simile a quella greca, dove il fenomeno dello sfuso è ancora più marcato, mentre si differenzia nettamente dal caso spagnolo, dove le vendite di prodotto non confezionato al dettaglio rappresentano una realtà di nicchia”.
Con gli ultimi episodi violenti di maltempo che hanno causato danni ingenti alle coltivazioni di olio in tutta Italia, le difficoltà sono diventate sempre più evidenti, raggiungendo appunto picchi di prezzo quali un +49,3%. A lanciare l’allarme è stato Coldiretti che ha spiegato che il raccolto mondiale dell’olio extravergine è crollato drasticamente aumentano i prezzi a dismisura.
“L’Italia - ha sottolineato Coldiretti - può contare su un patrimonio di biodiversità unico al mondo con 533 varietà di olive coltivate dalle Alpi alla Sicilia per un totale di 250 milioni di piante dalle quali nasce il maggior numero di oli extravergine a denominazione in Europa con 42 Dop e sette Igp oltre a decine di produzioni a chilometro zero legate ai territori con una ricchezza di profumi e sapori che non ha eguali al mondo”.
La percezione dei produttori è quella che il settore agricolo stia viaggiando più veloce di quello del commercio e che il consumatore si sia reso conto che qualcosa è cambiato, prediligendo prodotti premium che, a parità di fascia di prezzo, garantiscono qualità elevata, invece di quelli provenienti da una grande distribuzione.
Anche l’olio extravergine ha visto il suo mercato profondamente cambiato e rientra tra quei prodotti che della biodiversità in Italia risentono del cambiamento climatico e delle condizioni meteorologiche che, nell’ultimo anno, hanno distrutto diversi ettari dedicati a questo prodotto. Una produzione di Olio 2.0 è già in corso e il Made in Italy, in termini di prodotto italiano e know how investito sulla filiera da parte degli stakeholder coinvolti ne ha tracciato le direttive.
Con la Cop28 che si terrà da giovedì 30 novembre sino al 12 dicembre, negli Emirati arabi uniti, si discuterà proprio di come affrontare i cambiamenti climatici. Il Ministero italiano dell’Ambiente e della Sicurezza energetica ha fatto sapere che l’impegno nazionale sarà quello di promuovere le azioni per affrontare tale crisi ambientale.
“Saranno messe in evidenza esperienze di istituzioni pubbliche e 'player' in campo ambientale ed energetico - si legge nella nota del Mase -, università e stakeholder, per un calendario che si compone di 53 diversi appuntamenti, tutti orientati a promuovere azioni concrete per contrastare il cambiamento climatico. Gli eventi ricalcheranno i temi ispiratori delle giornate della Cop28, dall'ambizione climatica al coinvolgimento dei giovani, dalla transizione giusta alla decarbonizzazione dei trasporti”.
«In linea di massima - ha ipotizzato David Granieri, presidente del consorzio Unaprol - per quanto riguarda la campagna olivicola alle porte, in tutto il Centro Italia ci attendiamo un calo del 50%, mentre al Sud la produzione scenderà del 10% rispetto alle annate migliori». Tra gli industriali c’è un calo dell’ottimismo. La preoccupazione è quella di non riuscire a far fronte alle condizioni ambientali e agli eventi climatici inattesi, sia in ambito della prevenzione e protezione, sia relativo a quello che è il recupero successivo del coltivato: in termini di finanziamenti, in termini di tecnologie impiegate e in termini di attività di promozione del territorio.