In Italia la quota della spesa complessiva per la protezione sociale destinata alle famiglie e figli è pari al 6,5%, mentre la parte che è riservata alla vecchiaia ammonta al 65,4%. Nell'Europa a 28 la prima percentuale sale fino all'8,7% mentre la seconda scende al 52,8%. Secondo i dati, contenuti nelle tabelle dell'Eurostat relative al 2014 ed elaborati dall'Adnkronos, le risorse destinate dal Belpaese alle misure di intervento pubblico ammontano a oltre un quinto del pil, ma solo l'1,4% del prodotto interno lordo è destinato alla famiglia e ai figli. Alla 'vecchiaia' va invece il 14% del pil, a cui si somma la voce 'superstiti' (2,8%).
Con il Testo unico della famiglia il governo punta a coordinare e riunificare le diverse norme che sono presenti nel sistema attuale, collocando all'interno di un quadro unitario le molteplici misure vigenti. Intenzione che viene sottolineata nel cronoprogramma del Def, dove si afferma che entro il dicembre 2016 verrà approvata una delega.
Nel dossier del servizio bilancio del Senato, che esamina il provvedimento all'esame del Parlamento, si sottolinea che lo strumento della delega legislativa avrà l'obiettivo di ''coordinare e unificare la normativa sulla famiglia, ormai stratificatasi negli anni e diventata sempre più complessa, per effetto dei molteplici interventi che si sono via via succeduti''. Il fine ultimo, si afferma nel dossier, è quello di ''rafforzare il sostegno dello Stato a favore dei nuclei familiari''.
Secondo i dati Eurostat l'Italia si colloca al diciottesimo posto per la percentuale di pil destinata alle famiglie e figli. La classifica è guidata, come era facile immaginare, dai paesi scandinavi con la Danimarca in testa (che destina alla stessa voce il 4,8% del pil) , la Norvegia (3,4%) e la Finlandia (3,3%). All'ultimo posto va invece alla Spagna, con lo 0,6% del pil.
Lo stivale sale in vetta alla graduatoria, quanto di parla di spesa per la vecchiaia, con il 14% del pil, alle spalle solo della Grecia che arriva al 15,3%. Nel dossier si osserva che, escludendo alcune situazioni peculiari, i paesi in cui la spesa per vecchia è più elevata presentano una spesa per famiglia e figli più bassa.
La quota complessiva di pil che l'Italia destina ai servizi sociali è pari al 21,4%, superiore sia alla media dell'area euro (20,4%) che a quella dell'Ue a 28 (19,5%). Si passa da un minimo dell'11,4% della Romania, superata di poco da Lituania e Lettonia (11,5%), a un massimo del 25,4% della Finlandia, seguita a poca distanza da Francia e Danimarca rispettivamente con il 24,8% e il 24,5%.
La quota prevalente della spesa per protezione sociale è destinata a misure in favore della terza età, a cui viene riservata una cifra compresa il 35% e il 75% del totale. Mentre alla spesa per famiglie in media va poco meno del 10% della spesa per protezione sociale.
Strettamente legata alle risorse riservate alle famiglie è la problematica della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, su cui le istituzioni comunitarie hanno puntato l'attenzione da qualche anno. I tecnici del Parlamento fanno notare che ''il superamento, o mitigazione'' del problema può rappresentare ''uno degli elementi cruciali per stimolare l'occupazione e, in particolare, la partecipazione femminile al mercato del lavoro, entrambi obiettivi centrali della strategia Europa 2020''.
In Europa, si ricorda nel dossier, i paesi francofoni perseguono politiche a sostegno della natalità, registrando una spesa per famiglia e figli mediamente elevata e articolata su più misure (trasferimenti monetari e servizi per l’infanzia). I paesi scandinavi presentano un modello di protezione sociale di tipo universalistico, imperniato sia su aiuti finanziari che non (offerta di servizi pubblici e politiche di conciliazione). Mentre i paesi di lingua tedesca e i Paesi Bassi hanno impostato le loro politiche su di un modello di sussidiarietà, in cui cioè lo stato interviene in maniera sussidiaria rispetto alla famiglia e alla società civile, garantendo però trattamenti fiscali a sostegno delle donne con figli piccoli e creando le condizioni allo sviluppo di servizi.
I paesi anglosassoni implementano politiche in favore della riduzione della povertà, il cui principale obiettivo è sostenere le fasce della popolazione in condizioni di reale necessità. Le risorse si concentrano nelle misure di contrasto dell'emarginazione sociale, a cui si aggiungono livelli elevati di spesa in favore delle esigenze abitative (Uk).
I paesi mediterranei perseguono, invece, politiche di solidarietà familiare allargata, che si connotano come sistemi privi di un sistema universale di servizi familiari, con limitati o assenti servizi pubblici, e scarse o nulle misure di conciliazione. L'Italia, in particolare, presenta ''un sistema misto che seppure di impostazione mediterranea, presenta tratti importanti di sussidiarietà, completati con misure di stampo lavoristico quali ad esempio gli assegni familiari''.