"Forti tensioni geopolitiche rischio significativo a breve termine per attività economica, rischi per pil e inflazione, rialzo costo merci"
La guerra in Medio Oriente preoccupa l'Ocse che lancia un monito. I governi, scrive nell'interim report dell'Economic outlook, si trovano ad affrontare sfide fiscali crescenti a causa dell'aumento dei costi sul debito" e "significative ulteriori pressioni future", sono dunque "necessari sforzi più incisivi a breve termine per contenere la crescita della spesa" e "cornici di bilancio a medio termine ben delineati per garantire la sostenibilità e la flessibilità per rispondere agli shock futuri".
Bisogna rafforzare i fondamentali di crescita attraverso "riforme" nel campo dell'istruzione volte a "potenziare lo sviluppo delle competenze e ridurre i vincoli nei mercati del lavoro e dei beni", si legge. "È necessaria una maggiore cooperazione internazionale per rilanciare il commercio globale, garantire progressi più rapidi e meglio coordinati verso la decarbonizzazione e alleviare gli oneri del debito nei Paesi a basso reddito", si aggiunge.
"Le forti tensioni geopolitiche rappresentano un rischio significativo a breve termine per l'attività economica e l'inflazione, in particolare se il conflitto in Medio Oriente dovesse portare perturbazioni nei mercati dell'energia", fa presente ancora l'Ocse.
Un ampliamento o un'escalation del conflitto impatterebbe "il trasporto marittimo in misura maggiore di quanto attualmente previsto, intensificare le strozzature nell'approvvigionamento e far salire i prezzi dell'energia", e questo "danneggerebbe la crescita e aumenterebbe direttamente le pressioni inflazionistiche e e potrebbe potenzialmente portare a una fuga verso la sicurezza nei mercati finanziari globali". Inoltre "la crescita potrebbe anche essere più debole del previsto se gli effetti persistenti dei passati aumenti dei tassi di policy siano più forti del previsto".
La crisi nel Mar Rosso "ha già iniziato a sconvolgere i programmi di produzione in Europa, in particolare per le case automobilistiche", si rileva, ricordando che nel 2022 circa il 15% del volume del commercio marittimo globale è passato attraverso il Mar Rosso. L'uso di una di una rotta più lunga intorno al Capo di Buona Speranza aumenta i tempi di percorrenza del 30-50%, a seconda della rotta interessata, e aumenta i tempi di trasporto globale. Il tutto genererebbe un aumento dei costi di trasporto che "aumenteranno i costi, soprattutto per le merci", avverte l'Ocse. Le ricerche dell'Ocse, si aggiunge, "suggeriscono che il recente aumento del 100% dei costi di spedizione, se persistente, potrebbe far aumentare l'inflazione annuale dei prezzi all'importazione dell'Ocse di quasi 5 punti percentuali, aggiungendo 0,4 punti percentuali all'inflazione dei prezzi al consumo dopo circa un anno".
Dopo un 2023 "resiliente", rallenta la crescita del pil mondiale che dovrebbe diminuire al 2,9% nel 2024 (dopo il 3,1% del 2023) e risalire al 3% nel 2025, sottolinea l'Ocse parlando di "crescita moderata" per quest'anno, dopo aver perso slancio a fine 2023.
"Gli indicatori più recenti segnalano una certa moderazione della crescita, con gli effetti dell'inasprimento delle condizioni finanziarie finanziari più rigidi continuano a manifestarsi nei mercati del credito e dell'edilizia abitativa, mentre il commercio globale rimane debole. Gli attacchi alle navi nel Mar Rosso hanno fatto aumentare notevolmente i costi di spedizione e allungato i tempi di consegna, di consegna, interrompendo i programmi di produzione e aumentando le pressioni sui prezzi", si legge nel documento.
Nel dettaglio delle maggiori economie, la crescita annuale del pil negli Stati Uniti continuerà a essere sostenuta dalla spesa delle famiglie e dalle solide condizioni del mercato del lavoro ma si ridurrà al 2,1% nel 2024 e all'1,7% nel 2025. Il pil della zona euro dovrebbe segnare +0,6% nel 2024 e +1,3% nel 2025. La crescita in Cina rallenta a +4,7% nel 2024 e al 4,2% nel 2025.
Per quanto riguarda l'Italia, l'inflazione dovrebbe scendere all'1,8% nel 2024 per poi risalire al 2,2% nel 2025. Così l'Ocse rivedendo quindi al ribasso la stima diffusa a novembre scorso. L'inflazione al netto dei beni più volatili, come energia e generi alimentari, si attesterebbe a 2,4% nel 2024 e 2,2% nel 2025.
L'Italia dovrebbe poi crescere dello 0,7% nel 2024 e dell'1,2% nel 2025 afferma l'Ocse confermando la stima diffusa lo scorso novembre.