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Manovra, Bonomi: "Su cuneo taglio choc di 5 punti, servono 16 miliardi"

Il presidente di Confindustria avverte: "Mettere tutte le risorse per uscire dalla crisi dell'energia"

(Fotogramma)
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08 novembre 2022 | 13.10
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"Non serve una spending review ma serve coraggio per un taglio 'choc' del cuneo fiscale di almeno 5 punti"; 16 miliardi di euro da dedicare per due terzi ai lavoratori e un terzo alle imprese e mettere così in tasca ai dipendenti 1200 euro aggiuntivi all'anno in maniera strutturale. E per questa "serve coraggio". Così il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, dal palco dell'assemblea di Confindustria Bari e Bat, ritorna sulla necessità di tagliare drasticamente il cuneo fiscale per restituire potere d'acquisto ai lavoratori e alleggerire le imprese.

"Tra gli annunci del governo manca una cosa fondamentale: l'intervento sul taglio del cuneo fiscale. Noi abbiamo un cuneo fiscale troppo alto, il 46,5%, il più alto tra i paesi Ocse e in questo momento c'è una fascia di italiani che sta soffrendo ed è innegabile. Soprattutto quelli sotto i 35 mila euro di reddito. Noi a queste persone, in presenza di una inflazione a doppia cifra, dobbiamo mettere soldi in tasca e lo abbiamo detto: serve un intervento choc da 16 miliardi di cui due terzi a favore dei lavoratori e un terzo a favore delle imprese perché è corretto dare più a loro e vuol dire mettere in busta paga 1200 euro in più, una mensilità in più per tutta la durata lavorativa perché il taglio è strutturale", spiega tra gli applausi.

"E non credo che si possa pensare di utilizzare solo la spending review. Dagli annunci fatti si ipotizzano 4 miliardi in 3 anni. Noi dobbiamo fare invece un intervento choc, un intervento di zero virgola o di pochi punti non serve. Occorre avere il coraggio di fare un intervento di oltre 5 punti di taglio, i famosi 16 miliardi", afferma.

Per Bonomi "non si tratta di essere ottimisti o pessimisti, è che nessuno sa realmente cosa succederà l'anno prossimo e quanto durerà questa crisi e quindi quello che abbiamo chiesto pur comprendendo la legittima aspirazione dei partiti che hanno vinto le elezioni di dare corso alle loro promesse elettorali, in questo momento, avendo meno risorse di prima, è che le risorse vanno messe tutte sull'energia per imprese e famiglie perché va difesa la manifattura che è l'asset che ci ha consentito di uscire dalla crisi".

"Oggi il fattore tempo è determinante. Dobbiamo affrontare con urgenza le emergenze del Paese, quelle vere, non perdersi in discussione su argomenti che sembrano fatti apposta per distrarci dai temi fondamentali Al governo diciamo: fate presto ma soprattutto fate bene. Abbiamo bisogno di interventi tempestivi, mirati, ben scritti e ben spiegati", sottolinea.

Bonomi riflette poi sulla coerenza di alcuni indirizzi strategici. "Noi vogliamo che i 170 miliardi del Pnrr da qui al 2026 vengano spesi bene ma per creare lavoro. Che senso ha però comprare 3 mila bus elettrici se non sappiamo quali aziende italiane producono bus elettrici?Che senso ha parlare di sostenbilità e spendere per bus elettrici per i quali servono materie prime che vengono scavate in Africa sfruttando i bambini. E' quella la sostenibilità che vogliamo?". "Che diciamo poi a quelli che sono fuori, abbiamo speso 170 miliardi e non siamo riusciti a dare lavoro? Poi diventa facile dire che in ballo ci sono oltre 9 mila aziende partecipate statali: oltre 1200 di queste hanno un cda più numeroso del loro numero di dipendenti. Per non dire che un terzo sono in perdita", ironizza.

Tornando sul tema dei Navigator, tornati oggi a presidiare il ministero del Lavoro per chiedere una soluzione strutturale per i circa 1500 occupati a cui è scaduto il contratto a termine, il leader di Confindustria sottolinea che "quando si parla di lavoro la discussione verte su come trovare posti di lavoro ai navigator: ora sono meno di 1.000 perchè nel frattempo sono stati assunti per concorso pubblico. E noi dobbiamo trovare un impiego pubblico a chi era stato assunto per trovare lavoro a chi non lo aveva. Sembra una barzelletta ma è la realtà: un fallimento a spese di imprese e famiglie perché alla fine paghiamo sempre noi con le nostre tasse". "Noi abbiamo un Paese dove si pagano meno tasse sulle rendite finanziarie rispetto a quelle che pagano chi crea lavoro. E invece la migliore distribuzione della ricchezza è creare posti di lavoro e noi chiediamo solo questo: fateci lavorare e fateci creare posti di lavoro" aggiunge alla luce di un dato emblematico: "Nel nostro Paese lavorano solo 23 milioni di italiani, appena il 37% della popolazione".

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