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L'appello del Nobel Michel Mayor: "Non rendiamo inabitabile la nostra Terra"

L'astrofisico svizzero in visita all'Inaf e alla Sapienza avverte: "E' fantascienza averne un'altra simile"

Il premio Nobel per la Fisica Michel Mayor (Foto Unige)
Il premio Nobel per la Fisica Michel Mayor (Foto Unige)
08 settembre 2021 | 13.26
LETTURA: 3 minuti

E' una frase secca e accorata, un appello senza esitazioni quello lanciato oggi a Roma dall'astrofisico svizzero e Nobel per la Fisica 2019 Michel Mayor: "Un conto è la fantascienza ma non è possibile pensare ad un altro pianeta" dove vivere "se la Terra diventa inabitabile" quindi la "conclusione è preservare il più possibile la nostra Terra e non renderla inabitabile". Mayor si é rivolto ad un pubblico attento nel corso di un evento promosso dall'Inaf e sul tema torna anche dall'Aula Magna della Sapienza durante la sua Lectio Magistralis e una tavola rotonda tutta incentrata sulla ricerca di esopianeti e di vita extraterrestre.

La due giorni di Mayor a Roma, organizzata e promossa dal team italiano di Net-Notte Europea dei Ricercatori con il supporto anche di Inaf e Sapienza, sta già sollevando molta attenzione perché il faro del Premio Nobel si accende sugli esopianeti, la scoperta del cosmo oltre il nostro Sistema solare ma anche sulla sfida globale ai cambiamenti climatici. Mayor é stato insignito del Nobel per la fisica per avere annunciato nel 1995 con il collega Didier Queloz la prima scoperta di un esopianeta in orbita attorno a una stella di tipo solare: il pianeta 51 Pegasi b, un oggetto gassoso paragonabile a Giove. La scoperta ha dato il via ad una rivoluzione ancora in corso: la caccia agli esopianeti e nella Via Lattea ne sono stati scoperti oltre 5,000 ma questo non sembra davvero esimerci dal tutelare la Terra dove viviamo. "Oggi sono stati rilevati e caratterizzati più di 5.000 pianeti extrasolari e queste scoperte ci hanno rivelato la sorprendente diversità dei sistemi planetari: molti pianeti simili alla nostra Terra, sì, ma anche pianeti con periodi orbitali di poche ore, pianeti oceanici o pianeti come fornaci di lava" ha chiarito Mayor nel suo intervento all'evento all'Inaf.

"Le missioni spaziali Kepler e Tess -ha sottolineato l'astrofisico svizzero- hanno permesso la scoperta di migliaia di sistemi planetari e quindi la determinazione del loro diametro". Mayor ha ricordato e spiegato che "lo studio della diversità delle strutture degli esopianeti richiede anche la conoscenza della massa di questi pianeti. Lo spettrografo ad altissima sensibilità (Harps) sul telescopio italiano Galileo, installato sull'isola di La Palma nelle Isole Canarie, contribuisce in modo notevole allo studio di pianeti di piccola massa, simili nella struttura a quella della nostra Terra. Una superba collaborazione scientifica internazionale". Per lo scienziato elvetico, inoltre, é ormai solo questione di avanzamento tecnologico per trovare tracce di vita su altri pianeti.

In questo perimetro, il presidente dell'Istituto Nazionale di Astrofisica, Marco Tavani ha rilevato che "stiamo vivendo un’epoca sensazionale per la comprensione del nostro ruolo nell’Universo: in meno di trenta anni siamo passati dalla prima, fugace scoperta di un pianeta al di fuori del nostro Sistema solare alla continua individuazione di nuovi mondi, ormai su base giornaliera". Tavani ha anche lanciato 'una sfida': "Da qui a circa 10 anni" potremmo "avere scoperto un pianeta simile alla Terra, o molti altri" realizzando "un avanzamento enorme della nostra conoscenza". Soddisfazione, infine, é stata espressa dalla rettrice della Sapienza, Antonella Polimeni, "per la partecipazione alla rete istituzionale Scienza Net e per ospitare nell'aula magna della nostra università il Professor Mayor, Premio Nobel per Fisica in un dibattito aperto alla società civile". "La divulgazione delle conoscenze e la restituzione alla società civile dei nuovi saperi è un compito molto rilevante che spetta ai ricercatori ed è uno degli obiettivi che come rettrice dell'Ateneo più grande di Europa mi sta più a cuore" ha osservato Antonella Polimeni. di Andreana d'Aquino

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