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Occupazione femminile: la debolezza dei bonus assunzione e le potenzialità della leva fiscale

Occupazione femminile: la debolezza dei bonus assunzione e le potenzialità della leva fiscale
01 febbraio 2024 | 18.30
LETTURA: 3 minuti

Per lo sviluppo dell’Italia è necessario aumentare il livello dell’occupazione femminile: è questo il monito che arriva anche dall’OCSE. Da anni, in Italia, per aumentare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro si mettono in campo dei bonus assunzione. Ma la ricetta, fino ad ora, non ha dato frutti rilevanti: resta da utilizzare la leva del Fisco

Sarebbe necessario per lo sviluppo del Paese, utile per gli italiani e le italiane senza distinzione di genere, aumentare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro. Il monito arriva dall’OCSE, con gli ultimi studi economici sull’Italia pubblicati il 24 gennaio 2024, ma non è una novità.

Con un divario occupazionale di genere che resta ampio e un primato negativo in Europa, la questione femminile in Italia continua ad essere attuale.

Negli ultimi anni si è puntato molto sui bonus assunzione, ma i risultati desiderati non sono arrivati: perché? Agire sulla decontribuzione per le imprese vuol dire agire sulla domanda di lavoro, dimenticando l’importanza cruciale di un’azione sull’offerta di lavoro, sulla scelta delle donne.

Occupazione femminile: i bonus assunzione portano le donne nel mercato del lavoro?

Dai dati pubblicati dall’INPS a dicembre 2023, su un totale di 9 milioni di assunzioni e variazioni contrattuali relative al 2022 i rapporti incentivati sono oltre 2,2 milioni.

Si tratta di tutti quei casi in cui si applicano dei benefici contributivi previsti dalla normativa, dallo sgravio contributivo per l’apprendistato alla Decontribuzione Sud.

Sono numeri che non stupiscono, ma che non possono passare inosservati. Se è vero che sono lo specchio delle dinamiche occupazionali, è vero anche che i bonus assunzione rappresentano il principale strumento usato negli ultimi anni per favorire l’ingresso delle donne nel mondo del lavoro con risultati che tardano ad arrivare.

“La politica degli sgravi contributivi l’abbiamo adottata in molte occasioni però non è che abbia portato a risultati importanti”, ha ammesso l’economista Elsa Fornero durante un’intervista sul tema rilasciata al giornale online Informazione Fiscale.

Un’ammissione che ha un peso specifico importante: arriva, infatti, dalla stessa persona che ha ricoperto la carica di Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con delega alle pari opportunità, durante il Governo Monti che ha introdotto il bonus assunzione donne regolato dalla Legge numero 92 del 2012 e ancora oggi applicato.

Il limite dei bonus assunzione è rappresentato dal fatto che gli incentivi, seppure utili, garantiscono un vantaggio solo quando un primo risultato è stato già raggiunto: c’è stata una ricerca del lavoro ed è andata a buon fine.

Favorire l’ingresso delle donne nel mondo del lavoro con il Fisco

Gli esoneri contributivi per i datori di lavoro agiscono sulle imprese, invogliandole ad assumere le donne, ma non convincono le donne stesse a cominciare o a riprendere l’attività lavorativa che, al contrario, è frenata da una serie di fattori.

Accanto al peso della gestione dei carichi di cura delle famiglie, che in Italia continua a gravare sulle donne, anche alcuni elementi del sistema di tassazione e agevolazioni previste per le famiglie agiscono come disincentivi all’ingresso del mondo del lavoro.

La conferma arriva sempre dall’OCSE negli Studi economici pubblicati a gennaio 2024: “il sistema fiscale e previdenziale rimangono, in linea di massima, favorevoli alle famiglie monoreddito. Ciò rispecchia in larga misura le prestazioni sociali subordinate al reddito del nucleo familiare e il credito d’imposta del coniuge a carico, che dovrebbero essere gradualmente eliminate”.

Semplificando in maniera estrema, nel contesto italiano l’ingresso delle donne nel mondo del lavoro rischia di avere un costo troppo alto, in termini di perdita nella gestione dei carichi di cura e nell’accesso a determinati benefici. E, da questo punto di vista, non c’è bonus assunzione che tenga.

Dalla necessità di agire non tanto sulla domanda quanto sull’offerta di lavoro femminile nasce l’ipotesi di una gender tax, una tassazione differenziata per genere, o di una tassazione agevolata per il secondo percettore di reddito che, di solito, in Italia è donna.

In estrema sintesi: rendere favorevole il lavoro femminile, sfruttando le potenzialità della leva fiscale, può essere una buona strada per incentivare la partecipazione delle donne e aumentare i livelli occupazionali. Certamente non l’unica: ad esempio, le due vie, quella dei bonus assunzione e quella delle agevolazioni fiscali, possono essere complementari e spingere da due punti diversi nella stessa direzione.

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