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Coronavirus, Cnr: "Si combatte anche con analisi sangue"

Team scienziate Cnr Immunology Network all’Adnkronos: "Possono dire se ci si è già immunizzati"

(Foto Fotogramma)
(Foto Fotogramma)
21 marzo 2020 | 14.41
LETTURA: 6 minuti

di Andreana d’Aquino
Va “benissimo” il tampone che “oggi ci fa sapere se siamo positivi al virus Sars-Cov2, quindi a rischio di contrarre la malattia Covid-19. Il tampone però si rivela un test incompleto perché fotografa una situazione di eventuale positività ma anche una negatività limitata nel tempo, una situazione che può cambiare in poche ore. Per questo abbiamo riflettuto sulla possibilità di ‘intercettare’ e ‘combattere’ tutti insieme questo virus -fin da ora- attraverso analisi del sangue che forniscono informazioni strategiche per gestire la pandemia”. L’indicazione arriva dalla scienziata del Cnr Immunology Network (Cin) Luisa Bracci Laudiero, ricercatrice dell’Istituto di farmacologia traslazionale del Cnr. Intervistata dall’Adnkronos, la scienziata evidenzia così i contenuti di un importante documento pubblicato sul sito del Consiglio Nazionale delle Ricerche insieme alle colleghe del Cin Diana Boraschi, ricercatrice dell’Istituto di biochimica e biologia cellulare del Cnr, e Maria Rosaria Coscia, ricercatrice dell’Istituto di biochimica e biologia cellulare del Cnr.

Analizzare il siero - spiega Bracci Laudiero - non solo ci permette di intercettare i positivi asintomatici ma soprattutto ci può consentire di comprendere se le persone che hanno ‘incontrato’ il virus senza ammalarsi -o con sintomi modesti- si sono addirittura immunizzate sviluppando anticorpi specifici IgG, cioè quegli stessi anticorpi che produciamo dopo un vaccino”. Questa strada, prosegue la ricercatrice, “potrebbe essere percorsa tutti insieme, facendo rete fra medici, scienziati e istituzioni”. “Noi vogliamo ribadire che la strategia #iorestoacasa messa in campo da Governo, Protezione Civile, Istituto Superiore di Sanità e da tutte le istituzioni coinvolte è la migliore e più immediata difesa dalla pandemia. Noi -tiene a sottolineare la scienziata Bracci Laudiero- vogliamo ringraziare i nostri straordinari medici ed infermieri che combattono ‘al fronte’ nelle corsie di tutt’Italia ed i nostri colleghi ricercatori che stanno cercando con passione e competenza nei laboratori nuove ‘armi’ per contrastare il nuovo virus”.

“Con la nostra proposta -afferma Bracci Laudiero- vorremmo provare a dare una mano in questa guerra prospettando una strategia alternativa per gestire l’emergenza del coronavirus, pensiamo anche ai rischi degli operatori sanitari. La strategia che abbiamo ipotizzato è quella di identificare le persone positive al virus ma che non presentano sintomi. Questi asintomatici sembrerebbero, da studi epidemiologici in corso, un numero altissimo. Il rischio diventa quindi una inconsapevole diffusione del virus. Se la strategia #iorestoacasa è ineludibile per ridurre drasticamente il contagio, nella lotta al virus cruciale sarà anche identificare e monitorare la risposta immunitaria degli asintomatici”.

“Attraverso l’analisi del loro sangue, si potrà comprendere se hanno sviluppato una risposta immunitaria completa diventando quindi resistenti. Cioè, potremo capire se nel sangue di queste persone ci possano essere immonoglobuline IgG neutralizzanti, anticorpi specifici per il virus, che proteggerebbero queste persone proprio come se fossero vaccinati qualora rincontrassero nuovamente il virus” argomenta ancora la scienziata sottolineando che “questo scenario potrebbe aiutarci a gestire la fase successiva a #iorestoacasa consentendo quindi a chi risulta immunizzato una maggiore tranquillità nei rapporti sociali, in attesa di un vaccino per tutti”.

Nel documento pubblicato sul sito del Cnr, le tre scienziate - ribadendo che del “coronavirus Sars-CoV-2 si sa ancora poco e, di fatto, acquisiamo le informazioni giorno per giorno” sottolineano che “con il test del tampone attualmente utilizzato si preleva del materiale biologico dal naso e dalla gola che poi viene utilizzato per amplificare le sequenze specifiche del virus se è presente. Il risultato di positività non ci dà, però, nessuna informazione sulla risposta immunitaria della persona analizzata. E’ la fotografia di un momento: un negativo di oggi potrebbe diventare positivo domani. Il tampone è, quindi, utile per avere informazioni immediate, ma non è sufficiente per identificare focolai nascosti, e non ci aiuta a comprendere il fenomeno degli asintomatici che sembra essere responsabile dell’enorme diffusione del virus, ma che potrebbe anche essere la nostra speranza per il futuro di ottenere rapidamente un’immunità di gregge”.

Secondo Bracci Laudiero, Boraschi e Coscia, quindi, “le domande chiave a cui occorre rispondere in tempi brevi sono: Gli asintomatici sviluppano immunoglobuline contro il virus? Hanno attivato delle risposte immunitarie aumentando i livelli di IgM? Ma soprattutto sviluppano memoria immunitaria aumentando le IgG specifiche per il virus?”.

Cercando di semplificare al massimo nel documento che vuole arrivare anche ai ‘non addetti ai lavori’, le tre scienziate evidenziano che “quando il nostro organismo viene a contatto con un virus si attiva una risposta immunitaria complessa, che coinvolge immediatamente le cellule dell’immunità innata (Natural Killer, monociti, granulociti) e poi le cellule dell’immunità adattativa (linfociti T e B) e che consente all’organismo di avere la meglio sull’infezione virale. Durante la risposta adattativa si attivano le cellule B che producono inizialmente, nella fase acuta, anticorpi chiamati IgM che riconoscono il virus e lo neutralizzano inizialmente. La presenza di IgM specifiche per il virus nel sangue indica, quindi, che c'è un’infezione virale iniziale”.

“Le cellule B che producono IgM capaci di riconoscere il virus si differenziano in una fase successiva e iniziano a produrre IgG, anticorpi che riconoscono le proteine virali con elevatissima specificità e neutralizzano il virus. La produzione di IgG - si legge ancora nel documento - dura per molte settimane per poi diminuire ma non sparisce mai del tutto. Rimangono nel nostro organismo delle cellule B ‘della memoria’ che sono in grado, nel caso si venga di nuovo a contatto con il virus, di attivare una risposta immediata proliferando e producendo di nuovo IgG altamente specifiche per il virus da combattere”.

“Creare la memoria immunitaria è il principio alla base dei vaccini. Avere quindi una memoria immunitaria per Sars-CoV-2 consente quindi di essere protetti qualora si rincontri il virus. Avere tante persone intorno che sono resistenti al virus crea ‘ l’immunità di gregge’ per cui il virus non riesce a diffondersi nella popolazione, e così i pochi che non hanno sviluppato una memoria immunitaria non rischiano di incontrarlo e di infettarsi” scrivono Bracci Laudiero, Boraschi e Coscia.

Quindi, aggiungono le tre scienziate nel documento pubblicato sul sito del Cnr,” è di assoluta importanza in questo momento coordinare gli sforzi di medici e ricercatori, e iniziare subito a svolgere analisi sierologiche e studi sulle caratteristiche immunologiche dei pazienti asintomatici, che secondo alcuni studi iniziali rappresentano il 75% dei contagiati e di cui noi non abbiamo traccia non avendo sviluppato sintomi clinici”.

“La raccolta di dati sierologici e immunitari è essenziale -ribadisce il documento- per capire che percentuale della popolazione ha effettivamente sviluppato resistenza al virus, se esiste una resistenza legata all’età, e quali sono le basi immunologiche di tale resistenza”. “Queste informazioni - concludono Bracci Laudiero, Boraschi e Coscia nel loro documento- sono fondamentali per definire le strategie future di contenimento del virus in attesa di avere un vaccino o strumenti farmacologici specifici per contrastarne la diffusione”.

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