Il congresso di Rimini rafforza due leadership che hanno scelto di riconoscersi e ascoltarsi
Il padrone di casa e l'ospite. E un invito, accettato, che fa la differenza. Da una parte e dall'altra. Maurizio Landini e Giorgia Meloni, il segretario del principale sindacato italiano tradizionalmente ancorato a sinistra, la Cgil, e il premier di un governo espressione della destra, hanno scommesso sul confronto. Nonostante i rischi e nonostante i dubbi che hanno attraversato la lunga vigilia. E possono, tutti e due, rivendicare di aver vinto la scommessa. Perché il congresso di Rimini sarà ricordato soprattutto per lo scambio pubblico, senza sconti, andato in scena di fronte a una platea che nella sua maggioranza ha scelto di ascoltare, di legittimare la scelta fatta, pure nella distanza delle posizioni che c'è e che resta.
Quelle di Landini e Meloni sono state due scelte coraggiose.
Il leader della Cgil ha ritenuto prioritario ridare centralità alla scena sindacale, misurandosi all'interno con una minoranza che ha scelto la sua contestazione, i posti lasciati ai peluche sulle note di Bella Ciao. Non era scontato che andasse così, il dissenso poteva essere difficile da gestire, una contestazione massiccia e clamorosa avrebbe potuto aprire una frattura difficile da sanare. Le parole che ha utilizzato Maurizio Landini per rompere la tensione dopo l'ingresso di Meloni spiegano quale fosse la posta in gioco. "Abbiamo scelto tutti insieme di fare un congresso aperto per parlare con tutti perché dobbiamo fare i conti con il Paese come è, praticando la parola d’ordine di questo congresso: imparare ad ascoltare anche chi ha idee diverse dalle nostre perché saper ascoltare è la condizione di poter chiedere il diritto di poter essere ascoltati". E spiegano anche qual è il risultato ottenuto. "La scelta del premier Meloni alla nostra proposta la vivo come un segno di rispetto e di riconoscimento, perché noi vogliamo essere protagonisti".
Giorgia Meloni ha accettato l'invito e ha scelto di confrontarsi, 'fuori casa', con una platea che avrebbe potuto riservarle un'accoglienza pessima. "Non so cosa aspettarmi ma mi sembra giusto esserci", ha detto arrivando, "sono soddisfatta, io non ho mai paura di confrontarmi, penso che sia una cosa giusta e che fosse doveroso esserci", ha detto al termine. In mezzo, tutte le cose che il governo ha fatto e che vuole fare. Spiegate senza arretrare, senza compromessi, senza concessioni di cortesia.
Poche di queste cose piacciono alla Cgil, e su molte ci sarà battaglia, ma dal Congresso di Rimini escono più forti tutte e due le leadership. Quella di Landini, che vuole rimettere la Cgil e il sindacato dove non sta più da tempo, al centro della scena. E quella di Meloni, che rivendica il suo ruolo, quello di fare scelte e di governare, riconoscendo valore e dignità al confronto. (di Fabio Insenga)