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E' scontro aperto sul lavoro, Renzi attacca i sindacati: "Dove eravate in questi anni?"

La leader Cgil: "Il premier vuole il modello Thatcher". E non esclude lo sciopero. Bersani: "Sarà battaglia al Senato". La Fiom anticipa manifestazione al 18 ottobre. Delrio: "No a ultimatum". Ichino: "Riforma va fatta anche senza sindacati". Grasso: "Comunque il Parlamento resta sovrano". Dalla Commissione via libera alla delega. Ma su jobs act il Pd è spaccato

E' scontro aperto sul lavoro, Renzi attacca i sindacati:
19 settembre 2014 | 15.32
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E' scontro tra governo e sindacati sulla riforma del mercato del lavoro. Dopo una nuova giornata di polemiche, il premier Matteo Renzi va al contrattacco. E, in un video pubblicato sui suoi social network, dice: "A quei sindacati che vogliono contestarci non chiediamo di darci il tempo di presentare le proposte, ma chiedo dove eravate in questi anni in cui si è prodotta la più grande ingiustizia tra chi ha lavoro e chi non ha lavoro, tra chi ne ha uno precario e uno stabile, tra chi non può pensare a costruirsi un progetto di vita?".

"Noi non pensiamo a Margaret Thatcher ma a quelli cui non ha pensato nessuno in questi anni", precisa Renzi con riferimento alle parole di Susanna Camusso e a tutti quelli "condannati ad un precariato cui il sindacato ha contribuito preoccupandosi solo dei diritti di alcuni e non dei diritti di tutti".

Prima da Milano l'attacco di Susanna Camusso, segretario generale della Cgil. "Il nostro presidente del consiglio credo che abbia un po' troppo in mente il modello della Thatcher. Mi pare -spiega Camusso- che il premier abbia un'idea che è quella delle politiche liberiste estreme" secondo le quali "la riduzione delle condizioni dei lavoratori sia lo strumento che permette di competere e non, invece, un'idea assolutamente fondamentale che è quella di creare lavoro di qualità, di procedere all'innovazione, spingere in ricerca".

Secondo il segretario generale della Cgil, il ricordo della Lady di Ferro è "nel rovesciamento dei fattori" tipico della "stagione del liberismo le cui conseguenza l'Europa le paga tuttora". Camusso aggiunge che "le politiche della austerità e del rigore non ha risolto la crisi in nessun paese".

Camusso poi fa osservare che nel Jobs Act vede una "continuità" con le politiche del governo di Silvio Berlusconi. Una continuità "lunga nel tempo" quella "di immaginare che la destrutturazione delle forme di assunzione contrattuale sia un elemento che permette competitività nel mercato del lavoro". A chi le chiede se non si senta una conservatrice, Camusso dice che "non stiamo difendendo noi stessi, ma la dignità di chi lavora".

Camusso afferma, inoltre, che non è in programma un incontro tra i sindacati e il governo. E a proposito dello sciopero generale, rispondendo a una domanda, sostiene che "è una delle forme di mobilitazione possibili del sindacato" non escludendo quindi la possibilità di uno sciopero dei lavoratori.

Sul Jobs Act i malumori nel Pd continuano a farsi sentire. E dopo la presa di posizione di ieri, l'ex segretario Pierluigi Bersani interviene di nuovo sottolineando che la sinistra Pd si prepara a dare battaglia al Senato. "Saranno presentati molti emendamenti - precisa in un'intervista a radio Montecarlo- non solo sull'obbligo di reintegro in caso di licenziamento ingiusto: l'importante è che il governo precisi le sue intenzioni, perché se l'interpretazione è quella sentita da Sacconi e altri, allora non ci siamo proprio. Andiamo a aggiungere alle norme che danno solo precarietà ulteriore precarietà, andiamo a frantumare i diritti, non solo l'articolo 18 e allora sarà battaglia''.

Ci va duro Nichi Vendola (Sel) definendo il Jobs Act "una porcheria di estrema destra e punta alla precarizzazione generale. I lavoratori vanno invece tutelati".

In serata a calmare gli animi arriva il presidente del Senato Piero Grasso che commentando l'eventualità manifestata dal presidente del Consiglio, Matteo Renzi, di procedere con un decreto legge ricorda che "comunque il Parlamento rimane sovrano". "Sarà il Parlamento - dice Grasso - a decidere sulla legge delega. La prossima settimana sarà all'esame del Senato e in quella fase si cercheranno di risolvere tutti i problemi. Il problema dell'articolo 18 mi sembra che per il momento si sia risolto accantonandolo, nel senso che la legge delega risolverà qualcosa".

Intanto però la Fiom-Cgil, alla luce dei provvedimenti assunti dal governo, anticipa al 18 ottobre la manifestazione a Roma. A breve saranno decise le modalità della manifestazione. "È il momento di mobilitarsi, un lavoro senza diritti è un ritorno all'800", afferma la segreteria nazionale della Fiom ricordando che "se i provvedimenti dell'Esecutivo diventeranno legge, si renderanno possibili i licenziamenti per giusta causa, il demansionamento dei lavoratori e il loro controllo a distanza".

A difesa del governo interviene il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Graziano Delrio: "Le discussioni aiutano tutti a migliorarsi l'importante è che non ci siano ultimatum o posizioni ideologiche e che l'intenzione sia quella di creare posti di lavoro e di farlo con ricette moderne perché quelle utilizzate finora non hanno funzionato". Quindi "il governo è determinatissimo", perché "il Paese non può vivere di promesse ma di fatti".

A giudizio del senatore giuslavorista Pietro Ichino "bisogna fare la riforma del lavoro anche senza i sindacati, se i sindacati non capiscono l'importanza".

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