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Virus Cina, "non entrate nei loro negozi": psicosi viaggia in chat mamme

Messaggio fotocopia 'contagia' diversi gruppi Whatsapp

(Foto Fotogramma)
(Foto Fotogramma)
29 gennaio 2020 | 16.02
LETTURA: 5 minuti

di Lucia Scopelliti
Dal quartiere Sarpi - cuore della Chinatown di Milano - ai Navigli, dall'Isola al centro. Nel capoluogo lombardo, un messaggio fotocopia rimbalza di chat in chat. E, con tanto di errore lessicale, viene spacciato per un "consiglio medico sanitario". "Non andate nei negozi cinesi, finché questo virus non sarà circoscritto e sconfinato", si legge. Il nuovo coronavirus partito da Wuhan, megalopoli del gigante asiatico, in effetti non ha ancora "sconfinato" in Italia, ma la psicosi viaggia ugualmente online nei gruppi Whatsapp delle mamme di studenti che frequentano le scuole cittadine, da nidi e materne fino alle primarie.

Si tratta di una delle tante 'catene di Sant'Antonio' che si diffondono in maniera più 'virale' dei microbi stessi, complice qualche utente che ne perpetra l'inoltro collettivo con la motivazione di voler semplicemente "informare". Incuranti, però, dell'effetto che questo potrebbe avere sulle famiglie e i ragazzi cinesi che abitano nella multietnica metropoli. "Ma stiamo scherzando, siamo diventati i nuovi ebrei da ghettizzare - scrive una mamma originaria di Wencheng e trapiantata a Milano, commentando gli screenshot di una chat pubblicati da un'altra mamma indignata sulla pagina Facebook della social street Paolo Sarpi - Meno male che l'altroieri era il Giorno della memoria, la storia non insegna niente? C'è modo di risalire alla persona che fa girare questi messaggi e andare a fare una bella denuncia?".

La sua preoccupazione sui messaggi offensivi non è infondata. Dietro la tastiera rischiano di volare parole grosse. "Intanto i virus il più delle volte chissà perché arrivano sempre da lì!! - scrive una donna su Facebook - A casa mia si dice prevenire è meglio che curare!! E comunque sta di fatto che molti cinesi sono sporchi!!". Il dibattito fa presto a infuocarsi. "Che mi prendano pure x xenofoba, non me ne frega niente di quello che pensano loro!! - aggiunge l'utente senza freni - Ognuno è libero di pensarla come vuole e se a qualcuno dà fastidio il mio pensiero o commento se ne può andare a fan..."

Nelle chat, va precisato, le reazioni delle altre mamme sono in realtà di indignazione nella maggioranza dei casi. Ma il seme della paura trova anche terreno fertile: "Nessuno vuole creare panico, ma ricordiamoci che con la globalizzazione la Cina non è così lontana. Molti cinesi sono stati in quella località e l'incubazione è lunga. Quindi un po' di precauzione è d'obbligo", scrive un utente. "A quando vieteremo ai bimbi asiatici di frequentare la scuola come precauzione d'obbligo per via della globalizzazione?", è la replica esasperata di una ragazza. Il tema è caldo e i commenti si sprecano.

Nel 'messaggio clone' che è stato messo in circolazione si prova anche a dare una giustificazione al suggerimento di tenersi alla larga dai negozi cinesi: "Molte persone e commercianti cinesi che lavorano in Italia - scrive l'autore sconosciuto - hanno contatti continui con la catena di distribuzione nei loro ingrossi, dove tanti imprenditori cinesi vengono o sono passati per Wuhan per ovvi motivi di business nell'ultimo periodo. Speranzosi di non essere discriminatori, ma bensì d'ausilio alla popolazione, lanciamo questo appello solo a scopo protettivo della salute nazionale, non per fini commerciali. Grazie. Fate girare se siete d'accordo". A questo punto non manca chi si chiede "cosa si nasconde dietro questo boicottaggio". Ma c'è pure chi fa notare che "minimizzare il problema è idiota quanto estremizzarlo". O ancora: "La diffusione diretta in Europa da persona a persona è già in atto, vedi in Germania. Dunque cosa?", scrive qualcuno. "Almeno i virus non sono razzisti", è la replica stizzita. E c'è chi obietta: "Mi sembra che nessun italiano al momento come prevenzione si mette la mascherina, cosa invece molti cinesi fanno... chi è più cauto?".

Altra chat, stessa atmosfera. Una mamma inoltra il fatidico messaggio 'avvertenza' puntualizzando che è "solo informativo" e si accende il dibattito. In molte però rispondono chiedendo di fermare la catena della disinformazione e postando fonti ufficiali come l'Istituto superiore di sanità e le dichiarazioni di esperti. Fra le più citate quelle del virologo Roberto Burioni, molto seguito sui 'social'. L'appello a non dar credito a "messaggi che alimentano fobie" viene rinnovato in maniera insistente. Perché, sebbene le parole viaggino nel mondo digitale, il problema poi diventa reale, si diffonde fra le persone in carne e ossa. E lo spiega con parole semplici e dirette una mamma: "Mio nipote è cinese e il pensiero che qualcuno potrebbe discriminarlo per questo mi fa stare davvero male. Messaggi come questi che girano alimentano queste fobie". "State attenti - avverte infine un utente commentando stavolta su Facebook la catena di Sant'Antonio - perché chi ha mandato quel messaggio è portatore di un virus contagiosissimo: l'ignoranza".

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