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Reggio Calabria, abusi sessuali su una 13enne a scuola: misura cautelare per bidello 65enne

L'audio registrato dalla ragazzina: "Non dire niente, che m’attaccanu"

Aggressione  - Fotogramma
Aggressione - Fotogramma
11 maggio 2024 | 08.42
LETTURA: 2 minuti

Una misura cautelare nei confronti di un 65enne, collaboratore scolastico di una scuola media di Taurianova, Reggio Calabria, è stata eseguita dai carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria, perché indagato con la grave accusa di violenza sessuale aggravata su minorenne. I fatti risalgono al 2023, quando la vittima, una studentessa all’epoca tredicenne, frequentava l’ultimo anno di scuola media nel plesso scolastico in cui fa servizio l’indagato che, nel corso delle attività pomeridiane, aveva dapprima iniziato a rivolgerle apprezzamenti non graditi, per poi iniziare a seguirla negli spostamenti lungo i corridoi. Dopo mesi di queste molestie, l’uomo aveva approfittato di un momento di pausa dalle lezioni, per seguire la ragazzina all’interno dei bagni, bloccarne ogni via di fuga e palpeggiarla nelle parti intime.

A dare il via alle investigazioni dei carabinieri è stata la stessa studentessa che, profondamente turbata, aveva confessato gli abusi di cui era stata vittima ai propri genitori e alle amiche più strette. Con il loro conforto, si era presentata alla stazione dei carabinieri di Taurianova, per riferire tutto. Immediata l’attivazione del Codice Rosso, la misura legislativa introdotta per garantire tempestività nella reazione delle forze dell’ordine e della magistratura davanti a reati di genere, come maltrattamenti in famiglia, stalking e violenza sessuale.

A incidere sulle valutazioni effettuate dal Gip di Palmi, Anna Laura Ascioti, è stato, tra le altre cose, il riscontro dato alle dichiarazioni della vittima da una registrazione audio che quest’ultima aveva fatto partire con il proprio cellulare, una volta accortasi di non essere in grado di sfuggire al proprio aggressore. La traccia vocale, che ripercorre quei terribili minuti, si conclude solo una volta che l’indagato la lascia da sola nei bagni, dopo averle intimato di serbare il silenzio sull’accaduto: “Non dire niente, mi raccomando, ca m’attaccanu”: non dire niente, mi raccomando, o mi arrestano.

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