"Sentenze non lasciano spazio a perplessità"
La responsabilità penale di Rosa Bazzi e di Olindo Romano, condannati all'ergastolo per la strage di Erba, "è stata affermata nei tre gradi di giudizio previsti dal codice di procedura penale". I giudici "hanno espresso valutazioni ampiamente positive delle prove raccolte dalla pubblica accusa e hanno accolto integralmente nei tre gradi di giudizio le richieste dei rappresentanti dell'ufficio del pubblico ministero". Inizia così il comunicato del procuratore capo facente funzioni di Como Massimo Astori che proprio del processo di primo grado fu rappresentante dell'accusa.
Un lungo comunicato, ben cinque pagine, in cui replica a distanza all'istanza di revisione avanzata dal sostituto procuratore della procura generale di Milano Cuno Tarfusser e alla difesa dei coniugi Romano pronta a inoltrare alla corte d'appello di Brescia (probabilmente la prossima settimane) la propria richiesta di revisione per tentare di riaprire il processo sulla strage dell'11 dicembre 2006.
"La lettura delle corpose e approfondite sentenze che hanno motivato la condanna all'ergastolo di entrambi gli imputati, atto imprescindibile e doveroso per chiunque intenda formulare pubblicamente osservazioni, non lascia spazio a perplessità" afferma il procuratore capo facente funzioni di Como Massimo Astori. Parole scritte in un comunicato per "puntualizzare" quanto messo nero su bianco nella richiesta di revisione del processo, firmata dal sostituto procuratore della procura generale di Milano Cuno Tarfusser. Il documento è ora sul tavolo della procuratrice generale Francesca Nanni che deve decidere se trasmetterla a Brescia.
"Non stupisce che le difese intendano legittimamente riproporre nuove iniziative giudiziarie, ne ovviamente che gli organi di informazione svolgano il loro prezioso servizio", né stupisce "che ci si annuncino nuove prove difensive, in realtà riletture di materiale già ampiamente analizzato e prive di qualsivoglia elemento di novità" scrive il procuratore capo.
La procura di Como in questi 16 anni, dalla strage di Erba dell'11 dicembre 2006, "si è consegnata a un doveroso quanto rigoroso silenzio, guidata dal rispetto della legge, delle parti processuali e degli stessi condannati. La Procura auspica che altrettanto rispetto sia adottato, nelle forme e nei contenuti, da tutti coloro che si accostano a questa drammatica vicenda, al cui fondo rimane li profondo dolore di chi ne è stato colpito". La procura di Como "tutelerà, comunque, nelle sedi e con le forme opportune, l'immagine dell'Ufficio, a difesa dei singoli magistrati e della loro correttezza professionale" e lo fa, pubblicando sul sito della procura lariana, le sentenze di condanna della Corte d'Assise di Como 26 novembre 2008, della Corte d'Assise d'Appello di Milano 20 aprile 2010 e della Corte di Cassazione del 3 maggio 2011.
"Nel corso delle tre fasi di giudizio, svolte nel pieno rispetto delle garanzie processuali e con la costante partecipazione della difesa, i giudici hanno più volte affermato la correttezza dell'operato del pubblico ministero e dell'arma dei carabinieri, che, nella fase delle indagini preliminari, hanno raccolto prove materiali, documentali, dichiarative, scientifiche e logiche incontestabili (non certo le sole confessioni); l'irrilevanza delle argomentazioni di segno opposto".
"Le confessioni della strage sono state dettagliate sino alla descrizione di ogni minimo e più atroce particolare, accompagnate da 'ulteriori e decisive prove emerse... ognuna delle quali, anche da sola, avrebbe potuto condurre ad un giudizio di piena responsabilità degli imputati", come riporta la sentenza di primo grado della corte d'Assise di Como, "spontanee, coerenti, e non indotte da suggerimenti od altro, ritrattate senza alcuna ragione o prova convincente, se non una scelta difensiva diversa", non certo frutto di pressioni (ipotesi che 'ha trovato secca smentita in pubblico dibattimento', corte d'Assise di Como)". "Le confessioni agli inquirenti sono state inoltre seguite, nei mesi successivi, da ulteriori dichiarazioni confessorie a più interlocutori e persino da appunti manoscritti contenenti chiare ammissioni vergati da Olindo Romano" e datati 4 aprile 2007, 5 maggio 2007, 12 giugno 2007, 23 agosto 2007, 4 settembre 2007, 6 ottobre 2007 (più altri quattro senza data) e da una lettera. Scritti "minuziosamente analizzati" in primo e in secondo grado.
"La ritrattazione è stata il frutto di un cambio di strategia processuale. Non si è trattato di 'una decisione dovuta ad un ripensamento complessivo, ma ad un completo cambio di strategia, sembra - questo sì - indotto da altri" scrive il procuratore di Como, citando la sentenza della Corte d'Appello di Milano e ricorsa che "lo stesso Olindo Romano aveva scritto 'gli avvocati vogliono rispondere anche loro con la carta stampata, troveranno penso un giornale che abbracci la nostra causa ma hanno chiesto se voglio scrivere qualche pezzo anch'io che poi verrà pubblicato - seminare dubbi incertezza caos nella stampa che ci è contro e agli imbecilli colpevolisti'".
Il procuratore capo di Como, che in primo grado rappresentò in aula l'accusa contro i coniugi Romano, sottolinea come i processi si siano svolti "nel pieno rispetto delle garanzie processuali e con la costante partecipazione delle difesa", e come nella fase dibattimentale, "le istanze di rimessione ad altro giudice e di ricusazione coltivate dalle difese, dirette a mettere in dubbio l'imparzialità e la serenità di giudizio della corte d'Assise di Como, sono state ugualmente respinte dalla settima sezione della Corte di Cassazione" con due distinte pronunce del 16 luglio 2008 e del 30 settembre 2008.
Anche dopo che le condanne all'ergastolo sono divenute definitive, i giudici competenti, chiamati più volte ad esprimersi, "hanno nuovamente - sottolineato l'assenza di alterazioni della genuinità delle fonti di prova, certificato la trasparenza dell'attività di raccolta del materiale probatorio (in particolare delle confessioni, delle dichiarazioni di una parte offesa, delle tracce biologiche), riconosciuto, infine, la corretta acquisizione degli elementi d'accusa". Dal 2015, ai tre gradi di giudizio ordinario e ai due giudizi incidentali ricordati, "sono seguite numerose altre pronunce giurisdizionali su corpose istanze difensive tendenti ad ottenere nuove indagini e un giudizio di revisione. Tali istanze sono state ritenute prive di qualsiasi novità e di attitudini probatorie significative, semplicemente esplorative e inammissibili e quindi integralmente rigettate dai giudici".
Agli interventi giurisdizionali si sono aggiunti, nel 2020, accertamenti ispettivi ministeriali presso gli uffici di Procura Como, "in seguito ad ulteriori segnalazioni di asserite irregolarità nelle operazioni di intercettazioni ambientali effettuate nel corso delle indagini. L'Ispettorato ha acquisito l'intero fascicolo processuale ed effettuato approfondimenti anche di natura tecnica senza formulare alcun rilievo". Ancora, va sottolineato che la difesa, "la quale ha assistito i due imputati per tutta la cruciale fase delle indagini preliminari ed ha ripetutamente incontrato i propri assistiti, non ha mai avanzato, in tale fase, doglianze sulle modalità delle stesse e in particolare degli interrogatori e della condotta tenuta da tutto il personale coinvolto (magistrati, operatori di polizia giudiziaria, polizia penitenziaria)" conclude il procuratore Astori.