Mondo della scuola 'sul piede di guerra', la protesta in tutta Italia per cambiare la legge di bilancio e investire nell'istruzione. E aderiscono anche gli studenti
Dalla Manovra al rinnovo contrattuale, dal dimensionamento all'Autonomia differenziata, passando per la questione del precariato. Il mondo della scuola è 'sul piede di guerra' e il prossimo 17 novembre sarà nelle piazze di tutta Italia per cambiare la legge di bilancio e investire in scuola, università, ricerca, Afam e formazione professionale. Al centro della protesta, cui hanno aderito anche gli studenti, la manovra. Ma Flc Cgil e Uil hanno una specifica piattaforma di rivendicazione da cui emergono forti richieste per il settore scolastico. Tra le principali, l’urgente necessità di investimenti per il rinnovo del Contratto 2022/2024. L’insoddisfazione per la recente Legge di bilancio è palpabile, con richieste di risorse adeguate per tutto il personale e una soluzione definitiva al problema del precariato nell’istruzione e ricerca. Inoltre, si contrappongono fermamente all’autonomia differenziata prevista dal DDL Calderoli, ritenendo che essa minacci l’essenza del sistema scolastico pubblico.
Tra le principali rivendicazioni, sottolinea all'Adnkronos la segretaria generale della Flc Cgil, Gianna Fracassi, "al primo punto sicuramente gli investimenti per il rinnovo del Contratto 2022/2024. Il ministro - evidenzia - ha detto più e più volte di voler valorizzare il personale della scuola, il personale in generale della conoscenza. Questo governo ci insiste molto, poi quando arriviamo al dunque ci troviamo con delle risorse assolutamente insufficienti. Il testo della legge è quanto di più lontano dalle immediate necessità delle lavoratrici e dei lavoratori dei nostri settori, che avrebbero come prima esigenza quella di vedersi ristorare gli stipendi erosi da un’inflazione brutale. Purtroppo, gli stanziamenti dei fondi previsti per il rinnovo del Ccnl Istruzione e Ricerca sono del tutto inadeguati e nonostante l’inflazione cumulata in un triennio arriverà al 18%, gli aumenti salariali a fine triennio contrattuale si attesteranno al 5,80%".
"Tra l'altro - aggiunge - stiamo parlando di stipendi tra i più bassi, non solo rispetto all'Europa, ma in generale rispetto al pubblico impiego. Quindi, è una presa in giro. Anche perché, com è noto, danno una specie di elargizione a natale, evidentemente per tenere buone le persone ma poi alla fine, come diceva Totò: 'è la somma che fa il totale', sempre quelle sono le risorse, che tu me le dia tutte insieme o mese per mese sempre quello è. Non solo - denuncia Fracassi - è un contratto che sostanzialmente scadrà il prossimo anno, anzi è già scaduto quindi rischia di scadere anche il secondo triennio senza che si sia nemmeno aperta una trattativa ma, soprattutto, senza che ci siano le risorse per riaprirla".
Altra questione il precariato, una questione che sembra non avere soluzioni. "Il ministro - spiega Fracassi - ha fatto una polemica dicendo che noi sparavamo numeri non coerenti con la realtà. Purtroppo per il ministro - sottolinea - i 200mila precari di cui parlavamo erano una stima per difetto. In realtà, infatti, anche quest'anno scolastico si è aperto con un numero più alto dei 200mila che avevamo stimati quest'estate. Un sistema come quello dell'istruzione che ha un lavoratore precario su 5 - evidenzia la leader della Flc Cgil - è un sistema che non può stare in piedi tanto più se pensiamo che la metà circa di questi incarichi riguarda il sostegno a bambini con disabilità. Quindi il tema precariato su cui non si accenna nulla se non per i concorsi, che non ha deciso però Valditara, ma vengono sia da coperture economiche che da decisioni precedenti, il tema c'è tutto anche perché stiamo discutendo in buona parte di posti che non sono stabilizzati".
Tra le richieste che i sindacati di categoria porteranno in piazza anche il blocco di tutte le iniziative legislative finalizzate ad una privatizzazione di pezzi del sistema pubblico di Istruzione e ricerca, a partire dalla riforma della filiera tecnica e professionale, e dalle proposte di piena parificazione del sistema pubblico e statale al sistema privato, sulla base di una malintesa libertà di scelta delle famiglie.
Ultimo punto, ma non per ordine di importanza, "rivendichiamo lo stralcio dell’istruzione e della ricerca dalle 23 materie regionalizzabili previste dal DDL Calderoli sull’autonomia differenziata, un progetto contro cui da tempo ci battiamo, consapevoli che distruggerebbe il sistema pubblico di istruzione così come lo conosciamo. Stiamo parlando - rimarca Fracassi - di un diritto fondamentale come quello all'istruzione, che dovrebbe avere in se un elemento di coesione nazionale. Invece qui si fa un operazione diversa, praticamente si crea una situazione per cui le regioni scelgono e decidono. Se scegliessero, come faranno, di chiedere la devoluzione del sistema istruzione - evidenzia - ci potremmo trovare con un sistema diverso da regione a regione e stiamo parlando delle norme generali dell'istruzione non di pezzi e stiamo anche parlando del rapporto di dipendenza del personale. Penso sia un errore gravissimo proprio per quello che riguarda l'idea di Paese".
"Lo sciopero del 17 - conclude Fracassi - è un primo passo all'interno di una mobilitazione confederale della Cgil e della Uil con temi abbastanza chiari. Sicuramente per noi è un primo passo importante ma non ci fermeremo perchè se l'obiettivo è quello di destrutturare il sistema pubblico di istruzione la Cgil da questo punto di vista si mette di traverso". Fa quindi eco il segretario generale della Uil Scuola, Giuseppe D’Aprile: "una scuola migliore è solo l'inizio di un Paese migliore". Questo sciopero, sottolinea D'Aprile all'Adnkronos, "è un richiamo al Governo affinché ascolti le preoccupazioni dei lavoratori della scuola e affronti le sfide nazionali che coinvolgono tutti i cittadini italiani.Le rivendicazioni sono diverse: vogliamo una scuola migliore, con più risorse e con stipendi adeguati alla professionalità che ogni giorno tutti i lavoratori del sistema nazionale di istruzione mettono nel loro lavoro".
"Questa protesta – aggiunge D’Aprile - va oltre le richieste legate all’istruzione e coinvolge una serie di temi nazionali che riguardano tutti i cittadini italiani, compreso il personale della scuola. I lavoratori della scuola sono prima di tutto cittadini, con le stesse preoccupazioni che affliggono il resto del Paese: sanità, fiscalità, previdenza, sicurezza sul lavoro. Nonostante le promesse di migliorare la situazione del lavoro e combattere la precarietà - evidenzia - le politiche attuali non sboccano quella che per la scuola è da anni una vera emergenza: sono oltre 200 mila i contratti di lavoro precari".
"Il personale della scuola rivendica la garanzia di una scuola ben finanziata – sottolinea il Segretario della Uil Scuola - capace di affrontare sfide come il superamento delle attuali ipotesi di dimensionamento, la sicurezza, gli organici, la riforma degli ordinamenti. Abbiamo ribadito più volte la necessità di sfilare la scuola dal patto di stabilità. La proposta è arrivata in Europa, sul tavolo dei ministri dell’istruzione a Saragozza. Ora è il tempo di decidere in Italia – ammonisce D’Aprile – è questione di volontà politica. Serve uno Stato centrale determinato".
(di Stefania Quaglio)