Una traccia, tra la finestra del quarto e del terzo piano, sulla quale non sono stati svolti approfondimenti ma che, se risultasse compatibile con la scarpa di David Rossi, potrebbe mettere in dubbio la tesi del suicidio dal terzo piano di Palazzo Salimbeni. E' quanto rivela all'Adnkronos l'avvocato Carmelo Miceli, legale della moglie di Rossi, Antonella Tognazzi, e della figlia di lei Carolina Orlandi, facendo riferimento a un particolare contenuto nella consulenza del Ris nell’ambito della seconda inchiesta sulla morte dell'ex capo della Comunicazione di Mps.
All'indomani dell'audizione di Nicola Marini, la sera della morte pm di turno, davanti alla Commissione di inchiesta sulla morte di David Rossi, l'avvocato osserva: "Perché Marini valorizza la comparazione merceologica che è stata fatta su tutte le tracce rinvenute sotto la finestra del terzo piano e invece dimentica di dire che c'è una traccia analoga che è stata rinvenuta sopra la finestra del terzo piano, esattamente tra la finestra del quarto e del terzo piano, e dimentica di dire che su questa traccia non è stata fatta nessuna indagine merceologica comparativa?". "Forse perché questa traccia, ove dovesse dare una comparazione positiva, smonterebbe la teoria del suicidio dal terzo piano?", continua l'avvocato riferendosi a una traccia rilevata "nella consulenza Zavattaro nell’ambito della seconda inchiesta" sulla morte dell'ex manager.
"E' incomprensibile - ribadisce il legale - che Marini nulla dica su quella traccia ritrovata tra la finestra del quarto e del terzo piano, la cui natura era all'evidenza simile a quelle mandate in comparazione ma della cui comparazione merceologica non c'è traccia agli atti di indagine". "La sensazione è che Marini valorizzi tutto ciò che può portare ad accreditare la tesi del suicidio e dimentichi quello che invece tale teoria potrebbe demolirla", prosegue.
L'avvocato risponde anche alle affermazioni fatte ieri dal pm su file trovati nel pc di Rossi. "Il pm Marini, in modo incomprensibile, fa una sostanziale equiparazione tra il rinvenimento di file e la presunta esecuzione di ricerche da parte di Rossi, sul suo pc, con la parola 'suicidi' - sottolinea - Infatti stamattina ho letto su tutti i giornali che si è accreditata la tesi che avrebbe addirittura fatto 35 ricerche sul suo pc con la parola 'suicidio'. La circostanza che il ritrovamento di file in un pc con quella parola possa essere identificata per ricerca è falsa e destituita di ogni fondamento".
"Quello che è vero è che furono rinvenuti 35 file, di cui 23 email, nel complesso della vita del pc di Rossi, che facevano riferimento alla parola suicidio, ma in nessuno di questi documenti è mai stato dimostrato che abbia cercato la parola suicidio. Quello che mi colpisce è che Marini riporti o acconsenta a una simile ricostruzione sulla quale, secondo gli atti che Genova rinvia a Siena, avrebbe dovuto fare ulteriori indagini - osserva Miceli - La stessa polizia postale, infatti, circostanza incomprensibilmente omessa da Marini, sollecita l'assoluta necessità di compiere ulteriori approfondimenti anche in relazione alle attività effettivamente compiute attraverso quel pc e memorizzate sull'hard disk. E' incomprensibile che la postale e la procura di Genova abbiano chiesto ulteriori indagini e non solo questi atti non sono mai stati compiuti, ma viene addirittura data una lettura finalizzata a valorizzare ancora di più la tesi del suicidio".
Un altro tema toccato nel corso dell'audizione è l'uomo che nel filmato di quella sera si vede affacciarsi nel vicolo. "Mi è apparsa assurda, incomprensibile, irrituale e non conforme al codice di procedura penale la motivazione che Marini ha offerto alla Commissione di inchiesta sulla mancata iscrizione nel registro degli indagati della persona che entra nel vicolo e guarda verso il corpo di David Rossi", osserva l'avvocato Miceli.
Allo stesso modo, secondo l'avvocato, "è assolutamente incomprensibile e irrituale il modo in cui Marini scarica sulla polizia giudiziaria la responsabilità per il mancato compimento di determinati atti di indagini, uno tra tutti, la mancata acquisizione delle celle telefoniche". L'atteggiamento del pm, secondo l'avvocato della moglie e della figlia di lei, mostra in sintesi "una mancanza serenità di giudizio e la mancanza di quella terzietà che dovrebbe avere il capo di una procura a cui dovrebbe essere indirizzata l'istanza di riapertura delle indagini: a nostro avviso, dunque, le dichiarazioni di Marini dimostrano, ancora una volta, l'incompatibilità ambientale di quella procura a trattare una eventuale istanza di riapertura delle indagini".