Intervista ad Antonio Montani che invita a investire in prevenzione e a non demonizzare la montagna dove il 97% degli incidenti avviene sui sentieri
Rivedere le regole, investire in prevenzione, ma soprattutto non demonizzare la montagna dove il rischio zero non esiste. Antonio Montani, presidente nazionale del Cai, è venuto a guardare con i suoi occhi la valanga di ghiaccio, detriti e rocce che domenica 3 luglio ha travolto almeno dieci alpinisti sulla Marmolada. "Una tragedia che sa di disgrazia", spiega all’Adnkronos. "La formazione per chi frequenta l'ambiente alpinistico è lunga e complessa, e si basa molto sull’esperienza; ci sono naturalmente delle regole - non si va soli, non si procede slegati, evitare le ore più calde -, ma sono difficilmente sintetizzabili. Più approfondisco quanto accaduto più mi sembra una cosa particolare, non tanto nel fenomeno, i distacchi dei seracchi ci sono sempre stati, ma nelle dimensioni. Se fossi stato sulla Marmolada domenica sarei rimasto sotto anch’io, era davvero difficile prevederlo".
La Marmolada ora resta chiusa, ma il crollo di parte del ghiacciaio impone delle riflessioni. "Io sono tendenzialmente contrario a mettere delle regole rigide sulla montagna, che non vuol dire non intervenire in situazioni di pericolo. Se pensiamo che con delle norme possiamo rendere sicura la montagna ci sbagliamo. Prima del Covid erano circa 8500 gli interventi l’anno del soccorso alpino, adesso abbiamo superato i 10mila interventi e il 97% degli incidenti, anche mortali, avvengono sui sentieri. Questo per dire che non è che vietando l’alta quota che si risolve. La montagna è sempre pericolosa e temo che presi dall’emergenza si prendano decisioni affrettate. Anche un sentiero segnalato impone occhi aperti, parlare di ‘bandiera rossa’ è una banalizzazione, pensare di trovarla su un ghiacciaio la trovo una follia perché in montagna la ‘bandiera bianca’ non esiste", sottolinea Montani.
Quanto accaduto sulla Marmolada è piuttosto un "grido d'allarme della montagna. Noi dobbiamo chiedere alla politica di fare scelte per l’ambiente e ciascuno deve impegnarsi nello stesso modo andando in montagna con i mezzi pubblici, fermandosi più giorni così lasciando sulla montagna delle piccole economie che consentono di combattere lo spopolamento”. Un turismo ‘lento’ che va sostenuto dal governo. “In Italia abbiamo 180 mila chilometri di sentieri, noi come volontari del Cai facciamo manutenzione su 64 mila chilometri, la rete Autostrade per l’Italia è di 6.500 chilometri questo per rendere chiaro il lavoro dei volontari e lo facciamo senza finanziamenti pubblici. Quest’anno per la prima volta, grazie al ministero del Turismo, abbiamo un finanziamento di 5 milioni di euro, non grandi cifre". Il Pnrr "sta portando in molti casi a investimenti pesanti ma non è ciò che serve: a noi serve fare manutenzione fondamentale anche per combattere il sistema idrogeologico, pensare a una seria politica di defiscalizzazione per chi vive in montagna", conclude Montani, presidente nazionale del Cai.