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Mani Pulite: Angeloni, 'così mi aggiudicai la valigetta simbolo dell'inchiesta'

Avevamo solo quelli, fortunatamente bastarono

Mani Pulite: Angeloni, 'così mi aggiudicai la valigetta simbolo dell'inchiesta'
02 marzo 2022 | 20.59
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Cinquemila euro per provare a portarsi a casa la valigetta simbolo di Mani Pulite. L'ex sindaco di Senigallia Luana Angeloni racconta all'Adnkronos come riuscì ad aggiudicarsela. Elegante, con fibra dorata, di colore marrone scuro e griffata Trussardi, la ventiquattrore dell'imprenditore Luca Magni, che nel 1992, incastrò Mario Chiesa e diede il via all'indagine, finì in un'asta di beneficenza. Angeloni ripercorre quel giorno, la storia di quell'asta e le vicende legate ai dibattiti che si crearono attorno a quel simbolo che nel 2007 fu poi esposto nell'anticamera del Comune di Senigallia, dove è ancora oggi. L'ex sindaco ormai 'in pensione', è tornata in Comune in occasione del trentennale di Mani Pulite per vedere se la valigetta dove lei la ripose quando era sindaco,fosse ancora lì: in una teca e con sotto la descrizione e un messaggio di Don Ciotti, fondatore dell'associazione 'Libera' a cui furono devoluti i soldi.

La ventiquattrore venne battuta all'asta per 5mila euro, attraverso una gara a rialzo con altri contendenti. Questi soldi erano stati raccolti da imprenditori e amministratori. "Noi -spiega Angeloni- partecipammo attraverso i rialzi ma sapevamo che oltre i 5mila euro non potevamo andare. Superata quella cifra non so cosa avremmo fatto, magari avremmo tirato fuori dei soldi di tasca nostra. Non lo so, però è andata così, che quella valigetta venne aggiudicata al sindaco di Senigallia per conto di una cordata di imprenditori".

L'asta fu battuta in occasione del CaterRaduno che veniva ospitato a Senigallia e si teneva per raccogliere i fondi da devolvere all'associazione 'Libera' di Don Ciotti e ai suoi progetti. Nel 2007 l'asta di Libera era costruita intorno al tema della legalità e c'erano diversi oggetti attinenti: il tocco di Caselli, una foto di Falcone e Borsellino e tante altre cose, tra cui la valigetta dell'imprenditore corrotto da Mario Chiesa.

"Ogni anno -spiega l'ex sindaco- come amministratori, partecipavamo all'asta per dare un nostro contributo a 'Libera', ma partecipavamo a titolo personale o raccogliendo fondi dai cittadini, non usavamo i fondi del bilancio comunale. Quell'anno scegliemmo quindi di partecipare per la valigetta. Per la verità volevamo anche la foto di Falcone e Borsellino, perché abbiamo un centro di aggregazione giovanile intitolato a loro due e mi sarebbe piaciuto mettere quella bella foto nella sede di questo centro, perché era proprio bella. Per questo raccogliemmo dei fondi tra noi amministratori, però c'era un altro signore interessato, per cui fu un'asta a rialzo e noi perdemmo e versammo i nostri soldi in un altro fondo che avevamo costruito coinvolgendo imprenditori locali per acquisire la valigetta, che aveva sicuramente un valore simbolico".

L'aggiudicarsi della valigetta per il sindaco di Senigallia però non fu da tutti visto come un monito e un auspicio perché non ci fosse più corruzione nella gestione della cosa pubblica, ma per molti fu interpretato come semplicemente un corpo di reato.

"Le foto che ho rivisto nei giorni scorsi -racconta Angeloni- mi hanno riconfermato la gioia che provai quando mi aggiudicai la valigetta. Ci fu grande gioia per aver fatto una buona azione di versamento di fondi per uno scopo nobile e per aver partecipato attraverso questa campagna di Caterpilla e di Libera a sensibilizzare l'opinione pubblica su una stagione di rinnovamento necessario, sulla necessità che si facesse pulizia dai corrotti e la politica riacquisisse un significato più autentico, scritto nella nostra costituzione, dimensione nobile per risolvere i problemi della gente, del paese, secondo quelli che sono i principi della costituzione".

Ci fu un dibattito su dove metterla. Secondo Angeloni, la ventiquattrore aveva il significato di una scelta di campo, cioè gli amministratori sceglievano di stare contro la corruzione, per la politica pulita e quindi volevano esporla in un luogo frequentato dalla gente, che avesse un significato "perché è lì che vanno gli oggetti simbolici''. Altri rappresentanti del consiglio comunale ritenevano invece che non fosse da esporre in un luogo così simbolico come se "fossimo contaminati da questa cosa e invece la nostra intenzione, che poi fu della maggioranza dei rappresentanti della città di quel periodo, era proprio l'opposto: dimostrare, attraverso un oggetto perché gli oggetti possono acquisire un valore simbolico. In quel caso per noi l'aveva, da lì partì mani pulite, una stagione di rinnovamento. Dopo la corruzione non è stata sconfitta, però ci fu la fine della prima Repubblica, quindi fu un fatto sicuramente rivoluzionario per il tempo".

Quindi è stata poi custodita in una teca con sotto la descrizione, la didascalia che raccontava il fatto e una frase di Don Ciotti e la teca è stata esposta nell'anticamera, la sala da cui si accede dalla sala del Consiglio Comunale all'ufficio del sindaco, quindi un luogo di transito e di grande visibilità. "L'anticamera -spiega Angeloni- era un salotto importante, io l'avevo anche arredato in modo molto dignitoso perchè era un luogo di accoglienza della cittadinanza. Ora non so, è un po' che non vado in Comune ma penso sia rimasto lo stesso".

I soldi sono stati devoluti a 'Libera' e, in quell'anno, l'associazione disse che i fondi dell'asta sarebbero andati a una cooperativa sociale che si era costituita per coltivare dei terreni rilevati e confiscati in Puglia, alla criminalità organizzata e utilizzati per una cooperativa sociale. I soldi raccolti furono devoluti in provincia di Brindisi per questa cooperativa. Erano fondi a sostegno di questa cooperativa che avrebbe utilizzato il progetto d'impresa dei terreni confiscati dalla mafia.

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