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Manconi: "Eluana Englaro e Giuseppe Uva casi simbolo 20 anni battaglie"

L'associazione A Buon Diritto compie vent'anni: due decenni dedicati alla difesa dei diritti civili, sociali e politici, delle libertà fondamentali delle persone. A raccontare all'Adnkronos il percorso civile, ma anche umano, di questa battaglia, è il suo fondatore

Luigi Manconi
Luigi Manconi
25 marzo 2022 | 15.52
LETTURA: 6 minuti

I casi simbolo, che mi sono rimasti più nel cuore "sono stati forse due, tra l’altro riguardano due delle tematiche più difficili da affrontare e anche più dolorose da vivere: Eluana Englaro e Giuseppe Uva". A raccontare all'Adnkronos il suo impegno in favore dei diritti delle persone è Luigi Manconi, che sabato 26 marzo al Maxxi festeggerà 20 anni di attività dell'associazione A buon Diritto, da lui fondata, che guida insieme alla direttrice Valentina Calderone.

Quelle di Englaro e Uva "sono vicende che pongono in maniera drammaticamente esemplare questioni fondamentali della nostra democrazia. Nel primo caso il tema è quello dell’autodeterminazione, cioè del diritto dell’individuo a decidere di sé e del proprio corpo, sulle questioni di vita", spiega Manconi.

"Parlo della vicenda di Eluana Englaro - racconta Manconi - perché è stata, forse non la prima, ma certamente quella che mi ha più coinvolto, sia per i tratti di quella famiglia così impegnata, estremamente attenta, a tutelare la propria figlia, non solo da un accanimento terapeutico che rischiava di farsi tortura, ma anche dalle chiacchiere del mondo, dalle oscenità della politica, dall’indifferenza di un’altra parte della politica. Così abbiamo visto Peppino Englaro che conduceva con questa dignità, con questa lucidità, quella che per un uomo probabilmente è la più grande fatica che deve affrontare, ciò portare alla morte la propria figlia perché quella morte è la soluzione più pietosa. Da questa vicenda che mi è capitata di seguire passo passo è nato è nato il nostro impegno contro l’accanimento terapeutico, l’insopportabile scialo di dolore, contro le forme di prosecuzione artificiale di una vita che non è più vita".

Se il doloroso caso di Eluana Englaro, conclusosi nel 2009 con la fine del mantenimento artificiale della sua vita, è noto a tutti gli italiani, lo è molto meno quello di Giuseppe Uva. Artigiano di Varese, il 46enne venne fermato dai carabinieri una notte del giugno 2008 perché in stato di ubriachezza. Il mattino dopo fu trovato morto per arresto cardiaco, nell'ospedale dove era stato ricoverato. Secondo le accuse il decesso sarebbe stato causato dalla costrizione fisica e le percosse al momento dell'arresto.

Quella vicenda, spiega oggi Manconi, "ha avuto un ruolo altrettanto determinate nel definire la nostra identità di associazione, ma anche i nostri personali profili. Perché ci ha coinvolto intimamente, perché la figura della sorella Lucia è diventata parte, non solo della nostra azione pubblica, ma anche della nostra vita privata. Ed è una vicenda che in ambito giudiziario italiano si è conclusa negativamente. Ma, mentre sembrava che le responsabilità relative alla sua morte fossero state definitivamente archiviate, è successo un fatto nuovo che ci ha confortato per un verso, per un altro ci ha convinto che le battaglie sui temi come gli abusi di polizia richiedano una tenacia che non si arrende davanti ad alcun ostacolo. Il ricorso presentato alla Corte europea dei diritti umani è stato comunque ritenuto accoglibile. Non che ci sia stata una sentenza, sia chiaro, ancora non c’è stata, ma il fatto che il ricorso sia stato considerato accoglibile, dimostra come la battaglia, lunghissima e dolorosissima, di Lucia Uva, per ottenere verità e giustizia sulla morte del proprio fratello Giuseppe, non sia stata vana, e non è stato inutile l’impegno di A Buon diritto nel sostenerla".

Un altro caso legato alla storia di A Buon Diritto è quello di Stefano Cucchi. "E’ successo - ricorda Manconi - che abbiamo saputo di quella vicenda cinque giorni dopo i fatti. Abbiamo deciso che erano troppe le cose che non convincevano nella ricostruzione ufficiale e ci siamo impegnati immediatamente".

"Scoprendo così l’intelligenza e la forza della famiglia - Giovanni, Rita e Ilaria, padre madre e sorella - e poi come quella vicenda, esemplarmente, confermava come un abuso di polizia raramente sia solo un abuso di polizia. Come, dietro l’abuso di polizia, vi possa essere, in quel caso e in altri da noi seguiti, una rete di connivenze, complicità, sino ad una sorta di sistema di omertà che percorreva la scala gerarchica, dal carabiniere esecutore materiale dell’omicidio preterintenzionale, come definito dal tribunale della corte di appello, fino ai gradi superiori responsabili sul territorio dell’arma dei carabinieri. Anche in quel caso quello che emerge è l’importanza di un’attività quotidiana, tenace, ostinata, caparbia, contro ogni delusione".

"Basti pensare che il primo processo per la morte di Stefano Cucchi si concluse con un’assoluzione. E giustamente, perché la procura aveva seguito una pista sbagliata, aveva condotto una indagine totalmente infondata e dunque opportunamente, in uno stato di diritto, c’è stata un’assoluzione. C’è voluto quindi un secondo processo perché si arrivasse ad una condanna nel primo e nel secondo grado di giudizio".

Ex sottosegretario alla Giustizia, ma anche ex presidente della commissione Diritti umani del Senato, Manconi ha dedicato gli ultimi vent'anni alla sua Associazione A Buon diritto, con campagne sui grandi temi dei diritti personali e sociali - fine vita, diritti dei carcerati, dei migranti, contro le pratiche di contenzione- ma anche affiancando personalmente le famiglie che cercano giustizia e verità per i propri cari.

Sono temi che possono sembrare diversi, ma che sono legati da un unico filo etico e umano. "E' la convinzione profonda - spiega Manconi - che diritti individuali e diritti sociali non siano in alternativa, ma si integrino pienamente. L’autodeterminazione sul proprio fine vita non è diversa e tanto meno opposta alla battaglia per la tutela dei diritti sociali dei migranti e dei profughi. E quindi proteggere i diritti individuali di una persona detenuta è parte dello stesso programma di affermazione delle garanzie di tutti. Quindi le garanzie legate alla soggettività, alla personalità, e quelle legate alle condizioni sociali collettive come può esserla quella dei profughi nel nostro paese".

Ed è sempre questo stesso filo che porta Manconi a parlare anche della guerra in Ucraina. "Da Tacito fino ai giorni nostri, un principio fondamentale recita: 'non c’è pace senza giustizia' - afferma - Non c’è dunque trattativa tra la Russia e l’Ucraina che non passi attraverso una grande battaglia per l’affermazione dei diritti umani e dei diritti civili sociali e politici in Russia e negli altri paesi autocratici, così come l’ingresso dell’Ucraina in Europa sarà tanto più importante quanto più l’imperfetta democrazia ucraina diventerà pienamente stato di diritto".

Sabato 26 marzo A Buon Diritto festeggerà due decenni di attività, con l'evento "Venti di Diritti" alle 17.30 al Maxxi di Roma. Con loro ci saranno artisti e personalità che hanno accompagnato "Abd" nelle sue campagne: Alessandro Bergonzoni, Ascanio Celestini, Valentina Carnelutti, Caterina Corbi, Valerio Mastandrea, Andrea Satta, David Riondino, Ilaria Cucchi, Mimmo Lucano, Makkox.

Nella sua attività, Abd si è occupata in prevalenza di privazione della libertà e detenzione, di migrazioni e relazioni inter-etniche, di libertà di scelta terapeutica e fine vita. Vi sono stati casi personali di abusi di polizia, come quello di Stefano Cucchi o Federico Aldrovandi, dove Abd ha sostenuto la battaglia di giustizia e di ricerca della verità accanto ai famigliari. E vi sono state campagne di mobilitazione sul testamento biologico, contro l'accanimento terapeutico, contro gli abusi di polizia e le pratiche di contenzione.

Altro tema di costante interesse è quello degli istituti di privazione della libertà, con un focus principale sul carcere, con saggi di Manconi e Calderone fra cui "Abolire il carcere. Una ragionevole proposta per la sicurezza dei cittadini", convegni, iniziative negli istituti di pena. Particolare attenzione è stata data alla presenza negli istituti di bambini detenuti con le proprie madri. Abd si occupa, poi, di contenzione meccanica in psichiatria, promuovendo la campagna nazionale “...E tu slegalo subito”. Infine, ormai da dieci anni, Abd ha attivato uno sportello legale, attraverso il quale offre assistenza legale gratuita a migranti stranieri e a richiedenti asilo, a Roma e in altre città d’Italia

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