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Mafia: da Baudino un libro per spiegarla ai ragazzi e farne dei cittadini consapevoli

04 luglio 2022 | 17.25
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“Per quale motivo ti stai occupando di cose da adulti?”. Da questa frase che gli ha rivolto un amico, Stefano Baudino, giornalista e scrittore, classe 1994, ha sentito l’esigenza di scrivere il suo ultimo libro, “La mafia non è una cosa da adulti”, edito dalla Compagnia editoriale Aliberti. Dell’argomento Baudino si interessa fin da giovanissimo e negli ultimi anni, oltre a scrivere di mafia, va nei licei per spiegarla ai ragazzi. Il libro è rivolto proprio a loro “affinché gli studenti possano interfacciarsi con qualcosa in cui, altrimenti, nemmeno gli adulti riuscirebbero a coinvolgerli con efficacia”. Per l’autore questo tema deve entrare nelle scuole anche per rendere consapevoli i diciottenni che si apprestano a votare per la prima volta: non è un caso se il saggio si apre parlandoci di un bullo immaginario, Fabio, che riesce a farla franca grazie all’omertà e a una rete di alleati che gli permettono di padroneggiare a scuola sulla pelle dei più deboli. Il parallelismo con il bullismo nasce proprio per permette ai giovani lettori di capire meglio che cosa sia la mafia e quali siano i suoi codici identificativi.

Baudino non si limita a ripercorrere la storia degli ultimi decenni di Cosa Nostra, dall’uccisione di Falcone e Borsellino al maxiprocesso e alla trattativa Stato-mafia. Fa molto di più: approfondisce le diverse collusioni tra Cosa Nostra e la politica italiana mostrandoci come pensa la mafia, quali piani ha e su quali partiti avrebbe puntato per cercare di attuarli. Ricostruendo i fatti e citando le testimonianze rese nei diversi processi dai pentiti e dagli stessi mafiosi, insieme alle sentenze formulate, l’autore vuole suscitare nel lettore l’indignazione nei confronti di alcuni politici, di uomini delle forze dell’ordine e dei servizi segreti, di istituzioni che avrebbero favorito e coperto Cosa Nostra in alcune circostanze, come la mancata cattura di Provenzano e la scomparsa dell’agenda rossa di Borsellino. Dalla decisione dell’ex Guardasigilli Conso di non prorogare il 41bis a centinaia di mafiosi alla rinuncia da parte dell’attuale governo di difendere la legge sull’ergastolo ostativo voluta da Falcone: quella che emerge dal libro è una politica a volta collusa, altre volte troppo debole nei confronti della criminalità organizzata che dopo gli anni delle stragi e degli attentati, si è ora data una veste imprenditoriale che le permette di agire indisturbata nei gangli della società e dell’economia.

Il libro si chiude con una toccante intervista al fratello di Borsellino, Salvatore, che dopo aver ripercorso il conflittuale rapporto col fratello da giovani, ci ricorda la missione che la madre gli aveva assegnato alla morte di Paolo: divulgare e raccontare la sua battaglia contro la mafia. Salvatore lo fa da 30 anni andando nelle scuole e fondando il Movimento delle Agende Rosse di cui fa parte anche Stefano Baudino. “Io sono il fratello di un soldato”, gli dice Salvatore che sta dedicando la sua vita affinché il sacrificio di Paolo non sia stato vano: “il fuoco che lo uccise è arrivato alle spalle, da quelli che avrebbero dovuto combattere insieme a lui e invece gli hanno sparato addosso”. Con un toccante parallelismo, Salvatore Borsellino paragona il fratello alla morte in croce di Gesù Cristo spiegando che “l’amore è ciò che ha caratterizzato la sua vita e l’ha spinto addirittura a sacrificarla”. Se Salvatore andò via dalla Sicilia, Paolo Borsellino ci restò fino all’ultimo giorno, spinto dal desiderio di renderla diversa, migliore. “Il vero amore consiste nell’amare ciò che non ci piace per poterlo cambiare. L’amore è ciò che ha ispirato tutta la vita di Paolo”, dice Salvatore a Baudino nel libro. Un saggio che ricorda il valore dei veri servitori dello Stato, delle loro vite e del loro sacrificio, e che fornisce – in primis alle nuove generazioni - quegli anticorpi necessari per rendere la nostra nazione consapevole dei suoi fantasmi e finalmente libera di guardare avanti.

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