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Furto in banche dati, indagati Leonardo Maria Del Vecchio e banchiere Matteo Arpe

Sarebbero due tra i sei nomi coinvolti nell'inchiesta per il furto di "informazioni sensibili e segrete". Procuratore antimafia Melillo: "Quadro estremamente allarmante". Tra gli spiati giornalisti, Scaroni e Gorno Tempini. Si muove il Copasir

Leonardo Maria Del Vecchio e Matteo Arpe - Fotogramma
Leonardo Maria Del Vecchio e Matteo Arpe - Fotogramma
26 ottobre 2024 | 11.29
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C'è anche Leonardo Maria Del Vecchio, il quarto dei sei figli del patron di Luxottica, che presiede Lmdv capital nell'inchiesta della Dda della procura di Milano e della Dna su un'associazione a delinquere finalizzata all’accesso abusivo a sistemi informatici, che ha portato ieri a sei misure cautelari. Tra gli indagati - a quanto si apprende - c'è anche il banchiere Matteo Arpe.

L’indagine riguarda "alcuni presunti appartenenti un'organizzazione dedita principalmente, per finalità di profitto economico e di altra natura, all'esfiltrazione" di informazioni segrete e sensibili conservate nelle banche dati strategiche nazionali (Sdi, Serpico, Inps, Anpr, Siva). Tra gli indagati risultano anche ex appartenenti a forze di polizia.

L'ordinanza

Leonardo Maria Del Vecchio avrebbe incaricato "l’installazione e attivazione di un captatore informatico nel telefonino" della sua fidanzata. E' quanto emerge dall'ordinanza del gip del tribunale di Milano nell'ambito dell'inchiesta sui dati esfiltrati da banche dati. Da quanto emerge dalle indagini, tuttavia, le intercettazioni illegali non furono eseguite "per ragioni tecniche", ma a uno degli indagati è contestato di aver formato "falsamente i contenuti di conversazioni" per procurare a sé e all’associazione" un vantaggio economico. L'accusa mossa a Del Vecchio è quella di essere tra i "committenti" per l'acquisizione di informazioni relative a nominativi di familiari.

Il gruppo, che ruotava intorno all'agenzia di investigazione privata Equalize, avrebbe agito, si legge nell'ordinanza, "per finalità di profitto, derivante dalla commercializzazione delle informazioni illecitamente acquisite, oppure a scopo estorsivo e/o ricattatorio, per condizionare e influenzare all’occorrenza soprattutto i settori della politica e dell’imprenditoria". Le informazioni sarebbero state utilizzate anche "per danneggiare l’immagine dei competitors professionali e imprenditoriali di Enrico Pazzali", il presidente di Fondazione Fiera Mlano (ente estraneo all'indagine) e proprietario al 95% di Equalize, o per colpire gli "avversari politici" di Pazzali "o di persone a lui legate".

Il modus operandi del gruppo (oltre cinquanta le persone indagate a vario titolo per associazione a delinquere finalizzata alla commissione di reati informatici, corruzione, rivelazione di segreto d'ufficio, favoreggiamento personale e altri reati) sarebbe consistito nel realizzare - si legge in un altro passaggio dell'ordinanza di oltre 500 pagine - "su mandato dei propri clienti o su richiesta di qualcuno degli affiliati, tra cui Pazzali, report e dossier contenenti le informazioni abusivamente e illecitamente raccolte, sapientemente 'camuffate' e 'mimetizzate' sotto forma di notizie giornalistiche".

Il socio di maggioranza di Equalize avrebbe poi fatto "ulteriore uso" delle relazioni prodotte "nei suoi rapporti" con altre persone, tra cui il ministro del Turismo Daniela Santanché, il cui nome compare nell'ordinanza, ma che risulta estranea all'inchiesta della Dda milanese e della Dna.

Per Pazzali il gip non ha disposto misure cautelari, come richiesto dalla procura, perché il presidente "si limita di fatto - viene spiegato nell'ordinanza - a rivestire una posizione sostanzialmente di rappresentanza nella Equalize, rimettendo però interamente" alle quattro persone finite ieri agli arresti domiciliari (ovvero l'ex poliziotto e suo socio nell'agenzia di investigazione privata Carmine Gallo, Nunzio Samuele Calamucci, Massimiliano Camponovo e Giulio Cornelli) "la concreta operatività della società, finendo per dipendere egli stesso da loro, anche per poter fruire, egli per primo, dei servizi della società e ottenere informazioni su persone di suo interesse".

I quattro destinatari della misura cautelare avrebbero, scrive il gip, "messo in atto una vera e propria strategia concordata per estromettere sempre di più Pazzali", tenendo "all'oscuro delle reali potenzialità e meccanismi che la società utilizza, e anche per rifiutare le sue richieste di ricevere informazioni gratuitamente". Per questo motivo il gip non ha accolto la richiesta del pm di disporre nei confronti del presidente di Fondazione Fiera Milano (ente completamente estraneo all'inchiesta) una misura cautelare, che "sarebbe in sé del tutto insufficiente e anzi completamente ininfluente ai fini della prosecuzione, o meno, dell’attività criminosa" e che finirebbe per essere "unicamente una anticipazione del giudizio di merito e dell’eventuale condanna".

I legali di Del Vecchio e Arpe

"Il dottor Leonardo Maria Del Vecchio attende serenamente lo svolgimento delle indagini preliminari che auspica si concludano rapidamente in modo da poter subito dimostrare la propria totale estraneità ai fatti e l'infondatezza delle accuse ipotizzate a proprio carico" dichiara in una nota l'avvocato Maria Emanuela Mascalchi, difensore di fiducia di Leonardo Maria Del Vecchio. "Dalle imputazioni preliminari e dall’esito negativo della perquisizione, il dottor Del Vecchio sembrerebbe essere piuttosto persona offesa. Altri, infatti, sarebbero eventualmente i responsabili di quanto ipotizzato dagli inquirenti", evidenzia il legale.

“Il dottor Arpe è stupito perché si è trattato di un incarico professionale della famiglia limitato a una vicenda privata successiva alla scomparsa del padre" dichiara in una nota l'avvocato Davide Steccanella, legale del banchiere Matteo Arpe, assicurando che il suo assistito "ha dato e darà piena collaborazione agli inquirenti”.

Tra gli spiati giornalisti Scaroni e Tempini

Ci sarebbero anche il presidente del Milan e dell'Enel Paolo Scaroni e il presidente di Cassa depositi e prestiti, Giovanni Gorno Tempini, tra le persone spiate dal gruppo, indagato dalla Dda di Milano e dalla Dna nell'inchiesta per spionaggio, che ruota intorno all'agenzia di investigazione privata Equalize, di cui è socio di maggioranza il presidente di Fiera Milano (ente estraneo ai fatti) Enrico Pazzali, indagato, e socio di minoranza l'ex poliziotto della squadra mobile di Milano, Carmine Gallo, finito ieri agli arresti domiciliari.

Nell'ordinanza da 518 pagine con cui il gip Fabrizio Filice ha disposto le sei misure cautelari figurano diversi giornalisti, di cui sarebbero state spiate le conversazioni whatsapp, attraverso l'accesso abusivo ai loro telefoni, pc e tablet.

Manager di Erg e Barilla tra clienti agenzia investigazioni sequestrata

Vantava tra i suoi clienti anche manager di aziende come Barilla ed Erg l'agenzia di investigazione privata Equalize, di proprietà del presidente di Fondazione Fiera Milano Enrico Pazzali (indagato) e dell'ex poliziotto della squadra mobile di Milano, Carmine Gallo, finito ieri agli arresti domiciliari nell'ambito dell'inchiesta. Nel caso di Barilla sarebbe stato un manager dell'azienda a commissionare a Equalize l'acquisizione di tabulati telefonici, "con il proposito di verificare - si legge nell'ordinanza con cui sono state disposte sei misure cautelari - i propri sospetti sul fatto che qualcuno tra i dipendenti avesse passato delle informazioni riservate, inerenti al management, a un giornalista".

Per quanto riguarda Erg, la richiesta da parte di un manager dell'azienda a Equalize sarebbe stata - secondo gli inquirenti - quella di intercettare alcuni dipendenti, che - dopo una segnalazione anonima - erano sospettati di insider trading.

La nota di Banca Profilo

Banca Profilo, in relazione alle notizie di stampa odierna, si legge in una nota dell'istituto, "precisa che in persona del suo amministratore delegato Fabio Candeli, ha firmato con Equalize un regolare e formale contratto avente a oggetto servizi professionali" e sia l'istituto che l'amministratore delegato "hanno fornito fin da subito la totale collaborazione alle autorità inquirenti, sono certi di poter dimostrare la loro totale estraneità rispetto ai fatti oggetto di contestazione".

Melillo: "Gigantesco mercato di informazioni riservate"

“Il quadro che emerge” dall’indagine sul dossieraggio dei carabinieri del nucleo investigativo di Varese, coordinati dalla Dda di Milano e dalla Dna, “è molto allarmante”, ha detto il procuratore nazionale antimafia, Giovanni Melillo, nel corso della conferenza stampa convocata in procura a Milano.

Melillo ha richiamato però alla “prudenza nelle valutazioni, perché - ha spiegato - la procura di Milano ha opportunamente scelto di proteggere le attività tecniche rinunciando nel corso dell’investigazione a compiere una serie di passi che ne avrebbero rivelato lo svolgimento. E questo fa sì che per molti versi l’indagine sia più sul punto di iniziare che di comportarsi. La mole dei dati acquisiti attraverso le perquisizioni informatiche che sono state svolte ieri, in Italia e all’estero, fa sì che questa indagine richiederà ancora molto tempo e molta fatica per consentirci di delineare i contorni di questa vicenda, che tuttavia in sé appare estremamente allarmante per la dimensione imprenditoriale dell’esercizio di attività di acquisizione abusiva di dati personali e riservati. Stiamo iniziando a comprendere qualcosa di come funziona questo mercato clandestino delle informazioni riservate”, ha spiegato il procuratore.

Tuttavia “la capacità di investigazione messa in campo dalla procura di Milano e dai carabinieri di Varese a cui vanno i miei personali complimenti, consente di iniziare a unire qualche puntino e a comprendere un po’ meglio il funzionamento di un gigantesco mercato delle informazioni riservate”.

Melillo ha sottolineato “l’importanza di questa indagine anche nel sistema di coordinamento delle investigazioni che si stanno complessivamente sviluppando sul versante degli attentati alla sicurezza cibernetica nazionale, che non era mai stato esplorato sistematicamente e organicamente”.

Procuratore Milano: "Proporremmo impugnazione ordinanza gip"

La procura di Milano impugnerà l’ordinanza con cui il gip Fabrizio Filice ha disposto le sei misure cautelari, ha annunciato oggi in conferenza stampa il procuratore di Milano Marcello Viola. “Il giudice, pur avendo a nostro avviso riconosciuto il sostanziale fondamento dell’impianto accusatorio, non ha accolto integralmente la richiesta della procura, essendosi legittimamente determinato diversamente sia nell’individuazione per alcuni della tipologia di misura, sia nella valutazione dell’esclusione di esigenze cautelari per altri”.

Per questo “vi anticipo che avverso questo provvedimento l’ufficio proporrà l’impugnazione”, ha fatto sapere Viola, aggiungendo che “stante l’assoluta peculiarità di questa vicenda, l’interesse pubblico di particolare rilievo e la difficoltà di fornire delle notizie in maniera chiara e corretta sotto tutti i profili, valuteremo la possibilità del rilascio formale di copia del provvedimento”.

Nell’ambito dell’inchiesta “è stata eseguita anche la parte patrimoniale della misura, a fronte della considerazione che solo nell’anno passato sarebbero stati realizzati profitti per centinaia di migliaia di euro”, ha detto Viola.

“La fonte di maggior interesse nella acquisizione di queste informazioni sembra essere il mondo dell’economia e dell’imprenditoria”, ha spiegato il procuratore di Milano. “Ci sono anche finalità diverse anche di tipo più strettamente privato e personale, ma il versante principale” sembra essere quello dell’economia e “per come emerge da questa prima ricostruzione, non vi sono evidenze di rilievo che portino al mondo della politica”, ha detto Viola, rispondendo a cui gli chiedeva se tra le vittime di dossieraggio ci siano anche politici.

Si muove il Copasir

A quanto apprende l’Adnkronos il Copasir si muoverà rispetto all’inchiesta. Come sempre in questi casi il Comitato si attiva per avere informazioni e tra l’altro si sta già occupando del tema della sicurezza delle banche dati con audizioni già previste.

Nordio: "Malintenzionati più avanti degli Stati, vanno allineate le norme"

"Non saremo al sicuro fino a quando la legge e la tecnologia a nostra disposizione non sarà riuscita ad allinearsi con quella della criminalità". Lo ha detto il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, in videocollegamento con CasaCorriere commentando il nuovo caso legato all'hackeraggio, stavolta alla Procura di Milano.

"In linea generale, la tecnologia avanza rispetto alle leggi, in tutti i settori, a partire dalla bioetica, quando si è capito che il confine tra vita e morte non erano compatibili con leggi vigenti. I malintenzionati sono sempre più avanti degli stessi Stati, hanno hackerato anche il Cremlino, servono sforzi per allineare la normativa vigente ma anche lavorando di fantasia, prevedendo cosa possono fare senza doverli inseguire".

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