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Eitan Biran, prima udienza in Israele anticipata a giovedì

Lo conferma all'Adnkronos l'avvocato che rappresenta la famiglia materna del bimbo e quindi il nonno Shmuel Peleg: "Si trovi accordo, Eitan rischia casa-famiglia". Zia paterna in quarantena, non parteciperà all'udienza

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19 settembre 2021 | 18.14
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La prima udienza del processo per la tutela di Eitan Biran, unico sopravvissuto alla tragedia del Mottarone, è stata anticipata a giovedì 23 settembre dal tribunale della famiglia di Tel Aviv. Lo conferma ad Adnkronos l'avvocato Sara Carsaniga che rappresenta la famiglia materna di Eitan e quindi il nonno Shmuel Peleg che ha portato il piccolo in Israele una settimana fa. L'anticipo dell'udienza, ha detto l'avvocato Carsaniga, è stato deciso ''probabilmente perché si tratta di una istruttoria non breve e complessa''. Per questo, prosegue, i giudici di Tel Aviv ''avranno preferito anticipare la prima udienza''.

Aya Biran, arrivata in Israele con l'obiettivo di riportare Eitan in Italia, non potrà presenziare. E questo per via della normativa decisa dal ministero della Salute israeliana per contenere la diffusione del coronavirus. Chiunque entra in Israele, infatti, dovrà rispettare una quarantena di 14 giorni.

"FAMIGLIE TROVINO ACCORDO, EITAN RISCHIA CASA FAMIGLIA"

La famiglia materna e quella paterna di Eitan Biran ''si siedano a un tavolo e trovino un accordo, è quello che auspico. Avrebbero dovuto farlo sin dall'inizio'' ed è una ''questione di buon senso''. Perché ''se Eitan torna in Italia, la situazione non si risolve, si rischia il conflitto, una guerra che non è nell'interesse del bambino''. Anzi, c'è anche ''il rischio di una collocazione extrafamigliare, in una casa famiglia o presso i servizi sociali o un soggetto terzo in attesa di verificare le ragioni delle parti''. Mentre ''l'auspicio per il bene del minore è trovare una sede diplomatica, quindi anche extra giudiziale, dove le parti possano confrontarsi e trovare un giusto accordo sul minore e sul suo futuro'', spiega all'Adnkronos l'avvocato Carsaniga, che definisce la vicenda ''delicatissima sotto il profilo umano e giuridico''.

''Il rimpatrio di Eitan non modificherebbe la richiesta di affidamento della famiglia materna'', spiega Carsaniga, sottolineando come ''la presunta condotta del nonno non inciderà sulla possibilità della famiglia materna di rivendicare l'affidamento del bambino''. Carsaniga afferma che ''la questione penale prende la sua strada'' che ''non ha un'incidenza particolare e per il diritto italiano non preclude i diritti che la famiglia materna rivendica''. Inoltre ''entrambe le famiglie hanno diritto all'affidamento'', quella della zia ''deve dimostrare di essere davvero idonea alla crescita del minore e che non ci siano pericoli per il bambino in caso di ritorno'' in Italia.

''Se entrambe le parti sostengono di non avere interesse alla gestione patrimoniale, la soluzione esiste già essendo stato nominato un protutore terzo. Rimarrebbe aperto e da dirimere tra le famiglie e la collocazione del minore e i diritti di visita'', prosegue, spiegando che ''Israele dovrà valutare la complessa documentazione'' fatta di ''cinquecento pagine di atti da tradurre''.

Sui tempi del procedimento, Carsaniga non formula previsioni spiegando che i tempi ''normalmente li prevede il giudice civile che applica la Convenzione dell'Aja'' e che ''di solito si sviluppa in diverse udienze'' e quindi ''in alcune settimane'' per ''accertare le condizioni giuridiche che le parti sostengono con tesi contrapposte''.

Il 22 ottobre abbiamo udienza sulla validità o meno delle decisioni del tribunale di Pavia, aggiunge l'avvocato, ricordando che ''la nomina di un tutore può sempre essere modificabile''. Nel caso di Eitan la nomina è stata fatta a Torino e riguarda ''esclusivamente affari urgenti di carattere medico''. Ora è in discussione ''una nomina fatta in quel contesto davanti a una persona (il nonno di Eitan, ndr) che non conosceva la lingua e non capiva a cosa stesse rinunciando. Aveva diritto anche lui a chiedere la tutela''. In discussione anche ''lo spostamento a Pavia dell'istruttoria e su questo è stato inoltrato un reclamo'', spiega. E riflette: ''pensiamo di portare il bambino qui. E poi ci accolgono il reclamo. Cosa facciamo, lo riportiamo di là?''.

Eitan è ''un bambino dei giorni nostri'', dice, e ''la sua patria è sia Israele, sia l'Italia. La sua famiglia è tutta israeliana, è un bambino di origine israeliana. Le sue famiglie sono israeliane ed è cresciuto anche nella cultura italiana. Perché dividerlo? Perché definirlo solo italiano o solo israeliano?''.

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