Ci sono dolori che diventano comuni, che uniscono, che trasportano le lacrime dal volto di un familiare fino al viso di uno sconosciuto. E ci sono immagine, come la lunga fila di camion a Bergamo che portano via le bare per essere cremate altrove, che diventano ancora più reali quando quei feretri te li ritrovi davanti, in fila, per l'estrema unzione. La fragilità umana esplode, la paura diventa concreta, tangibile, fa vacillare le gambe. Ma non la fede. Don Daniele è il parroco di Copparo, comune in provincia di Ferrara, il suo cuore è molto lombardo: la nonna era della Val Brembana e la famiglia vive nel Lecchese.
"Quando ho saputo che alcune delle salme dei defunti di Bergamo sarebbero arrivate al crematorio della città di cui sono arciprete, il mio primo pensiero è andato ai miei anziani genitori che vivono in provincia di Lecco. Ho pensato che dentro quelle bare potessero esserci loro e ho sentito quelle persone non degli estranei ma come fossero i miei genitori, miei fratelli e sorelle", racconta all'Adnkronos.
"Conoscendo la grande fede dei bergamaschi non potevo assolutamente sottrarmi al mio compito di pastore di dare un’ultima benedizione sapendo che forse gli era stata negata dal grave momento che a Bergamo si vive. Condizione che ha fatto sì che il vescovo Francesco Beschi dicesse ai medici e agli infermieri di benedire i morti. Nella sala che accoglieva le bare, circa una ventina, mi sono fermato alcuni istanti in preghiera e in silenzio. Amare lacrime hanno rigato il mio volto", confessa.
"Ho asperso le bare con l’acqua benedetta recitando la preghiera che la Chiesa chiama del Commiato, cioè del congedo e ho sentito più che mai vere le parole che questa preghiera esprime: nelle tue mani Padre clementissimo consegniamo le anime di questi nostri fratelli con la sicura speranza che risorgeranno nell’ultimo giorno". Un saluto commosso 'ricompensato' con "tanti messaggi social di ringraziamento dei bergamaschi per questo mio semplice gesto".
Nella Chiesa della piccola cittadina in provincia di Ferrara c'è un antico Crocifisso donato da San Leonardo da Porto Maurizio, "crocifisso che nel 1855 ha liberato Copparo dal contagio del colera. È guardando a lui che troviamo la forza e il coraggio di salire sulla croce sapendo che dopo c’è solamente la Risurrezione. Un virus che ci ha fatto chiudere in casa non potrà mai cancellare quanto l’uomo in queste situazioni è capace di condividere: il proprio ingegno, il proprio lavoro, la propria solidarietà per il bene comune", conclude con un messaggio di speranza don Daniele Panzeri.