Arrivano dal 26esimo Congresso della Società italiana di diabetologia (Sid), a Rimini, gli ultimi consigli per tenere a bada il diabete. Alleati a tavola sono i sapori della dieta mediterranea così come un menù stravolto: il primo piatto diventa il secondo e viceversa, perché mangiare proteine e lipidi prima dei carboidrati aiuta a domare la glicemia evitando picchi dopo i pasti. I più conservatori potranno cominciare invece con un antipasto 'carbo-free' (qualche scaglia di grana o un'entrée a base di uova sode) e, solo dopo, passare allo spaghetto. Pesce azzurro e olio d'oliva restano promossi a pieni voti.
"La dieta costituisce un vero e proprio strumento terapeutico che affianca la terapia farmacologica durante tutto il decorso della malattia diabetica", spiega Giorgio Sesti, presidente eletto della Sid. Mangiare sano non significa sacrificare il gusto: "Un ottimo esempio è la dieta mediterranea", ricorda. Non è solo cardioprotettiva. Secondo due studi presentati al meeting romagnolo, è anche anti-infiammatoria e ringiovanisce le arterie favorendo il ricambio delle cellule che le foderano internamente.
"Via libera dunque a frutta e verdura, specie a foglia (bieta, spinaci, broccoletti e cicorie compresi i radicchi) e ortaggi a radice (carote, barbabietole, rape) - elenca Sesti - ma anche a pomodori e carciofi, veri e propri nutraceutici. Come fonte di carboidrati preferire vegetali, legumi, frutta e cereali integrali, mentre sono da limitare pane bianco, pizza e pasta". Pochi grassi animali, un filo d'olio evo e il pranzo anti-diabete è servito.
A Rimini finiscono alla sbarra i dolcificanti. Arriva il via libera all'aspartame, ammesso dalle Linee guida per la gestione del diabete, e il no al fruttosio. I dolcificanti "non tutti sono uguali", avverte Sesti, che sconsiglia il fruttosio "non solo perché produce un rapido aumento del picco glicemico, ma anche perché innalza i livelli di acido urico: un fattore di rischio per eventi cardiovascolari e fegato grasso, e predittore di danni renali. Anche le persone sane, non diabetiche, dovrebbero tenerlo presente quando scelgono cibi, succhi e soft drink".
"I pazienti diabetici hanno due grandi nemici - ricorda - Il primo è l'ipoglicemia" come effetto delle terapie, "il secondo è il picco glicemico post-prandiale che può insorgere 1-2 ore dopo l'assunzione di cibo. L'iperglicemia è infatti uno dei meccanismi che scatenano lo stress ossidativo e l'infiammazione, i peggiori insulti possibili per l'endotelio che riveste internamente i vasi sanguigni. E' il nostro 'organo' più grande, se si pensa che la sua superficie è paragonabile a quella di 5 campi da tennis".
Ecco perché bisogna tenere a bada la glicemia, agendo innanzitutto sulla dieta. Largo quindi alle fibre della verdura e dei cereali integrali, che "riducono l'assorbimento di grassi e zuccheri, rallentando anche lo svuotamento gastrico: se è troppo rapido la glicemia aumenta velocemente", sottolinea Sesti consigliando di "masticare piano e spezzettare il cibo in piccoli bocconi, da ingerire singolarmente magari facendo una pausa fra uno e l'altro". Un altro 'osservato speciale' è l'indice glicemico. "Meglio evitare gli alimenti che ce l'hanno alto: patate, pizza, pane e pasta non integrali, frutta zuccherina come banane, cachi e fichi". In generale, conclude infine lo specialista, la frutta è più sana se abbinata alle proteine: perfetto il proverbiale "formaggio con le pere".
Al meeting romagnolo è protagonista anche il tema degli interferenti endocrini perché il timore è che ftalati e bisfenolo A possano accendere la 'miccia' del diabete. Agiscono come ormoni 'assunti' dall'esterno e potrebbero nascondersi un po' ovunque: innanzitutto nella plastica, ma anche in detersivi, detergenti e cosmetici, in alcuni giocattoli e lattine, addirittura in qualche formulazione farmaceutica e nella carta termica degli scontrini o dei biglietti di treno e metropolitana. Perfino nei soldi, dentro le banconote.
Si attendono per fine 2017 i primi risultati nazionali sull'esposizione ambientale a queste sostanze lungo lo Stivale, al centro dello studio 'Life-Persuaded' su oltre 2 mila mamme e bambini condotto sotto l'egida dell'Istituto superiore di sanità.
Gli interferenti endocrini, spiega all'AdnKronos Salute Amalia Gastaldelli, responsabile del Laboratorio sul rischio cardiometabolico dell'Ifc-Cnr, "si legano ai recettori Ppar-gamma che promuovono l'adipogenesi e si associano a un'infiammazione del tessuto adiposo, fattori di rischio per malattie metaboliche come obesità e diabete. Inoltre, a livello epatico possono promuovere l'accumulo di trigliceridi determinando una condizione di fegato grasso, altro fattore di rischio per il diabete che a sua volta lo è per la steatosi epatica. Infine c'è l'azione sul pancreas, dove gli interferenti endocrini possono stimolare la produzione di insulina causando iperinsulinemia, e quindi una situazione di insulino-resistenza" 'anticamera' del diabete.