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Zelensky al Parlamento italiano: chi ha detto no tra assenti, critici e filo-russi

Alternativa e Italexit rivendicano la scelta, Lannutti anti-Usa e Dall'Osso (ora Fi) critica pure Fico

(Fotogramma/Ipa)
(Fotogramma/Ipa)
22 marzo 2022 | 21.32
LETTURA: 4 minuti

Parlamento gremito ma non 'tutto esaurito' oggi a Montecitorio per il collegamento video con Volodymyr Zelenksy. Tra critici, dissidenti, tiepidi e qualche filo Putin, diversi senatori e deputati si sono sfilati dal plauso pressoché corale nei confronti del presidente ucraino. La Lega rispetta sostanzialmente le indicazioni di Salvini, e fra i quaranta assenti sui circa duecento parlamentari, la metà può presentare la 'giustificazione' per missione, maternità o impedimento. Scelta collettiva e 'politica' è stata quella di Alternativa, componente del gruppo Misto della Camera, il cui capogruppo Andrea Colletti ha dato atto dell'equilibrio mostrato da Zelensky salvo puntare il mirino sul premier Mario Draghi, per un intervento definito "ipocrita". Ma a far spazientire Colletti sono i richiami alla coscienza, le condanne 'morali', espresse per la politica della 'sedia vuota' da diverse parti della maggioranza. "Un'idiozia", tuona, parlando con l'Adnkronos, da parte di coloro che hanno "già da tempo venduto la propria coscienza a qualche azienda di armi".

Per l'ex M5S Bianca Laura Granato, che per scelta era in treno anziché in aula, "Zelensky non è un messo di pace" e mentre Putin sta "agendo per arginare l'espansione della Nato ad est, Zelensky invece sta agendo per porre l'Ucraina sotto il protettorato anche militare occidentale, il che non implica che stia necessariamente facendo l'interesse del suo popolo". Un'altra ex M5S, ora in Fi, come Veronica Giannone, "convintamente assente" liquida così l'evento: "Ascolterò più tardi quanto detto da Zelensky anche se ormai l'abbiamo imparato più o meno a memoria". Altro fuoriuscito pentastellato approdato, da tempo, fra i banchi azzurri, Matteo Dall'Osso va giù netto: ''Non ero in Aula alla Camera perché non voglio essere loro complice... Questa è istigazione alla guerra...''. E se la prende anche con il presidente Roberto Fico che ha detto che il Parlamento è con Zelensky: "Non è così, perché io non ero lì alla Camera con loro''.

Non rinuncia a scrivere fuori dai denti, su Facebook, Elio Lannutti, 'premeditatamente' assente: "L'invio delle armi in violazione dell'art. 11 della Costituzione ha il significato di voler prolungare il massacro del popolo ucraino", "giustificare gli interessi dei guerrafondai Usa e del loro braccio armato Nato, famigerati esportatori di democrazia nel mondo con le bombe" che avrebbero scaricato "sull'Europa e soprattutto sui già vessati e saccheggiati cittadini italiani, i costi umani, economici e materiali del conflitto".

Italexit, poi, con Gianluigi Paragone, William De Vecchis, Mario Giarrusso e Carlo Martelli rivendica la mancata presenza con l'argomentazione che "il presidente ucraino non è un ambasciatore di pace" e "se gli diamo retta trasciniamo tutta l'Europa in un conflitto globale che avrebbe conseguenze catastrofiche per il Pianeta e per l'umanità". Chi fra i Cinquestelle è rimasto, non rinuncia ai distinguo, pur presenziando all'evento: "Io sono contro la guerra e per l'ascolto. Facciamo intervenire Zelensky e ascoltiamo cosa ci dice. L'ascolto è fondamentale", dice Nicola Grimaldi, che per primo aveva proposto la par condicio 'geo-politico parlamentare' in favore anche di Vladimir Putin: "Ma la mia voleva essere una provocazione fatta in un discorso in cui rimarcavo il mio fermo ripudio della guerra", rimarca all'Adnkronos.

Enrica Segneri si dice "estremamente felice che Zelensky non abbia citato la no fly zone" e che "soprattutto, abbia avuto un colloquio con il Papa prima di 'entrare'" perché "la strada per la pace è l'unica percorribile", e così pure il pentastellato Davide Serritella, superando le iniziali perplessità, perché "com'è ovvio che sia, tutto il Parlamento e popolo italiano è al fianco del popolo ucraino... Ora più che mai è importante raggiungere un accordo di pace il prima possibile". Capitolo a parte, i parlamentari leghisti. Matteo Salvini vede sostanzialmente rispettata la linea indicata nei giorni scorsi e se su circa duecento parlamentari una quarantina diserta l'aula, di sicuro la metà lo fa adducendo motivi logistici o missioni, congedi, maternità.

Scontata l'assenza del deputato Vito Comencini, che nei giorni scorsi è stato in Russia, portando la sua solidarietà ai profughi del Donbass. Simone Pillon bolla come "squallide polemiche italiote" le accuse degli avversari, sottolineando di trovarsi a Londra per il lancio di una fondazione 'pro-Life'. Non c'era, oggi, Matteo Micheli (tra i tre leghisti che avevano votato no all'invio di armi a Kiev) ma l'assenza è dovuta a un problema del suo treno: "Sono arrivato con 40 minuti di ritardo, poi tempo di prendere un taxi dalla stazione, sono giunto alla Camera alle 11.45". Troppo tardi per ascoltare Zelensky.

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