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Da Università di Bologna i Corridoi Ecologici per la Pace, contro i conflitti e per la sostenibilità

In un mondo sempre più segnato dagli impatti umani e dalle guerre, arriva una nuova strategia di conservazione che promuove la cooperazione tra paesi confinanti e la connettività degli ecosistemi e della fauna selvatica

Roberto Cazzolla Gatti
Roberto Cazzolla Gatti
16 gennaio 2025 | 19.16
LETTURA: 2 minuti

"La natura non conosce confini: ciò che gli esseri umani dividono, tutti gli altri esseri viventi uniscono". A parlare è Roberto Cazzolla Gatti, professore al Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali dell’Università di Bologna, che a partire da questa idea, semplice ma per niente banale, ha ideato i Corridoi Ecologici per la Pace: una nuova strategia di conservazione che potrebbe rivelarsi essenziale per preservare la biodiversità e promuovere la pace.

Presentati ufficialmente con un paper pubblicato sulla rivista Biological Conservation, i Corridoi Ecologici per la Pace offrono un’opportunità unica per affrontare sia la risoluzione dei conflitti che la tutela ambientale in varie zone di confine. Potrebbero essere realizzati ad esempio nelle aree tra Ucraina, Russia, Bielorussia e Polonia, tra Palestina e Israele, tra Cina, India e Pakistan, tra Stati Uniti e Messico, tra Ruanda, Tanzania, Uganda e Congo.

"In un mondo sempre più segnato dagli impatti umani e dalle guerre, c'è un urgente bisogno di aree protette e zone libere da conflitti: serve una rivalutazione delle strategie di conservazione e cooperazione", spiega Cazzolla Gatti. "Da qui nasce l'idea dei Corridoi Ecologici per la Pace: zone progettate lungo e attraverso i confini transnazionali per connettere aree protette oggi frammentate, integrando gli sforzi di conservazione con la promozione della pace e della cooperazione internazionale".

Pur non trattandosi di una rete di aree protette interconnesse dai Corridoi Ecologici per la Pace, un esempio, in parte involontario, è quello della DMZ, la zona demilitarizzata tra Corea del Nord e Corea del Sud, che oltre ad essere un'area cuscinetto tra le due nazioni, con il tempo è diventata anche un hotspot di biodiversità. C’è poi il caso del Parco transfrontaliero del Grande Limpopo, tra Mozambico, Sudafrica e Zimbabwe, che ha ottenuto importanti risultati per la cooperazione tra questi paesi africani e per la conservazione di elefanti, rinoceronti e grandi predatori. Un esempio in negativo, invece, è quello del muro di confine tra Stati Uniti e Messico, che ha ostacolato il movimento di specie come giaguari e ocelot, riducendo la diversità genetica e minacciando la vitalità di queste popolazioni animali.

"Questi corridoi si fondano sul legame imprescindibile tra ambiente, specie selvatiche e salute umana, dimostrando come la protezione della natura possa promuovere sia la biodiversità che la coesistenza pacifica tra popolazioni umane e tra queste e la vita selvatica", aggiunge Cazzolla Gatti. "Per questo, i Corridoi possono essere fondamentali nella costruzione della pace (peacebuilding) prima di un'escalation o negli sforzi di mantenimento della pace (peacekeeping) dopo la fine di un conflitto".

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