Oggi la consueta rubrica settimanale del quotidiano d’opinione La Ragione - leAli alla libertà a cura del Professor Luca Ricolfi e Fondazione Hume dedicata all’analisi quantitativa di tematiche di attualità parla di vittime civili nel conflitto russo-ucraino. Quando è iniziata questa guerra i più ottimisti speravano che, grazie alle nuove tecnologie belliche, si sarebbe assistito a un conflitto ‘moderno’ che avrebbe coinvolto principalmente i militari sul campo. Si sperava che i missili intelligenti (per quanto uno strumento di morte possa essere definito tale) avrebbero colpito solo gli obiettivi sensibili, lasciando relativamente illese le strutture civili. Tuttavia, dopo pochi giorni, è apparso chiaro a tutti che avremmo visto le stesse atrocità commesse in tutte le guerre, aggravate dal fatto di essere perpetrate nel XXI secolo.
Il massacro di Bucha ricorda le azioni dei nazisti quando, in ritirata e prossimi alla definitiva sconfitta, lasciarono alle loro spalle una lunga scia di sangue tra la Polonia e l’Austria. La Seconda guerra mondiale ha causato in assoluto il maggior numero di vittime (più di 70 milioni, secondo stime recenti), con una frequenza di circa 31mila decessi giornalieri (circa il triplo rispetto alla Prima guerra mondiale).
I due conflitti mondiali risultano, chiaramente, fuori scala per un paragone con la guerra in atto. Infatti, per cercare di fornire al lettore una dimensione dei livelli di violenza raggiunti in Ucraina, abbiamo scelto di confrontare la frequenza giornaliera dei caduti in questo conflitto con quella dei principali teatri di guerra degli ultimi trent’anni.
Come mostrato nel grafico di accompagnamento al testo, il numero totale delle vittime giornaliere in Ucraina (349 caduti al giorno) non ha precedenti tra le guerre prese in esame. Solo in occasione della Seconda guerra del Golfo e della Prima guerra cecena si è assistito a un accanimento così pronunciato sui civili. Si stima infatti che dal 25 febbraio a oggi siano stati uccisi circa 82 civili ogni giorno.
Tali dati, seppur provvisori e in attesa di verifica, sembrano avvalorare la tesi secondo la quale anche i civili sono divenuti dei bersagli agli occhi dei soldati russi. Rispetto agli altri conflitti analizzati, bisogna tuttavia considerare il fattore tempo: i circa 400mila caduti stimati per la guerra in Afghanistan sono stati distribuiti lungo ben 20 anni (7.627 giorni) durante i quali non sempre si è combattuto aspramente.
L’analisi completa di Luca Ricolfi e Fondazione Hume correlata dal commento a cura della redazione de La Ragione sono disponibili sul numero di oggi del quotidiano e per sempre gratuitamente sull’ app e sito web www.laragione.eu.