Dmytro Zaruba, primo vice capo dell'Agenzia statale ucraina dell'ecologia: "Dai contaminanti nelle falde acquifere alla biodiversità sotto attacco: la Russia dovrà pagare anche per questo". Il ripristino ambientale sarà complicato e serviranno aiuti internazionali.
Metalli pesanti, idrocarburi, amianto, uranio impoverito, mercurio e arsenico. Industrie bombardate con conseguente perdita di contaminanti. In Ucraina, a causa della guerra, “possiamo già parlare di catastrofe ecologica”. Non ha dubbi Dmytro Zaruba, primo vice capo dell'Agenzia statale ucraina dell'ecologia, intervistato dall’Adnkronos.
“Non dimentichiamo che già prima del 24 febbraio venivano condotte azioni belliche nel Donbass – continua Zaruba - nelle Repubbliche fantocce di Lugansk e Doneck una vasta quantità di miniere sono state allagate, acqua che poi si è riversata nelle falde acquifere contaminandole e che può arrivare a contaminare anche il Mar Nero, il Mar d’Azov e, ovviamente, anche il Mediterraneo. Un problema, questo della contaminazione delle acque imputabile alle miniere allagate, che non solo è rimasto ma si è ulteriormente aggravato”. Poi, attacchi missilistici su tutto il resto del territorio dell’Ucraina "e vengono colpiti infrastrutture critiche, sistemi idrici, raffinerie, depositi di idrocarburi, discariche, siti di stoccaggio di sostanze chimiche. Contaminanti si sversano in mare, a terra, nei fiumi, nelle falde acquifere. E vengono colpite o danneggiate discariche e siti di stoccaggio di sostanze chimiche. Tutto questo va a contaminare le falde".
Ad essere sotto attacco è anche la biodiversità ucraina: “distrutte le riserve di flora e fauna delle aree naturali, e non so immaginare come potremo ripristinare tutto questo”. Insomma, “lo spettro delle criticità è davvero ampio”.
"La Russia pagherà anche per ciò che ha fatto all'ambiente". L'Ucraina raccoglie le prove
“Insieme con i colleghi del ministero dell’Ambiente e del ministero della Difesa cerchiamo di raccogliere in tutti i modi possibili i dati sull’impatto della guerra sull’ambiente in modo da poter registrare tutto e inviare, in seguito, queste informazioni al Tribunale internazionale. La Russia dovrà pagare anche per l’impatto ambientale. A questo scopo – spiega Zaruba - stiamo studiando anche l’esperienza internazionale, non ce n’è molta da cui trarre spunto ma ci sono Paesi come la Costa Rica, l’Iraq e il Kuwait a cui guardare. Questi Paesi non hanno ottenuto un risarcimento tale da poter ripristinare del tutto l’ambiente, ma li prendiamo come modello per poter raccogliere, elaborare e inviare tutti i dati necessari, in conformità con le regole dei tribunali internazionali, per ottenere le riparazioni per i danni arrecati all’ambiente dalla Federazione Russa”.
A questo scopo, “già dal primo giorno dell’invasione su vasta scala, abbiamo istituito un quartiere operativo di esperti ucraini e internazionali e dei diversi organi del governo ucraino per raccogliere tutti i dati sui danni arrecati all’ambiente e poterci poi rivolgere in maniera corretta ai tribunali internazionali”.
Le aree industriali una bomba (ambientale) a orologeria
Nell’ampio spettro delle criticità ambientali causate in Ucraina della guerra, “a preoccupare di più è l’est e il sud del Paese, dove sono concentrati i più grandi stabilimenti industriali ucraini e le industrie più impattanti. Si tratta delle regioni di Donetsk, Luhansk, Kherson. Quando vengono colpiti e danneggiati stabilimenti industriali, cokerie, acciaierie, miniere (e in Ucraina ce ne sono diversi, la maggior parte nel sud e nell’est del Paese) il rischio è che le sostanze contenute si sversino causando una vera catastrofe ecologica”.
Per quanto riguarda Azovstal "non abbiamo tutte le informazioni che ci servirebbero per monitorare la situazione attuale, in quanto l’impianto è occupato. Prima del 24 febbraio, l’area dello stabilimento era sicura, progettata per evitare qualsiasi tipo di contaminazione e di sversamenti in mare. Possiamo fare delle supposizioni, visto il livello di danneggiamento dello stabilimento che riusciamo a vedere attraverso i video che circolano in rete, ma speriamo che la struttura tenga e che non ci sia sversamento di acidi in mare". Ottimista? “No, ma tutti i processi tecnologici dello stabilimento e la sua progettazione proteggono da qualsiasi sversamento di acidi nelle falde acquifere. E’ stato progettato anche per resistere a un eventuale attacco con armi nucleari”, spiega.
Il ripristino ambientale sarà complicato, servirà aiuto internazionale
A guerra finita, in Ucraina bisognerà ricostruire, anche l’ambiente. Bonificare, ripulire, decontaminare. Per farlo “chiederemo aiuto non solo finanziario, perché l’Ucraina dopo la guerra si troverà in una situazione molto complicata e ripristinare un territorio così vasto sarà difficile, ma anche degli esperti internazionali per poter risolvere questo problema in maniera veloce ed efficace. Da questo non dipende solo la questione ambientale ucraina ma di tutta l’Europa e di conseguenza del mondo”, spiega il vice capo dell'Agenzia statale ucraina dell'ecologia.
“Se l’Europa e il mondo hanno deciso di andare verso un pianeta più pulito, quello che sta succedendo in Ucraina pone un grande punto interrogativo – continua - Basta pensare ai gas serra e agli inquinanti rilasciati in atmosfera con l’uso delle armi. Questo ha un impatto molto forte non solo in Ucraina ma anche in altri Paesi”. Una mappatura vera e propria dei pericoli ambientali causati dalla guerra non è ancora stata fatta, la situazione è molto complicata e, purtroppo, in divenire, “ma il ministero dell’Ambiente ha lanciato un’applicazione che ci fornisce i dati sulla qualità dell’aria, dai siti in cui i sistemi di monitoraggio sono rimasti integri, sui livelli di radiazione e sulle diverse situazioni di pericolo. Ci stiamo migliorando in questo e continueremo a farlo ma ovviamente abbiamo bisogno anche dell’aiuto degli esperti internazionali per poter fare questo lavoro in maniera anche più qualificata”, aggiunge il primo vice capo dell'Agenzia statale ucraina dell'ecologia.
“Spero che la guerra finisca presto e che riusciremo a ripristinare l’ambiente, che potremo tornare a respirare acqua pulita e a bere acqua non contaminata. E di poter mostrare a tutti anche la bellezza della natura del nostro Paese”, conclude Zaruba.
di Stefania Marignetti