La missione di Draghi, Macron e Scholz in Ucraina "non che sia tardiva, ma in parte Medvedev ha ragione: sarebbe dovuta avvenire prima"
Ciò che Draghi, Macron e Scholz portano nel loro viaggio in Ucraina è “un messaggio di unità dell’Unione Europea nel sostegno economico e militare all’Ucraina”. Lo dice all’Adnkronos il senior advisor dell’Istituto per gli Studi di politica internazionale (Ispi) Stefano Stefanini, commentando la missione congiunta a Kiev del premier italiano, del presidente francese e del cancelliere tedesco. “Ma il nodo – sottolinea - è se cercheranno di persuadere Kiev a sedersi al tavolo delle trattative con Putin. Non credo possano farlo, perché l’Ucraina sta combattendo e soffrendo, e dalla guerra di aggressione della Russia ha avuto conseguenze disastrose. Quindi, così come non possiamo chiedere all’Ucraina di combattere per noi, non essendo questa una guerra per procura ma un conflitto in cui l’Ucraina difende la propria libertà e indipendenza, allo stesso modo non possiamo chiedere quando, se e a che condizioni fermarsi. E’ chiaro che i tre leader vorranno sentire da Zelensky quali prospettive veda, e non solo di cosa ha bisogno e di come pensa di utilizzare le risorse che gli sono messe a disposizione per difendersi, oltre che quelle economiche per il rilancio economico. Non possono promettere l’ingresso nella Ue fra due o tre anni, ma probabilmente una corsia preferenziale e un aggancio politico sì, nella forma già proposta da Macron e di cui aveva parlato anche Enrico Letta”.
“Il messaggio – prosegue Stefanini - include la componente del sostegno economico, politico e militare, di un’apertura sulle prospettive di integrazione nel tessuto della Ue e della discussione con Zelensky, che giustamente rimarrà privata, sulla condotta di questa guerra. Ovviamente, parleranno anche delle misure urgenti per cercare di esportare il grano ucraino, inizialmente via terra e successivamente attraverso corridoi via mare in partenza dal porto di Odessa. Da questi corridoi, a parte il sostegno economico che l’Ucraina ne riceverebbe, deriverebbe anche la possibilità di svuotare i silos, che ora sono pieni, riempiendoli con il nuovo raccolto. Allo stesso tempo, si eviterebbe la crisi alimentare in Nord Africa e i suoi effetti devastanti. Ci sono poi altre forme di aiuto di cui parlare, come lo sminamento, che aiuterebbe anche l’agricoltura, dato che le mine sono anche nei campi agricoli, e in questo l’Italia avrebbe molto dare.
Parlando di Medvedev e del suo commento alla visita a Kiev dei tre leader europei – che in ogni caso “non avvicinerà l'Ucraina alla pace, mentre il tempo stringe" - Stefanini definisce l’ex presidente russo "una figura camaleontica, che cerca di crearsi uno spazio rincarando la dose, cercando di posizionarsi come uno dei fedelissimi e autentici interpreti della linea di Putin nella élite russa. Da presidente, aveva fatto delle aperture all’Occidente. Mentre ora è più realista del re. Solo in una cosa Medvedev ha ragione e cioè che sarebbe stato meglio che questa visita fosse avvenuta almeno un mese fa – non che ora sia troppo tardi - perché Italia, Francia e Germania sono i tre Paesi che essenzialmente dettano la politica estera dell’Unione Europea, anche se poi la Ue ragiona a 27. Ma sono i Paesi che hanno più peso e che sono determinanti nel sostegno all’Ucraina. Se i messaggi che portano e il valore della loro presenza fossero arrivati prima, probabilmente sarebbe stato meglio”.
(di Cristiano Camera)