Cassazione: reati militari hanno ambito diverso da quelli ordinari
I reati militari contestati a Biot non hanno identico ambito di applicazione rispetto a quelli ordinari anche oggetto di contestazione. E’ quanto scrivono i giudici della prima sezione penale della Corte di Cassazione nelle motivazioni della sentenza con cui il 9 settembre scorso hanno rigettato il ricorso presentato dalla difesa di Walter Biot, il capitano di fregata arrestato dai carabinieri del Ros un anno fa con l'accusa di spionaggio per aver passato documenti segreti a un funzionario russo in cambio di cinquemila euro, contro l’ordinanza del tribunale del riesame di Roma di conferma dell’ordinanza applicativa della misura della custodia cautelare in carcere.
Nei confronti del capitano di fregata procedono sia la procura di Roma che, nell'inchiesta della pm Gianfederica Dito coordinata dal procuratore aggiunto Michele Prestipino, contesta le accuse di spionaggio, rivelazione di segreto di Stato e corruzione, sia la procura militare, guidata da Antonio Sabino, che a Biot muove le accuse di rivelazione di segreti militari a scopo di spionaggio, procacciamento di notizie segrete a scopo di spionaggio, esecuzione di fotografie a scopo di spionaggio, procacciamento e rivelazione di notizie di carattere riservato e comunicazioni all'estero di notizie non segrete ne' riservate.
Nel motivare la decisione i supremi giudici confermano “la diversità delle due incriminazioni l’una attuata con finalità politica e l’altra militare, con possibile autonoma rilevanza giuridica dello spionaggio o della semplice consegna di atti o documenti riservati attuati con fini diversi. Le finalità finiscono per connotare la condotta e non per caratterizzare il movente dell’agire individuale”.
“L’articolo 257 del codice penale rubricato come spionaggio politico o militare incrimina la condotta di chi a scopo di spionaggio politico militare si procura notizie che, nell’interesse della sicurezza dello Stato comunque nell’interesse politico, interno o internazionale, devono rimanere segrete. L’articolo 88 del codice penale militare di pace sanziona la condotta del militare che allo scopo di darne comunicazione ad uno Stato estero si procura notizie concernenti la forza, la preparazione o la difesa militare dello Stato che devono rimanere segrete. La lettura delle disposizioni lascia emergere - scrivono i supremi giudici - un quadro precettivo non perfettamente sovrapponibile”.
“La norma del codice penale ordinario prevede un perimetro di maggiore ampiezza rispetto a quello contemplato dalla norma militare”, si sottolinea nella sentenza, “discorso non dissimile vale per la rivelazione di segreti di Stato”. Si comprende, scrivono i supremi giudici “dunque come l’elemento di discrimine tra le due condotte si incentra sulle finalità, anche politica del procacciamento delle notizie riservate, che vengono appunto rivelate cedute dal singolo agente e come il paradigma legale descritto da ciascuna di esse abbia ambito operativo diverso”.
“Non si tratta, dunque, di condotta posta in essere al solo fine di spionaggio militare, ma di un’azione poste in essere anche per finalità politiche con conseguente esclusione della definizione dei rapporti tra norme della possibilità di collegarli alla categoria della lex specialis che prevarrebbe su quella generale fissata dal codice penale ordinario”, scrivono i giudici della Cassazione.