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'Songs Of A Lost World' è un ode al mondo perduto dei Cure

Il primo novembre esce il nuovo album della band britannica tra intro lunghissime, sonorità inquiete e malinconia

La copertina di 'Songs Of A Lost World' dei Cure
La copertina di 'Songs Of A Lost World' dei Cure
11 ottobre 2024 | 00.01
LETTURA: 5 minuti

"To wish impossibile things" cantavano i The Cure qualche anno fa. Desiderare cose impossibili oggi è ascoltare 'Songs Of A Lost World', il nuovo disco della band di Robert Smith, in uscita il primo novembre prossimo, che arriva a ben 16 anni dall’ultimo lavoro in studio. La domanda non è se il gruppo britannico sia ancora rilevante. Rilevante lo è di certo. Lo confermano 46 anni di successi, oltre 30 milioni di dischi venduti e l’influenza che hanno avuto, non solo musicalmente ma anche sul costume di generazioni di fan. La domanda è se abbiano ancora qualcosa da dire. Di sicuro 'Songs of a Lost World' non è un lavoro pigro o di maniera ma l’album, registrato ai Rockfield Studios in Galles, arriva in un momento particolare per il frontman, che ha da poco perso entrambi i genitori e il fratello e i brani sono, inevitabilmente, influenzati dai lutti che ha affrontato negli ultimi anni.

'Songs Of A Lost World' non è un'appendice del precedente lavoro '4:13 Dream'. Qui i Cure tornano alle tipiche sonorità caratterizzate da inquietudine e malinconia, riproposte in forma più adulta. E' un album che suona in modo sofferto e nostalgico, non certo una novità per l'universo sonoro dipinto dai Cure durante la loro carriera, ma che si colora di sfumature cupe e più austere, con chitarre, batteria e tastiere sempre in evidenza. Del resto, di strada ne ha fatta la band guidata dalla carismatica anti rockstar Smith, dagli albori post punk fino al suono dark wave che ancora oggi li rende inconfondibili. Le intro lunghissime caratterizzano quasi tutti gli 8 brani dell’album (‘Alone’, ‘And Nothing Is Forever’, 'A Fragile Thing’, ‘Warsong’, ‘Drone:Nodrone’, ‘I Can Never Say Goodbye’, ‘All I Ever Am’ ed ‘Endsong’), e ci vuole un po’ di tempo prima che la voce di Smith arrivi a sovrastare la montagna di basso, batteria e synth, come l'atmosferica ouverture di 'Alone', la traccia che apre l’album o quella che lo chiude, 'Endsong', connesse sia nei testi sia nelle atmosfere.

Le canzoni si allungano, toccando anche picchi tra i 7 e i 10 minuti di durata, contro ogni logica delle moderne piattaforme streaming o di TikTok. Alcuni dei brani della tracklist non sono una novità per i fan. La band li ha in scaletta dal vivo già da due anni nel loro tour 'Shows of a Lost World', che ha totalizzato oltre 1 milione e 300mila spettatori. Ma di certo la ballata che apre il disco, per i fan della band britannica è una coperta calda con le sue sonorità che si snodano su basso distorto, giochi di chitarra e synth. Se cercate paragoni con il passato, non c’è dubbio che la struttura di ‘Alone’, con i suoi 7 minuti di lunghezza e l’intro strumentale, faccia venire in mente ‘Plainsong’, l’opener dell’album capolavoro dei Cure, ‘Disintegration’ del 1989. Ma nel disco si sente anche l’eco funereo e intimista di ‘Faith’, che risentiva della malattia della madre dell’ex batterista Lol Tohlrust.

In ‘Alone’, quando la voce di Smith appare, dopo oltre 3 minuti dall’inizio del brano, riecheggiano le parole di Ernest Dowson, poeta inglese dell’800 e della sua 'Dregs', che esplora i temi della perdita e del passare del tempo. “This is the end of every song that we sing” (Questa è la fine di ogni canzone che cantiamo) dice Robert Smith nella prima strofa. A 65 anni, il cantante si interroga su “tutto l’amore che sta scomparendo dalle nostre vite”, evocando “uccelli che cadono dal cielo”, e l’idea che tutto, prima o poi, possa finire. Un’immagine molto diversa da quella che apriva ‘Pornography’ nel 1982: ‘Non importa se moriamo tutti’. Il tempo per i Cure è passato e ha lasciato il segno. ‘Alone’ è probabilmente la canzone che racchiude l’essenza dell’album. Ed è facile capirne il perché. Ma anche ‘And Nothing Is Forever’ non è da meno. Aperta dalle note di tastiera è una canzone struggente nella quale Smith ci ricorda quanto, universalmente, tutti dobbiamo fare i conti con il tempo che cambia noi e il mondo.

In tutto il disco i tappeti sonori e gli arpeggi classici di chitarra, la firma dei Cure, sono accompagnati da testi introspettivi con qualche accenno più ritmato e rockeggiante come l’assolo di chitarra in ‘A Fragile Thing’. Non si trova allegria o gioia in questi pezzi ma riflessioni sulla morte, sul passare del tempo, sulla perdita delle persone amate. Come ‘And Nothing Is Forever’ o la sfuriata autenticamente rock di ‘Drone:Nodrone’, che il cantante ha scritto quando, mentre passeggiava nel retro di casa sua, è stato infastidito da un drone con la telecamera che gli ha ricordato della natura intrusiva e sorvegliata del mondo moderno. La granitica ‘Warsong’, invece, nella versione originale parlava di una persona con la quale Smith ha litigato e fatto pace più volte nel corso degli anni e racchiude una riflessione su quello che avviene su scala più grande con le guerre. I Cure sono profeti nel descrivere il dolore universale, l’angoscia e il tempo che scorre inesorabile modellando le nostre vite.

Anche in ‘All I Ever Am’ il tempo passa ma in maniera molto più astratta. Qui Smith parla di quanto sia difficile per lui essere presente nel momento, dell’io che resta sempre sé stesso nel tempo, il ragazzino che era 40 anni fa e l’uomo che è oggi, racchiusi nella stessa persona. La grandezza dei Cure è custodita in brani in cui la band tocca corde molto profonde, come ‘Endsong’, la ballata alla quale è affidata la chiusura del disco e che racchiude lo stesso senso di solitudine e disperazione cantati in proprio in ‘Alone’. Sicuramente ‘Songs Of A Lost World’ tiene insieme in modo lineare otto canzoni dalla lunghezza insolita e ritmi cantilenanti. E’ un disco equilibrato, con brani che non sfigurano se rapportati ai grandi successi del passato. Senza scivolare nella disperazione più totale permette di guardare da vicino, e forse a comprendere a fondo, la maturità raggiunta oggi da Smith e compagni. (di Federica Mochi)

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