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Robert Smith racconta il nuovo album dei Cure: "Volevo avesse un'atmosfera"

Il frontman della band britannica parla di 'Songs Of A Lost World', in uscita il primo novembre prossimo, dal tema della mortalità allo scorrere del tempo, e torna sulla battaglia contro alcune dinamiche del ticketing

Il leader dei Cure, Robert Smith (Foto Sam Rockman)
Il leader dei Cure, Robert Smith (Foto Sam Rockman)
13 ottobre 2024 | 15.15
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“Volevo che questo album avesse un’atmosfera. Alcuni dischi dei Cure sono tematici. ‘Disintegration’, ‘Pornography’ o ‘Bloodflowers’ hanno un'atmosfera, un nucleo emotivo, credo. Ecco, mentre scrivevo la musica dell'album, c’era coesione”. Così il leader dei Cure, Robert Smith, racconta ‘Songs Of A Lost World’, il 14esimo lavoro in studio della band britannica, e il primo da 16 anni a questa parte, che arriverà nelle mani dei fan il primo novembre prossimo. “Non credo che ci sia stato un inizio ufficiale per questo album - spiega raccontandone la genesi - perché è stato un po' alla deriva dentro e fuori dalla mia vita per un tempo lunghissimo. Se ho un rimpianto è quello di averne parlato nel 2019, perché non avrei dovuto farlo, visto che avevamo appena iniziato a crearlo. Ci sono stati momenti in cui ho pensato ‘faremo un nuovo album’. E poi l'idea, per varie ragioni, è stata rimandata". Già nel 2016/2017 "mi stavo preparando per il 40esimo anniversario della band e pensavo che un nuovo album sarebbe stato il modo per” celebrarlo “ma la vita mi è di nuovo piombata addosso e non l'ho fatto. E per come sono andate le cose, probabilmente è stato un bene”.

Canzoni come ‘Alone’, ‘And Nothing Is Forever’, 'A Fragile Thing', ‘I Can Never Say Goodbye’ ed ‘Endsong’ sono già state suonate dal vivo durante il tour ‘Shows Of A Lost World'. “Ho potuto cantarle sera dopo sera - osserva Smith -. E, cosa più importante, valutare la reazione del pubblico, vedere fino a che punto potevo spingermi, emotivamente e vocalmente e anche la band è cresciuta nei brani. Li suonavamo molto meglio di quando li avevamo registrati”. La stessa tracklist è stata rivista dalla band. Alcune persone vicine a Smith avevano ascoltato l’album ritenendolo bello ma troppo carico di tristezza. “Quindi un paio di canzoni, che amo davvero, sono state eliminate e ne sono state inserite altre che non pensavo avrebbero funzionato - confessa Smith -. E poi ho snellito il tutto". In origine erano 13 canzoni, ora sono 8 "ed è un disco migliore - garantisce - perché ha un po' di luce e un po’ di tenebra. Ed è anche un album che la maggior parte delle persone che lo hanno ascoltato vogliono riascoltare. È la prima volta da molto tempo che qualcuno dice questo di un disco dei Cure”.

‘Songs Of A Lost World’ affronta alcuni temi oscuri e lo stesso Smith ha parlato della perdita dei genitori e del fratello maggiore avvenuta durante la creazione dell’album. “Le canzoni hanno sempre avuto questo elemento, la paura della mortalità. È sempre stato così, fin da quando ero giovane. Ma quando si invecchia, diventa più reale. Stiamo tutti invecchiando alla stessa velocità? Più o meno. Ho cercato di trovare il giusto tono, come nel caso di ‘I Can Never Say Goodbye’ che parla della morte di mio fratello. Ero così sconvolto che ho pensato che alcune delle versioni che avevo fatto fossero fantastiche. Poi le ho fatte ascoltare a qualcuno e mi ha detto: “Non puoi, è troppo. Eseguirla sul palco mi ha aiutato ad affrontare il lutto. Mi manca”.

Il trascorrere inesorabile del tempo è un altro tema che ricorre spesso nell'album. "Io non sento affatto la mia età ma sono consapevole di aver compiuto 65 anni quest'anno - sottolinea Smith . Le cose che mi interessano ora non sono quelle che mi interessavano 20 anni fa. Ci sono stati grandi periodi della storia dei Cure in cui alcune canzoni erano importanti e altre no. In questo album sono tutte importanti. Voglio che le canzoni significhino qualcosa”. Di ‘Alone’, la traccia che apre l’album, Smith racconta di come trascorre molto tempo a vagare all'aperto di notte, "guardando il cielo, di solito con un fuoco che arde da qualche parte nelle vicinanze... quando le fiamme si spengono e inizia a sorgere l'alba, c'è sempre un momento in cui non posso fare a meno di provare un senso opprimente di essere molto perso, molto solo, vicino alla fine". Questa sensazione è la stessa che cerca di catturare in 'Alone'. "Una volta scritta sapevo che l'album ‘Songs Of A Lost World’ sarebbe stato realizzato”.

Quanto a Endsong, che chiude l'album “i temi sono molto simili ad ‘Alone’, sono intrecciati, le canzoni quasi si fanno eco l'una con l'altra - evidenzia il cantante -. Mi sento più o meno allo stesso modo di quando avevo dieci anni, quando ho assistito allo sbarco dell’uomo sulla Luna ma so che il mondo sotto i miei piedi non è più lo stesso di prima, e so che non lo sono nemmeno io. Sono cresciuto nei gloriosi 30 anni dalla fine della Seconda Guerra mondiale. Il mondo in cui sono nato stava migliorando progressivamente ogni anno. Sembrava che fosse su una traiettoria ascendente e lo sbarco sulla Luna ne faceva parte. Quando ho compiuto 16 anni sembrava che il mondo si fosse come bloccato. E da allora ha continuato ad andare verso il basso. Questo è il cuore pulsante dell'album, ‘Songs Of A Lost World’, tutto ciò che è il mondo perduto”.

Per Robert Smith e compagni, dovrebbe arrivare a breve anche il documentario di Tim Pope, annunciato qualche anno fa. “Si farà sicuramente - assicura Smith - è una cosa in corso”. All’orizzonte, dopo quella con Gorillaz, Deftones e Noel Gallagher, ci sarebbe anche un’altra collaborazione al momento top secret. “Ne sta per arrivare una ma non dirò altro, vogliono che sia una sorpresa”. Quanto a un possibile tour per promuovere il nuovo album, Smith spiega: “Credo che lo faremo. Avevamo intenzione di suonare ai festival ma un paio di settimane fa ho deciso che non lo avremmo fatto. Suoneremo regolarmente fino al prossimo anniversario, i 50 anni della band. Vorrei che i concerti facessero parte del piano generale di ciò che faremo, perché gli ultimi dieci anni di live sono stati i migliori dieci anni della band”.

Smith torna poi sulla polemica legata ai prezzi dei biglietti per gli show dal vivo. Una battaglia che il leader dei Cure porta avanti da anni contro alcune dinamiche tipiche del mondo del ticketing, come il dynamic pricing o il secondary ticketing per gonfiare i prezzi dei biglietti. “Mantenere il controllo sui prezzi è sempre stato un aspetto importante -ricorda il cantante -. Sono rimasto scioccato da quanto profitto viene fatto su tutto. È sorprendente. Non c'è bisogno di fare tutti questi soldi. Vuoi che le persone tornino ai tuoi concerti, non vuoi far pagare dieci volte di più rispetto alla volta precedente. È una battaglia”.

L’anno scorso, dopo la richiesta di spiegazioni del frontman dei Cure sulle commissioni aggiuntive "indebitamente alte" applicate, Ticketmaster, aveva restituito 5 o 10 dollari agli utenti verificati che avevano acquistato il biglietto del tour statunitense. “Quello che mi ha fatto incazzare di più è stato questo - spiega -. Ho speso un sacco di tempo per assicurarmi che vendessimo biglietti da 25 dollari, perché voglio che i giovani possano permettersi di vederci. Voglio che il biglietto costi 25 dollari. Perché quando finalizzi l'acquisto diventano 57? Dove vanno a finire queste commissioni, perché non dire semplicemente alla gente a cosa servono le tariffe? Alla fine, sono riuscito a logorarli”.

(di Federica Mochi)

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